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giovedì 30 agosto 2012

VITA

VITA (1° domenica di febbraio)

La prima domenica di febbraio si celebra la giornata per la vita. Questa è, per un cristiano, “dono di Dio” che nessuno può togliere o negare (neanche noi stessi con il suicidio, neanche lo Stato legittimando l’aborto o l’eutanasia o la pena di morte). La vita va' dunque difesa, ma soprattutto vissuta in pienezza a partire dal concepimento fino alla sua fine naturale. E’ un dono da condividere, come ribadisce don Tonino Bello: “Se la vostra vita la spenderete per gli altri, voi non la perderete; perderete il sonno, ma non la vita, la vita è diversa dal sonno; perderete il denaro, ma non la vita, la vita è diversa dal denaro; perderete la quiete, ma non la vita, la vita travalica la quiete…”.
La beata Madre Teresa di Calcutta in una celebre preghiera ci ricorda che:
La vita è un'opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, godine.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un'avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
La vita è la vita, difendila."

Libri sull'Accoglienza


IL LIBRO

Chi non è ospitale non è degno di vivere.
Suggestioni per una spiritualità dell’accoglienza

Di Alfio Mariano Pappalardo, EDB 2011,  p.254, 19.50 euro

Descrizione dell'opera

Quando si parla di ospitalità necessariamente viene chiamata in causa la propria visione di Dio, il modo di rapportarsi con lui, con se stessi e con gli altri.

«Non è spirituale solo il credente che sa ospitare Dio, lo è anche chi sa ospitare l'uomo. Anzi proprio partendo dalla capacità di ospitare quest'ultimo si ha la certezza di ospitare Dio (Mt 25,40). Per queste ragioni è bene riflettere sul tema dell'ospitalità, cercando di coglierne le dinamiche e le caratteristiche nella convinzione che la spiritualità cristiana si radica sull'ospitalità» (dall'Introduzione).

L'autore disegna la mappa di una spiritualità dell'accoglienza, ricavando dai testi biblici suggestioni ed evocazioni che aiutano a delineare il volto di un'autentica disposizione all'ospitalità.

In un tempo in cui spesso gli atteggiamenti di xenofobia tradiscono la paura del diverso, ripercorrere il vangelo dell'accoglienza significa dire una parola di umanità e di fede al cuore e alla mente dei cristiani.

Sommario

Introduzione. Testi e contesti di ospitalità: un pretesto per ripensare una spiritualità a partire dall'accoglienza. I. Ospitalità e ostilità: una scelta tra vita e morte. II. La relazione col simile e col diverso: una tensione sempre presente nell'Antico Testamento. III. Quando l'accoglienza inaugura una storia di salvezza. IV. Gesù straniero. V. Gesù e i diversi. VI. Betania: la casa dell'ospitalità. VII. Quando l'ospitalità sconvolge la vita. VIII. Il faticoso cammino della Chiesa nell'accogliere il diverso. IX. Le antiche querce di Mamre: testimoni di un'ospitalità che genera vita. X. Essere ospitali a rischio della vita: la vedova di Sarepta. XI. Maria icona dell'accoglienza. XII. L'accoglienza nella tradizione benedettina. XIII. Beati gli invitati alla mensa del Signore. Conclusione. Bibliografia.

Note sull'autore

ALFIO MARIANO PAPPALARDO (1958), entrato nel monastero benedettino di Pontida, compie gli studi filosofici e teologici presso il Pontificio Ateneo Sant'Anselmo a Roma (specializzazione in dogmatica-sacramentaria). Dopo lunga attività in parrocchia, nel 1997 inizia un'esperienza eremitica presso il tempio votivo San Francesco al Terminillo (RI); nel 2000 vi fonda la Fraternità monastica della Trasfigurazione, nella Regola di S. Benedetto e nella spiritualità del monte Tabor. Insegna teologia dogmatica per la Scuola di formazione teologica della diocesi di Rieti ed è parroco al Terminillo. Presso le EDB ha pubblicato Con olio di letizia. Itinerario catechistico per la preparazione alla cresima dei pre-adolescenti (122010) eL'eucaristia sorgente della Chiesa? Scrittura, liturgia, teologia: consenso e congedo (2009).

 

Accoglienza (degli stranieri)

ACCOGLIENZA degli STRANIERI (2° domenica del T.O.: giornata dei migranti)

La seconda domenica del tempo ordinario è dedicata ai migranti e ci invita a riflettere sul delicato tema dell’accoglienza degli stranieri. Ne ha parlato, fra gli altri, Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e attuale ministro della cooperazione internazionale, in un bell’articolo dal titolo “Stranieri. Come andare d’accordo” (Avvenire 10.4.11). Ricorda il nostro passato di popolo emigrante, per secoli “bianco ed omogeneo” a differenza di quanto avveniva in Francia e in Gran Bretagna “cuore di imperi coloniali con una cultura coloniale che guardava a genti diverse. (…) l’Italia era fino al secondo dopoguerra un Paese di emigrati, che conosciuto il dolore dell’abbandono e la fatica dell’integrazione. Gian Antonio Stella, nel libro L’orda, quando gli albanesi eravamo noi, ce lo mostra in modo efficace. È un libro che aiuta ad essere meno smemorati. Siamo figli e nipoti di emigrati. Del resto, per ex emigrati è difficile accettare nuovi emigrati. Spesso si dà luogo alle guerre tra i poveri. (…)
Oggi l’Italia ha 60.387.000 cittadini e 4.500.000 (Istat nel 2008) emigrati, con uno dei più bassi tassi di natalità al mondo e con speranza di vita di 78,8 per gli uomini e di 84,1 per le donne. (…) Oggi il futuro sembra invaderci senza che possiamo guidarlo. Assume l’aspetto degli stranieri che sbarcano sulle nostre coste o in aree delle nostre città. Talvolta – ed è paradossale – assume il volto dei rom. Davvero paradossale, perché questi sono solo 180.000, di cui la metà italiani e, per metà, bambini. Eppure diventano un catalizzatore di insicurezza”. 

FILM sulla Shoah


Il bambino con il pigiama a righe di Mark Herman (2008) Gran Bretagna
Tratto dal romanzo omonimo di John Boyne (ed. BUR, 2008)

Germania, anni '40. Bruno è un tranquillo bambino di otto anni che vive con la sua famiglia a Berlino. Quando suo padre, un ufficiale nazista molto apprezzato dai superiori, viene promosso con un nuovo incarico, Bruno, con suo grande disappunto, è costretto a trasferirsi con la famiglia in una desolata zona di campagna. Giunto nella nuova casa, il cambiamento per Bruno si rivela ancor più difficile del previsto. Solo e senza amici, ignorato anche dalla sorella Gretel, più interessata alla compagnia del giovane tenente Kotler, Bruno è sempre più triste e annoiato. Un giorno, spinto dalla curiosità e ignorando le indicazioni della madre che gli proibisce di esplorare il giardino dietro casa, Bruno si avvicina al recinto di filo spinato che divide la sua abitazione da una strana fattoria i cui residenti indossano un pigiama a righe.  

INOLTRE: 

· Il diario di Anna Frank
di George Stevens[1959] - 180 minuti, Usa

Film pluripremiato ( tre Oscar e premio Pulitzer al soggetto) ripercorre, adattandola al grande schermo, la vera storia di Anna Frank - morta nel campo di concentramento di Bergen Belsen - nell'Olanda occupata dalle forze naziste. 

· Schindler's list
di Steven Spielberg [1993] - 195 minuti, Usa

La più nota e la più intensa opera cinematografica dedicata alla Shoah. È l'incredibile storia di Oskar Schindler, avido industriale tedesco che, nel pieno dell'orrore nazista, salvò dallo sterminio oltre mille ebrei. 

· Il pianista
di Roman Polanski [2002] - 148 minuti, Polonia

Palma d'oro a Cannes tratto dall'opera autobiografica di Szpilman (1911-2000), il regista polacco affronta il lutto inevitabile per ogni ebreo polacco, l'olocausto nella Varsavia bellica. E' la risposta di come sia possibile ancora l'arte dopo l'orrore dimostrando la possibilità di raccontare la tragedia personale del più grande pianista polacco dell'epoca che si salva grazie alla musica di Chopin.  

· La vita è bella
di Roberto Benigni [1997] - 120 minuti, Italia

Premiato con l'Oscar come miglior straniero è una delle poche opere che volge alla commedia per trattare il tema dell'odio razziale e della Shoah. È la storia di Guido (ebreo), Dora e Giosuè, il figlio nato dall'allegro amore dei due. Deportati dall'Italia fascista in un campo di concentramento del Terzo Reich, la cupa quotidianità del campo agli occhi del piccolo Giosuè è filtrata dal padre.  

· Train de vie (Un treno per vivere)
di Radu Mihaileanu [1998] - 103 minuti, Francia

Altro film in grado di affrontare il male assoluto cercando di alleggerirlo ed esorcizzarlo senza banalizzarlo. E' la storia degli abitanti di un piccolo villaggio francese, Schlomo, che cerca la fuga dai rastrellamenti nazisti mettendo in scena un viaggio della salvezza con tanto di finti deportati e nazisti.  

· Arrivederci ragazzi ( Au revoir les enfants)
di Louis Malle [1987] -104 minuti, Francia / Germania Ovest

Premiato con il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia, è ambientato nel Collegio del Bambin Gesù di un piccolo villaggio francese, dove, sotto mentite spoglie, trovano rifugio alcuni giovani ebrei. Tra di loro nasce un rapporto di complicità ed amicizia così come per Jean, e un suo sodale francese. La soffiata ai nazisti da parte di un inserviente, però, interromperà quel sentimento: il destino dei ragazzi ebrei si compirà in un lager.  

· Kapò
di Gillo Pontecorvo [1960] - 116 minuti, Italia

Tra i primi film italiani sulla Shoah peraltro d'autore. È la storia di una giovanissima ragazza ebrea, Edith, e del suo tentativo di sfuggire al destino per lei segnato in un lager nazista. 

Dialogo ebrei-cristiani

DIALOGO EBREI-CRISTIANI (17 gennaio) e giornata della memoria della Shoah

Altro tema dettato dalle ricorrenze del mese di gennaio: il 17 si celebra la giornata del dialogo tra ebrei e cristiani, mentre il 27 si ricorda la tragedia della Shoah.
E’, quello tra ebrei e cristiani, un dialogo quasi unilaterale, voluto e organizzato dai cristiani, non soltanto per mitigate il senso di colpa rispetto un antigiudaismo ben radicato nel cristianesimo, ma soprattutto per la consapevolezza di avere con loro un legame fondamentale. Sia gli ebrei che i cristiani credono nello stesso Dio, con la differenza che i cristiani considerano Gesù come figlio di Dio, mandato da Dio Padre sulla terra. Gli ebrei, invece, attendono ancora il Messia che salvi il popolo di Israele. Entrambi tuttavia considerano la Bibbia come il testo sacro.
Gesù e gli apostoli erano ebrei osservanti anche se apparivano come una setta detestabile all’interno dell’ebraismo e questo diede motivo alle prime persecuzioni anticristiane. Le parti si invertiranno presto con i cristiani ormai dimentichi del loro passato e preda di pregiudizi antigiudaici.
Scrive Enzo Bianchi:
dopo lo «scisma» tra ebrei e cristiani alla fine del I secolo e fino all’ora del Concilio Vaticano II, noi abbiamo pregato inoculando nelle nostre preghiere sovente disprezzo e a volte vero e proprio odio nei confronti degli ebrei. Basterebbe ricordare che il Venerdì Santo pregavamo «per i perfidi giudei» e per loro non ci inginocchiavamo, ma addirittura facevamo baccano con le raganelle, strumento sinistro in uso solo nei giorni santi. Poi venne la fine del disprezzo, soprattutto grazie a Giovanni XXIII, che tolse dalla liturgia l’aggettivo «perfidi» e chiese che si pregasse solo «per i giudei». Da allora è stato fatto un cammino impensabile”.
(E. Bianchi, Cristiani ed ebrei fratelli divisi, La Stampa, 17.1.09)

Dialogo interreligioso

Parlando di dialogo non possiamo dimenticare gli sforzi per riavvicinare le religioni e, tra questi sforzi, non possiamo dimenticare il gesto profetico di Giovanni Paolo II che, il 27 ottobre 1986, chiamò ad Assisi i principali esponenti delle religioni per pregare insieme per la pace. Un gesto rinnovato nel 2011, a 25 anni di distanza, da Benedetto XVI che ha voluto celebrare quell’evento che è ricordato anche come “Spirito di Assisi”.
Il cardinal Roger Etchegaray parlando di quell’evento ricorda come: non avevamo dietro di noi alcuna referenza storica, davanti a noi alcun punto di riferimento. Come dicono gli esegeti, l'incontro è stato una sorta di «hapax» e lo resterà senza dubbio, unico nella sua originalità ed esemplarità. L'angoscia della pace tra gli uomini e tra i popoli ci spingeva « ad essere insieme per pregare ma non a pregare insieme » secondo l'espressione del Papa, la cui iniziativa, malgrado la sua preoccupazione di evitare ogni parvenza di sincretismo, non fu allora compresa da taluni che temevano di vedere diluirsi la loro specificità cristiana”.
La Chiesa cattolica ha fatto molti passi, a partire dal Concilio Vaticano II, nel dialogo interreligioso. Piero Gheddo, missionario del Pime, ritiene che “fra i 16 documenti del Concilio Vaticano II quello che più ha rivoluzionato la missione alle genti non è stato, come si potrebbe immaginare, l’Ad Gentes , ma la Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane ('Nostra Aetate'), il testo più breve (cinque soli numeri), che ha capovolto la mentalità e le prospettive delle giovani Chiese e dei missionari.(…) Nella tradizione missionaria le religioni erano viste come nemiche di Cristo, oggi sono viste come preparazione a Cristo, quasi un 'Antico Testamento' in attesa del Nuovo. (…) Oggi tra i fedeli cattolici e di altre religioni si pratica «il dialogo della vita», come lo definiva Giovanni Paolo II: non il «dialogo teologico» come si immaginava al tempo del Concilio (rifiutato perché visto come tentativo di 'proselitismo'), ma la vita assieme, collaborando per il bene pubblico e la salvaguardia della pace, della giustizia, dell’aiuto ai poveri e della libertà religiosa per tutti”.

Ecumenismo

(18-25 gennaio: settimana di preghiera per l’unità dei cristiani)

Ecumenismo è un termine greco che indica la terra intera, tutti gli abitanti). A questo fine è indetta dalle chiese cristiane una settimana di preghiera (dal 18 al 25 gennaio).

L’ecumenismo è uno dei “segni dei tempi” di speranza: come si è potuto tollerare che fratelli dello stesso Padre, seguaci dello stesso Figlio (che prega “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siamo anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”, Gv 17,20-21), animati dallo stesso Spirito, siano divisi e si siano fatti guerra, odiati, uccisi, contrastati con la violenza? Come essere credibili se permane lo scandalo della divisione?

Tanta strada è stata, provvidenzialmente, percorsa. Oggi si parla di un efficace ecumenismo di base (quello compiuto dai semplici fedeli, svincolati da strutture da salvaguardare) e di esperienze significative di comunione come quelle che si vivono delle comunità di Taizè in Francia e di Bose in Italia. Quest’ultima è stata fondata ed è tuttora guidata dal celebre monaco Enzo Bianchi, scrittore e giornalista, ma soprattutto profondo uomo di spiritualità.
 

 


 

Pace


Il mese di gennaio, e dunque l’intero anno, inizia con l’invocazione e la preghiera per la pace. E’ stato Paolo VI , nel 1968, ad ideare questa ricorrenza segnata, fra l’altro, dal messaggio che il Papa consegna per questa giornata.

Che la Chiesa evidenzi il valore della pace è qualcosa di oggi scontato, ma in realtà non da molti anni acquisito. Possiamo infatti risalire indietro solo fino all’inizio della I guerra mondiale per trovare, nel magistero, una chiara condanna della guerra (con Benedetto XV che, nel 1917, definisce la guerra “una inutile strage”). Da allora la pace trova sempre più spazio nelle affermazioni dei pontefici e dei cattolici in generale, prima di allora è invece qualcosa di eccezionale.

Non si parla ovviamente di Sacra Scrittura e dei Vangeli: troviamo qui frasi ben chiare e un dono ribadito tre volte dal Risorto ai discepoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27: prosegue distinguendo la sua pace da quella del mondo: una pace non imposta con la forza, ma un dono da accogliere, far crescere e condividere). Una delle condizioni di beatitudine, di felicità è del resto proprio quella di essere “operatori di pace” (Mt 5,9). Lascio a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari recentemente scomparsa, il compito di commentare questa affermazione. Lo fa in una delle “Parole di vita” (quella del novembre 1997), espressione con cui indica la proposta di commentare, ogni mese, una frase biblica e di dare indicazioni per viverla concretamente (perché la Parola è viva ed è diretta a ciascuno per essere vissuta) e condividerne gli effetti. “Operatori di pace” è una espressione che chiarisce, come scrive Don Primo Mazzolari (uno dei grandi cristiani che ha lottato per la pace) il fatto che “il cristiano è un uomo di pace, non un uomo in pace: fare la pace è la sua vocazione”.
 
Non si può parlare di Pace e non far riferimento a quanto ha scritto e vissuto don Tonino Bello, eccezionale vescovo di Molfetta e per anni presidente di Pax Christi. Fra l’altro scrive:
A dire il vero non siamo molto abituati a legare il termine PACE a concetti dinamici.
Raramente sentiamo dire: Quell'uomo si affatica in pace", "lotta in pace", "strappa la vita coi denti in pace"… Piu' consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni: Sta seduto in pace", "sta leggendo in pace", "medita in pace" e, ovviamente, "riposa in pace".
La pace, insomma, ci richiama piu' la vestaglia da camera che lo zaino del viandante...La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio...Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica". Sì, la pace prima che traguardo, è cammino. E, per giunta, cammino in salita
”.  Don Tonino Bello, vescovo
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9).
“… gli operatori di pace di cui parla Gesù non sono quelli che chiamiamo pacifici, che amano la tranquillità, non sopportano le dispute e si manifestano per natura loro concilianti, ma spesso rivelano un recondito desiderio di non essere disturbati, di non volere noie...Gli operatori di pace sono coloro che amano tanto la pace da non temere di intervenire nei conflitti per procurarla a coloro che sono in discordia. Può essere portatore di pace chi la possiede in se stesso.
Occorre essere portatore di pace, anzitutto nel proprio comportamento di ogni istante, vivendo in accordo con Dio e facendo la sua volontà. Gli operatori di pace si sforzano poi di creare legami, di stabilire rapporti fra le persone, appianando tensioni, smontando lo stato di guerra fredda che incontrano in tanti ambienti di famiglia, di lavoro, di scuola, di sport, fra le nazioni, ecc
.”
CHIARA LUBICH, Parola di vita, novembre 1997