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mercoledì 2 gennaio 2013

GESU’ è SCOMODO


Gesù è scomodo per tutti.
Per chi già lo conosce, perché il suo messaggio è esigente. Perché coloro che lo conoscono vengono additati: "E poi dite di essere cristiani!".
Per chi non lo conosce, perché essi avvertono di andare cercando quello che lui ha detto.
Gesù è scomodo per i grandi, perché si accorgono di essere arri­vati a 40, 50, 80 anni e di non aver capito ancora quasi niente di lui.
È scomodo per i bambini, perché appena capiscono, si sentono dire: "Lui vuole così. Lui non vuole così".
È
scomodo per i ragazzi e le ragazze, che, nel momento della crescita, vorrebbero liberarsi di lui come di tutti gli altri personaggi delle favole e della fantasia: Babbo Natale, la Befana, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Mandrake, Superman. E invece lui rispunta fuori sempre, dappertutto".
Eh sì! Lui rispunta sempre, anche nel vuoto lasciato dalla sua assenza. Ho detto vuoto, ragazzi, e non a caso. Perchè se eliminiamo Gesù dalla Storia, a essere coerenti fino in fondo, dovremmo sbarazzarci di valori quali l'uguaglianza, la solidarietà, il riconoscimento della dignità umana.... Continuate voi con
l'elenco?
don Tonino Lasconi, dal suo libro Fortissimo Gesù

Storicamente modificato
Da Popotus del 6 ottobre 2011
Si scrive C.E. e sta per «Common Era», «era comune». È un modo per contare gli anni dalla nascita di Gesù… senza nominare Gesù. Sì, avete capito bene. Una soluzione un po’ strana, che diventa addirittura stranissima se ad adottarla è la Bbc, il famoso «servizio pubblico» della radiotelevisione britannica. Finora nei programmi della Bbc tutti si riferivano agli anni del calendario con le sigle A.D. («Anno Domini»: viene dal latino e vuol dire «anno del Signore») oppure A.C. («After Christ», che equivale al nostro «dopo Cristo»).
D’ora in poi, secondo le disposizioni dell’emittente, presentatori e opinionisti sono invitati ad adoperare una definizione più neutra: C.E., appunto. Poco importa se, per qualcuno, la stessa sigla potrebbe essere interpretata come «
Christian Era» (era cristiana). Il punto è che la Bbc preferisce evitare qualsiasi riferimento al cristianesimo. Perché?
Perché in Gran Bretagna vivono molte persone che hanno una diversa fede religiosa e che, secondo i dirigenti della celebre tv, potrebbero sentirsi offese dall’allusione a Gesù. Strano, dicevamo. Anzi, stranissimo. Tra l’altro, i precedenti tentativi di revisione del calendario (compiuti per esempio all’epoca della rivoluzione francese, nel 1789, o di quella russa, nel 1917) si sono risolti in fallimenti clamorosi.
Eliminato per qualche tempo, il riferimento alla nascita di Gesù è stato
poi reintrodotto. Perché appartiene alla Storia, prima ancora che alla fede.


CONTRO GESU’. Indagine sull’uomo che ha cambiato il mondo
di Giuseppe Savagnone, www.messaggerosantantonio.it
Chi era Gesù di Nazaret? Uomo o Dio? Profeta o Messia? La discussione non inquieta più solo gli studiosi, ma, sulle ali del successo di libri e film, ha coinvolto il grande pubblico.
Sono in tanti, anche qui in Italia, ad aver letto
Il Codice da Vinci (2003) e ad averne visto la trasposizione cinematografica. Sono in tanti anche ad aver letto Inchiesta su Gesù (2006), l’intervista di Corrado Augias a Mauro Pesce, che sulla storia del cristianesimo è considerato un esperto. Senza parlare del libello provocatorio – ma anch’esso vendutissimo – di Piergiorgio Odifreddi Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) (2007).
Opere diverse, ma che hanno in comune la negazione della divinità di Cristo. Anche tralasciando la lettura romanzata di Dan Brown, ci troviamo di fronte a un vero e proprio «processo» che ha come imputato il personaggio umano e al tempo stesso divino che da duemila anni è oggetto della fede e del culto della Chiesa. L’accusa è la stessa di allora: in termini giuridici, «
millantato credito»: «Perché tu, che sei uomo, ti fai Dio» (Gv 10,33).
Secondo l’autore de
Il Codice da Vinci, tutto sarebbe cominciato con il concilio di Nicea, convocato, a quasi trecento anni dagli eventi, per volontà dell’imperatore Costantino: «Fu tutta una questione di potere (...) Cristo come Messia era indispensabile al funzionamento della Chiesa e dello Stato» (p. 274). «Fino a quel momento storico, Gesù era visto dai suoi seguaci come un profeta mortale: un uomo grande e potente, ma pur sempre un uomo» (p. 273), per di più regolarmente sposato con Maria Maddalena, dalla quale avrebbe avuto una figlia.
Con ben altra pretesa di scientificità, anche Pesce sostiene che Gesù era, in realtà, soltanto un entusiasta rabbi ebreo, che non voleva fondare un nuova religione e la cui dottrina rientrava pienamente nella tradizione del suo popolo: «
Non c’è una sola idea o consuetudine, una sola delle principali iniziative di Gesù che non siano integralmente ebraiche» (p. 26). E la fede in lui come Figlio di Dio, allora? Sarebbe nata molto più tardi, nel II secolo, a opera della Chiesa, che ne nascose la vera fisionomia di ebreo per farne una figura celeste.
Più riduttiva ancora la ricostruzione di Odifreddi: per lui Gesù era «
un uomo nato da un padre naturale diverso da Giuseppe, abile guaritore di malattie psicosomatiche e morto in croce come disturbatore della pubblica quiete: il resto è favola, pure per i biblisti (o almeno, per quelli seri)» (p. 105).
Certo, davanti a queste liquidazioni sommarie non si può evitare di chiedersi come mai un simile individuo, del tutto comune, sia stato – come dice il sottotitolo dell’opera di Augias e Pesce – «
l’uomo che ha cambiato il mondo». Saremmo davanti a un miracolo forse più grande ancora di quelli che i vangeli attribuiscono a Cristo!
(…) Odifreddi termina il suo esame emettendo il proprio «
verdetto sul Cristianesimo. Che, ovviamente, è la condanna capitale» (p. 223). Ma la conclusione del processo a Gesù è, piuttosto, la condanna di tutti i tentativi contemporanei di ridurlo alla dimensione puramente umana. La divinità di Cristo non è un’invenzione della Chiesa. E, nel moltiplicarsi dei tentativi negazionisti, i cristiani sono chiamati a mostrarne l’inconsistenza non solo di fronte alla fede, ma alla ragione e alla storia, obbedendo alla raccomandazione di essere sempre pronti a rendere ragione della loro speranza.

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