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mercoledì 8 gennaio 2014

Chiesa (dizionario)

La Chiesa: schema generale e citazioni


CITAZIONI SULLA CHIESA

La Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo.
 Joseph Ratzinger (1977)

La chiesa è chiesa solo se e in quanto esiste per gli altri. Per cominciare, deve donare ogni suo avere agli indigenti. I pastori devono vivere esclusivamente dei contributi volontari della comunità, eventualmente devono esercitare una professione laica. 
Dietrich BonhoefferResistenza e resa, 1947 (postumo)

Non c'è salvezza fuori della Chiesa. 
Cipriano di CartagineEpistole, III sec.

Non può avere Dio per padre chi non ha per madre la Chiesa. 
Cipriano di CartagineDell'unità della Chiesa cattolica, III sec.

Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa. 
Gilbert Keith ChestertonOrtodossia, 1908


LA CHIESA: SCHEMA GENERALE

1. ORIGINE TRINITARIA
a. 

Viene da Dio:
che l’ha VOLUTA da sempre, e l’ha PREPARATA nell’A.T. con l’elezione di Israele
Istituita da Gesù Cristo: che l’ha FONDATA con le sue parole e azioni, in particolare con la sua morte e resurrezione:
a - ha creato un NUOVO POPOLO (a partire da i 12 apostoli)
b - l’ha nutrito con i SACRAMENTI (dalla Croce scaturisce il suo sangue e acqua simboli dell’EUCARISTIA e del BATTESIMO)
c - ha INVIATO i suoi apostoli nel mondo (successione apostolica: “come il Padre mi ha mandato, così io mando voi”).
d - Gesù è suo FONDATORE e CAPO, PRESENTE nella PAROLA, EUCARISTIA, COMUNITA’ (“dove 2 o più…”) e CARITA’
c. Realizzata e manifestata dallo Spirito Santo: esperienza della PENTECOSTE: dono che fortifica, guida e trasforma
d. Compimento alla fine dei tempi: è assemblea in CAMMINO (“Già, ma non ancora”)

“Credo la Chiesa UNA, SANTA, CATTOLICA, APOSTOLICA”
1La Chiesa è “MISTERO”: nella sua realtà VISIBILE è presente e operante una realtà SPIRITUALE, DIVINA, che possiamo vedere solo con gli occhi della fede
2La Chiesa è UNA: ha come origine e modello l’UNITA’ di un solo DIO nella Trinità delle Persone. Dio ristabilisce, in Gesù Cristo, l’unità di tutti i popoli in UN SOLO CORPO. Ha 1 sola FEDE, stessi SACRAMENTI, stessa successione APOSTOLICA, comune speranza e carità. Dio vuole che i cristiani (e tutti gli uomini) siano uniti.
3La Chiesa è SANTA: perché Dio Santissimo è il suo autore e ha mandato il suo Figlio e il suo Spirito per santificarla (renderla Santa). Santa, ma composta da peccatori, chiamata a santificarsi.
4La Chiesa è CATTOLICA: cioè UNIVERSALE (nel tempo e nello spazio, ma anche nella sua “identità”: totalità e integrità della fede). E’ inviata in missione a tutti i popoli in ogni tempo e a qualsiasi cultura appartenga.
5La Chiesa è APOSTOLICA: per sua ORIGINE (è costituita sul fondamento degli Apostoli), per il suo INSEGNAMENTO (lo stesso degli Apostoli), per la sua STRUTTURA, in quanto istituita, santificata e governata, fino al ritorno di Cristo, dagli Apostoli, grazie ai loro successori, i Vescovi, in comunione col successore di Pietro.

POPOLO DI DIO, CORPO DI CRISTO, TEMPIO DELLO SPIRITO SANTO
- Popolo di Dio: Dio non chiama un singolo, ma un popolo (e ciascuno per il bene comune). Come ogni popolo essa ha un’ORIGINE (Dio Padre), un CAPO (Gesù Cristo), una LEGGE (il comandamento nuovo dell’amore), un FINE (la comunione piena con Dio).
a. FAMIGLIA: “Chiesa domestica”
b. PARROCCHIA: “Chiesa locale” (centrata sull’EUCARISTIA domenicale)
c. DIOCESI e CHIESA UNIVERSALE: Papa, Cardinali e Vescovi


Gesù Cristo è il fondatore della Chiesa e la Chiesa è il Corpo di Cristo (che rimane suo CAPO) fedele al suo fondatore: non può fare scelte contrarie a ciò che espressamente Gesù ha indicato nei Vangeli.
- Gesù sceglie 12 apostoli (12 come le tribù d’Israele = nuovo popolo di Dio), mentre tanti sono i discepoli che lo seguono e prendono parte a questo nuovo popolo.
- diede a loro autorità e potere mandandoli a battezzare tutte le genti.
- si definisce pastore di questo popolo e offre la possibilità di averlo sempre con loro (Eucaristia, preghiera, poveri…).
- come ad un popolo offre una legge (morale, il nuovo comandamento), una preghiera nuova (il padre nostro), il segno del Battesimo e i sacramenti come strumenti con cui continua ad operare.
- La sua morte e resurrezione anziché rappresentare la fine segna un vero inizio: Gesù Risorto conferma i suoi apostoli, li invia e dona il suo Spirito perché operi in loro al suo posto, consapevoli che lui è VIVO e continua ad essere presente tra i suoi.
- A Pietro affida la GUIDA della sua Chiesa (a te do le chiavi del regno dei cieli)
- solennemente gli apostoli ricevono lo SPIRITO SANTO nel Cenacolo il giorno di Pentecoste: il gruppo impaurito di apostoli diviene un gruppo eroico e convincente di testimoni che annunciano al mondo il kerigma (Gesù Cristo Figlio di Dio morto e Risorto per la nostra salvezza, vivo e operante in mezzo a noi> ICTUS: pesce: Iesous Christos Theoù Uios Soter: G.C., Figlio di Dio Salvatore).


Il Papa è il successore di Pietro, scelto da Gesù per guidare la sua Chiesa. Colui che succede a Pietro, primo Vescovo di Roma, ne diviene a sua volta Vescovo, eletto dal collegio cardinalizio che rappresenta, in origine, il gruppo dei Parroci titolari delle Chiese di Roma.



CHIESA (Lumen Gentium)

 

Promulgata il 21 novembre 1964, la Costituzione dogmatica Lumen Gentium è la seconda in ordine di tempo, la più dibattuta e probabilmente la più innovativa e rivoluzionaria: ha creato un vero e proprio spartiacque con le visioni ecclesiologiche del passato. Il documento conciliare, infatti, ha recuperato le prospettive ecclesiali che emergono dai testi biblici e da quelli dei padri della Chiesa e ha superato le visioni unilaterali che avevano dominato il pensiero teologico negli ultimi secoli, che avevano portato a ridurre la riflessione sulla Chiesa ad una riflessione sulla gerarchia e sugli aspetti visibili e istituzionali della comunità cristiana, con la conseguente dimenticanza della dimensione soprannaturale della Chiesa e del ruolo attivo di tutti i battezzati nella vita ecclesiale.

PRESENTAZIONE-SCHEMA DELLA COSTITUZIONE:

Premesse:

-          Le obiezioni sulla Chiesa:

oggi le critiche e le difficoltà che si percepiscono relative alla fede, più che sull’esistenza di Dio o sull’identità di Gesù Cristo, sono quasi esclusivamente rivolte alla Chiesa[1]: per “crimini” compiuti nei secoli scorsi, per la morale bioetica e sessuale, per il potere politico ed economico, per la poca democraticità e tolleranza (verso le donne e i gay)… Risulta dunque fondamentale comprendere più a fondo l’identità della Chiesa.

-          Dalla piramide al cerchio:

la rivoluzione copernicana che la Costituzione dogmatica LG offre sulla Chiesa può essere espressa dalle due figure geometriche: il passaggio dal triangolo (o piramide) dove la Chiesa è letta prevalentemente nella sua dimensione gerarchica (all’apice il Papa e sotto, in ordine, troviamo i Cardinali, i Vescovi, i Religiosi e i Laici) al cerchio dove la Chiesa è letta nella sua dimensione spirituale e comunionale (al centro c’è Dio e attorno, con diversi ministeri e carismi, il Popolo di Dio, accomunato dallo stesso battesimo)[2].

-          Luce delle genti:

In questo senso “Luce delle genti” (Lumen gentium) è Gesù Cristo, non la Chiesa (LG,1). “La Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG,1). E’ Gesù Cristo, e solo Lui, il fondatore, il capo e l’anima della Chiesa. Da Lui dobbiamo sempre ripartire e a Lui giungere.


[1] Scriveva più di 40 anni fa J.Ratzinger in “Introduzione al cristianesimo”: “La Chiesa è divenuta per molti l’ostacolo principale alla fede”.
[2] Secoli di attacchi ed eresie espresse contro la dottrina ufficiale della Chiesa portarono in primo piano il drammatico bisogno di difendersi, minandone la sua autorità e il suo fondamento teologico. Si cominciò così a parlare della Chiesa partendo dal suo aspetto esteriore e istituzionale per evidenziare il fondamento della sua autorità, per difendere il ruolo unico del papato che era stato messo in forte discussione (per questo si parlava di “Società perfetta”). Questo, di conseguenza, comportò il far passare in secondo piano il suo aspetto misterico e sacramentale, la sua origine divina e trinitaria.
Accanto ad una ecclesiologia “ufficiale” di stampo apologetico e giuridico non mancò mai però una ecclesiologia diversa, minoritaria e spesso vista con sospetto, ma destinata, in tempi più opportuni, ad imporsi con forza. Tornando alle fonti bibliche e patristiche, dai più tralasciate, si riprende a parlare con forza dell’origine divina della Chiesa, del suo carattere misterico e sacramentale. Si torna così ad allargare lo sguardo ecclesiologico fino alla riscoperta dell’origine trinitaria della Chiesa, mostrando come la Trinità sia non solo la fonte, ma anche il modello e il destino della Chiesa.
T. Federici parla di quattro fiaccole che risplendono nel buio panorama ecclesiologico del tempo: J. A. Möhler in Germania, J. H. Newman in Inghilterra, A. Rosmini in Italia e A. Grèa in Francia. L’importanza di questo autore è stata negli ultimi decenni evidenziata da alcuni studiosi che hanno, in particolare, mostrato il suo contributo ante litteram nell’elaborare una teologia della Chiesa particolare.

La Costituzione dogmatica sulla Chiesa risulta strutturata in otto capitoli, secondo il seguente schema[1]:

cap. 1: Il mistero della Chiesa (paragrafi 1-8)

cap. 2: Il popolo di Dio (paragrafi 9-17)

cap. 3: La costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare l’episcopato (paragrafi 18-29)

cap. 4: I laici (paragrafi 30-38)

cap. 5: La vocazione universale alla santità nella Chiesa (paragrafi 39-42)

cap. 6: I religiosi (paragrafi 43-47)

cap. 7: L’indole escatologica della Chiesa pellegrina (paragrafi 48-51)

cap. 8: La Beata vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa (par. 52-69)



1-   LA CHIESA è MISTERO

-          “Mistero”: il termine, in ambito religioso, è sinonimo di “Sacramento”, ed indica una realtà rivelata da Dio per poterci avvicinare a Lui[2].

-          La Chiesa è mistero-sacramento in quanto istituita da Dio come segno e strumento di comunione e di unità.

-          prima di essere un’assemblea di persone, socialmente organizzata e strutturata, la Chiesa è un mistero, una realtà soprannaturale.

1.1. La Chiesa e la Trinità (LG 2-4)

- L’origine della Chiesa in primo luogo, è più antica della sua stessa comparsa nella storia degli uomini ed è radicata nella vita della Trinità.

-          Dio-Padre l’ha prefigurata (voluta) da sempre e gli ha dato inizio a partire dal primo comparire dell’umanità e, in particolare, nella scelta del popolo di Israele.

-          Il Figlio, Gesù Cristo, l’ha istituita scegliendo i 12 (inizio del nuovo popolo di Israele, innestato su quello precedente), annunciando la venuta del Regno di Dio[3], donandole i Sacramenti per perpetuare la sua azione di donazione totale e di riconciliazione.

-          Lo Spirito Santo: la santificata e la conduce alla comunione; ed è per opera dello Spirito che la Chiesa testimonia il Vangelo di salvezza che continua ad operare nel mondo.

Se la Trinità è all’origine della Chiesa, la stessa struttura del popolo di Dio è segnata dal mistero dell’amore-comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito: Persone distinte, ma unite nell’amore. La Trinità, infine, oltre che origine e forma della Chiesa, n’è anche il fine.

1.2. La Chiesa come “corpo di Cristo” (LG 7)

-          quest’immagine di origine biblica (paolina) rivela il legame tra Cristo e la Chiesa. Di questo corpo, Cristo è il capo, che provvede, mediante i sacramenti, a sostenere, a curare, a nutrire.

-          In secondo luogo, l’idea che la Chiesa sia un “corpo” evidenzia la natura visibile che la caratterizza: essa non è una vaga entità spirituale, dunque, ma è concretamente presente e reale nella vita del mondo, come un corpo.

-          L’immagine del corpo rivela anche la struttura della Chiesa: composta di tante membra; ognuna con un ruolo specifico e insostituibile. Ciascuno, per la sua parte, ha un dono diverso da esercitare per il bene di tutta la Chiesa. Come in un corpo ciascun membro ha bisogno delle altre membra per sopravvivere.

1.3. La Chiesa è insieme umana e divina, visibile e invisibile (spirituale), terrestre e celeste (LG 8)

Non esiste una Chiesa spirituale contrapposta ad una Chiesa istituzionale. La dimensione visibile ha tuttavia solo una funzione di strumento a servizio di quella invisibile, ed è legittimata solo da questo motivo.

2. Il popolo di Dio (LG 9-17)

Altra immagine biblica: la Chiesa, sin dalle origini, si è riconosciuta erede delle promesse che Dio aveva fatto al popolo d’Israele e ha compreso se stessa come il “nuovo popolo di Dio”.

-          l’idea che la Chiesa sia un “popolo” rivela che essa si definisce a partire dallacomunione: i cristiani non sono individui isolati, che si chiudono semplicemente nella loro esperienza di fede, per quanto profonda possa essere, né rappresentano una massa indistinta di persone, in cui la dignità di ciascuno si perde nell’anonimato: essi sono un popolo, in cui lo Spirito agisce attraverso ogni persona, per il bene di tutti.

-          caratteristiche del popolo di Dio: come ogni popolo, ha un capo, il Cristo; ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio; per legge il nuovo comandamento di Gesù; per fine il Regno di Dio

-          Il popolo di Dio è chiamato ad essere presente nel mondo per servirlo e per testimoniare l’amore di Dio per gli uomini.

2.2. Il popolo di Dio come popolo regale, profetico, sacerdotale (LG 10-12)

-          ad accomunare questo popolo è il sacerdozio comune ricevuto attraverso ilbattesimo: l’unzione crismale (battesimale) sigillata con il sacramento della cresima, lo rende membro del corpo di Cristo, che è la Chiesa, e lo fa partecipare alla triplice unzione (regale, profetica e sacerdotale) del Cristo. Per questo egli è chiamato a mettersi al servizio del mondo perché sia costruito e accolto il Regno di Dio nella storia (funzione regale); atestimoniare con la parola e con la vita l’evangelo di Gesù (funzione profetica[4]); ad offrire se stesso in comunione con il sacrificio del Signore per glorificare Dio e presentare la preghiera per la santificazione del mondo (funzione sacerdotale). Tali considerazioni hanno permesso di superare la concezione piramidale della Chiesa a favore della comune dignità del popolo di Dio.

L’indole sacerdotale del popolo di Dio viene espressa in due modi che differiscono “essenzialmente” tra loro (LG 10): nel sacerdozio comune dei fedeli, che è proprio di ogni battezzato, e nel sacerdozio ministeriale, che si realizza attraverso il sacramento dell’Ordine, nei due gradi dell’episcopato e del presbiterato, ossia nei vescovi e nei preti.

2.3 La Chiesa, l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni (LG 14-16, decretoUnitatis redintegratio, dichiarazione Nostra aetate)

Nel nostro secolo si è notevolmente sviluppato il movimento ecumenico, che esprime tra i cristiani l’esigenza di ristabilire l’unità della Chiesa primitiva, quell’unità che nel corso della storia si è persa a causa delle divisioni che permangono ancora oggi tra i seguaci del Cristo.

La Chiesa cattolica, dopo un iniziale atteggiamento di sospetto e di avversione per l’ecumenismo, negli ultimi decenni ha pienamente riconosciuto la necessità del dialogo con le altre confessioni cristiane, proprio grazie al Concilio Vaticano II, che ha promulgato un importante decreto sull’ecumenismo, l’Unitatis redintegratio (1964). Il Concilio stesso ha, per la prima volta, affermato anche l’impegno della Chiesa neldialogo inter-religioso con gli Ebrei, i Musulmani e con le altre religioni mondiali, nella dichiarazione Nostra aetate (1965). I principi fondamentali dell’ecumenismo cattolico si ritrovano proprio nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, la Lumen gentium.

La comunione con la Chiesa di Cristo è necessaria per ottenere la salvezza; e ribadisce che la Chiesa fondata da Cristo si realizza pienamente (in LG 8 si legge “sussiste”) nella Chiesa cattolica (ne è parte, ma non ha la pienezza o l’esclusiva). Ma, e questa è la novità, riconosce che anche fuori della Chiesa cattolica si trovino “parecchi elementi di santificazione e di verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica” (LG 8).

Tutti gli uomini sono chiamati alla comunione con la Chiesa, anche se sono concretamente uniti ad essa secondo vari gradi, in maniera più o meno consapevole (LG 13). I cattolici, ossia coloro che condividono con tutto il cuore la fede della Chiesa, che accettano la sua organizzazione gerarchica e vivono l’esperienza dei sacramenti, sono pienamente incorporati alla Chiesa (LG 14).

Ad un secondo grado appartengono i cristiani non cattolici: gli ortodossi, che non riconoscono il primato del vescovo di Roma ed alcune affermazioni sullo Spirito Santo e sulla prassi di alcuni sacramenti, e i protestanti, che in forme diverse rifiutano l’esistenza dell’episcopato, o, in genere, del sacerdozio, negano la maggior parte dei sacramenti, e, anche sul piano dottrinale, pongono alcune obiezioni alla fede cattolica.

I cristiani non cattolici, secondo il Concilio, sono uniti alla Chiesa per molteplici ragioni: tutti, infatti, condividono le verità fondamentali del messaggio cristiano, come la comunione trinitaria, l’incarnazione del Figlio di Dio, l’ascolto delle Scritture, alcuni sacramenti, come il battesimo e, in molti casi, l’eucaristia e alcuni altri, vivono una vita nello Spirito, che agisce in loro e attraverso di loro (LG 15).

Anche coloro che professano una religione non cristiana, come gli Ebrei e iMusulmani, che credono in un solo Dio e si riconoscono, come i cristiani, figli di Abramo, o come i fedeli di tutte le religioni mondiali, che riconoscono una vita soprannaturale, tendono verso la comunione con la Chiesa (o, come si esprime LG 16, “sono ordinati al Popolo di Dio”). E nemmeno gli atei senza colpa, coloro, cioè, che, per non averlo conosciuto, negano l’esistenza di Dio, ma che pure agiscono seguendo anche inconsapevolmente la voce di Dio che parla nella coscienza, sono esclusi dal disegno di salvezza che Dio realizza attraverso la Chiesa (LG 16).

-          La Chiesa è inoltre per sua natura missionaria (LG 17): chiamata ad annunciare e condividere quanto ha ricevuto. 

3. LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA (LG III 18-29): carismatica e ministeriale

Se la struttura della Chiesa è prima di tutto  carismatica (è lo Spirito che dona i carismi da esercitare per il bene comune), è proprio della Chiesa stessa riconoscere tali carismi in ministeri ossia dei servizi più o meno permanenti per la comunità.

Attualmente la Chiesa cattolica riconosce tre tipi di ministeri, che differiscono tra loro per l’origine e per i compiti che determinano:

-          i ministeri ordinati, ossia quelli che derivano dal sacramento dell’Ordine, nei suoi tre gradi del diaconato, del presbiterato e dell’episcopato;

-          i ministeri istituiti, che la Chiesa ha stabilito nel corso della sua storia per rispondere alle esigenze che di volta in volta si presentavano, e che sono riconosciuti mediante riti specifici, come il lettorato e l’accolitato;

-          i ministeri “di fatto”, ossia quelli che, pur non essendo istituiti ufficialmente e solennemente, sono riconosciuti nell’ambito di una comunità locale, come il ministero del catechista, dell’animatore liturgico o dei cantori ed altri.

Come si vede, dunque, la dimensione istituzionale della Chiesa, che deriva proprio dalla sua natura carismatica e ministeriale, non può essere separata dalla dimensione spirituale: è solo dallo Spirito che nascono i carismi e i ministeri, e non da poteri umani o da cariche e privilegi; ed è dal battesimo che proviene l’uguale dignità di tutti i credenti, pur nelle loro differenti funzioni.

-          la scelta di Gesù dei 12 apostoli (= inviati) tra il gruppo numeroso di discepoli (= alunni) pone inizio al collegio apostolico di cui i Vescovi sono i successori istituiti sacramentalmente con l’ordinazione episcopale (da esercitarsi solo se in comunione con il Papa e con il collegio episcopale).

3.1. I vescovi e la Chiesa universale: il Collegio episcopale e il Papa (LG 21-24)

Tutti i vescovi del mondo in comunione tra loro e con il vescovo di Roma formano ilCollegio episcopale. Il vescovo di Roma, cioè il Papa, è anche il Capo visibile della Chiesa in quanto  successore di Pietro, colui che tra gli Apostoli ricevette un compito ed un’autorità particolare da Gesù (Mt 16,18; Lc 22,32; Gv 22,15 ss.), e che proprio a Roma, sul colle Vaticano, fu martirizzato dopo esserne diventato il primo Vescovo.

Sia il Papa, sia il Collegio episcopale in comunione col Papa guidano con l’autorità di Cristo la Chiesa universale, della quale essi sono i massimi “servi”.

Come il Papa, anche il Collegio episcopale gode dell’infallibilità nell’insegnare, quando definisce solennemente, in comunione con il Sommo Pontefice, delle verità dottrinali o morali. Questa potestà su tutta la Chiesa si manifesta in maniera particolare neiConcili ecumenici, che hanno costellato la storia della Chiesa. Ad essi partecipano tutti i vescovi del mondo per determinare i principi dottrinali e pastorali della vita della Chiesa.

Un’altra espressione della comunione dei vescovi e della loro opera per la Chiesa universale è il Sinodo dei vescovi, riunito periodicamente dal Papa per trattare temi che riguardano il bene di tutta la Chiesa o di Chiese particolari[5]. Al Sinodo partecipano, diversamente dal Concilio ecumenico, solo i Vescovi scelti dalle varie parti del mondo.

I vescovi di una stessa nazione o di una stesso territorio formano, poi, le Conferenze episcopali, assemblee deputate a promuovere le attività pastorali della Chiesa in una determinata regione.

Tra i vescovi, infine, alcuni vengono eletti Cardinali dal Papa: ad essi è riservato il compito di aiutare più da vicino il Pontefice nella sua attività; sono essi, inoltre, che hanno il diritto di eleggere il nuovo Papa. Secondo la Tradizione essi sono i Titolari delle Parrocchie di Roma.

3.2 Il vescovo e la Chiesa locale (LG 25-27)

Ciascun vescovo esercita le sue funzioni nella propria Chiesa particolare.

3.3 Il ministero del presbitero (LG 28 e decreto Presbyterorum ordinis)

Il termine “presbitero” deriva dal greco presbyteros, che significa “il più anziano”. Quando, a partire dal II sec. il vescovo assunse un ruolo preminente nelle comunità cristiane, sempre più estese, i presbiteri divennero i suoi più stretti collaboratori, sostituendolo e rappresentandolo nelle situazioni in cui egli non poteva essere presente. Dal IV sec. cominciò ad essere affidata ai presbiteri la cura delle comunità di campagna, che sorgevano attorno alla città nella quale risiedeva il vescovo. E’ l’inizio dell’organizzazione parrocchiale della Chiesa, che si svilupperà nei secoli successivi fino ad oggi.

3.4 Il ministero del diacono (LG 29)

Il terzo grado del sacramento dell’Ordine è il diaconato, ultimo grado della gerarchia, che tuttavia, diversamente dall’episcopato e dal presbiterato, non possiede un carattere sacerdotale. La parola diákonos significa in greco “ministro, servo”. Negli ultimi secoli il ministero del diacono aveva perso le sue caratteristiche specifiche ed era diventato solo un passaggio necessario per l’accesso al sacerdozio. Il Concilio Vaticano II, invece, ha riscoperto il valore originario di questo ministero, che oggi può essere assunto, come nei primi secoli della storia della Chiesa, anche in maniera definitiva, da persone sposate o anche da giovani celibi che non hanno intenzione di essere sacerdoti: in quest’ultimo caso, tuttavia, essi non possono più sposarsi.

Il diacono esercita la sua funzione regale nelle diverse attività caritative della comunità; quella profetica, animando la liturgia della Parola ed occupandosi della catechesi; quella sacerdotale, nella celebrazione del Battesimo e del Matrimonio, oltre che di alcuni sacramentali, del rito funebre, nella distribuzione e conservazione dell’Eucaristia, eccetera.

4. I laici nella Chiesa (LG IV, 30-38): i “semplici” fedeli escono dall’inferiorità[6]

Il Concilio Vaticano II è stato il primo Concilio che nella bimillenaria storia della Chiesa ha dedicato una specifica attenzione ai laici.

-          Il vocabolo “laico” deriva dal greco laós, che significa “popolo”. Laico è, dunque, colui che appartiene al popolo.

-          i laici nella Chiesa si distinguono dai membri della gerarchia non tanto, in negativo, perché a loro manca il sacramento dell’Ordine, ma, in positivo, perché essi sono caratterizzati dalla cosiddetta “indole secolare” (LG 31), ossia dalla particolare predisposizione a vivere immersi nelle realtà del mondo (saeculum, in latino, vuol dire anche “mondo”). Solo i laici possono giungere ad evangelizzare i luoghi di vita quotidiana (casa, scuola, lavoro…). Attraverso i laici, infatti, l’annuncio della fede esce dai luoghi del culto e si diffonde in tutti gli ambiti della vita degli uomini “perché la forza del vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale” (LG 35).  

5. Universale vocazione alla santità nella Chiesa (LG V 39-42)

La Chiesa è Santa in quanto abitata e guidata da Dio che è Santo e che santifica. E’ composta poi di peccatori, i cristiani, chiamati tutti alla santità. Un diffuso pregiudizio considerava la santità come prerogativa di uno specifico stato di perfezione, nella fattispecie quello religioso-monastico. Il monito del Signore: «Siate dunque perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste» (Mt 5,48), vale incondizionatamente per ogni credente. Se il metro e il culmine della perfezione è l’amore, che in pienezza si realizza nel sacrificio in croce del Figlio, allora consegue che «il vero discepolo di Cristo si caratterizza per la carità sia verso Dio che verso il prossimo» (LG 42). 

6. La vita consacrata (LG VI 43-47)

Tra i membri del popolo di Dio una particolare configurazione è quella di quegli uomini e di quelle donne che consacrano solennemente la loro vita a Dio nella professione dei “consigli evangelici”. Il Concilio Vaticano II ha dedicato ai “religiosi” il VI capitolo della Lumen gentium e il decreto sul “rinnovamento della vita religiosa”, Perfectae caritatis.

I consigli evangelici, che Gesù ha proposto a chiunque lo voglia seguire, nella tradizione cristiana sono espressi specificamente nell’invito alla povertà, alla castità e all’obbedienza. Benché ogni cristiano sia chiamato a seguire i consigli evangelici e a consacrare a Dio la propria esistenza, nelle forme adeguate alla propria situazione di vita, alcuni sono scelti da Dio per realizzare tale consacrazione in una forma radicale e stabile, mediante una “professione solenne“, con la quale vengono emessi pubblicamente i “voti“, che impegnano definitivamente la persona nell’osservanza della povertà, della castità e dell’obbedienza, e che la Chiesa riconosce ufficialmente: in questo modo la persona entra nello stato del “religioso”, che è una delle forme della “vita consacrata”. Il voto, tuttavia, può essere anche fatto in forma privata, senza un intervento diretto e ufficiale della Chiesa; o, anche in forma temporanea[7].

Essi testimoniano, innanzi tutto, che è possibile vivere in maniera radicale il Vangelo, con il distacco anche esteriore da sé stessi e dal mondo; esprimono, inoltre, il primato dei beni interiori su quelli materiali e la volontà di “cercare prima il Regno di Dio”, secondo la parola di Gesù; scommettono tutta la loro vita per una vita soprannaturale, che dà senso ai sacrifici quotidiani.

Tutto questo, però, non significa che la vita consacrata nasce dal disprezzo dei valori umani e terreni, quasi da una “fuga dal mondo”, da una paura di fronte ai mali della società. Anzi, entrando in questo stato i credenti dichiarano apertamente la loro disponibilità al servizio totale per la salvezza del mondo: la povertà è vissuta per essere più liberi nel donarsi, la castità è praticata perché si possa amare senza limiti ogni persona, l’obbedienza è seguita per ascoltare meglio la volontà di Dio anziché i “desideri del proprio egoismo”.

7. Indole escatologica della Chiesa pellegrinante (LG VII 48-51)

Se da un lato si è riconosciuto il valore della presenza della Spirito al di fuori della Chiesa cattolica, dall’altro è stato ribadito con forza il carattere escatologico della Chiesa, che la proietta in una dimensione eterna.

La vita della Chiesa tende costantemente all’incontro finale con il Padre, il Figlio e lo Spirito, che si realizzerà alla fine della storia per tutti i salvati. La dimensione escatologica, ossia l’aspetto che proietta la vita dell’uomo e del mondo al di là del tempo e dello spazio, verso la gloria celeste, caratterizza l’essenza intima della Chiesa che è già in Dio, ma non ancora in pienezza.

-          I credenti sono chiamati a vivere nel mondo come stranieri in cerca della patria celeste, impegnandosi per la costruzione delle realtà temporali, ma anche tenendo sempre presente la provvisorietà di ogni soluzione terrena ai problemi, aspettando la manifestazione finale del Regno di Dio.

-          Per questo la Chiesa è chiamata a fuggire due tentazioni opposte che possono intralciare il suo cammino verso la salvezza: da un lato, la tentazionedi confondersi con le realtà mondane, nello sforzo di realizzarsi nell’attività di promozione umana, dimenticando, appunto, la sua vocazione escatologica che la orienta verso la “vita del mondo che verrà”; d’altra parte, la tentazione

-          nella storia, che la condurrebbe a dimenticare il servizio ai poveri del mondo e la missione evangelizzatrice, per realizzare una falsa attenzione alle realtà ultime.

-          Essa, del resto, non è formata semplicemente da coloro che vivono e lottano sulla terra (che costituiscono la “Chiesa pellegrina sulla terra”); suoi membri sono anche coloro che, passati attraverso la morte, sono già in una situazione di salvezza: alcuni sono già davanti a Dio (la Chiesa dei giusti, con Maria e i santi), altri, invece, bisognosi di continuare la loro purificazione oltre la morte, vivono nell’attesa dell’incontro definitivo con la Trinità (è questa la situazione di coloro che vivono in una situazione di “purgatorio”).

-          Tra queste tre dimensioni della Chiesa esiste una comunione piena, in virtù della presenza dello stesso Spirito di Dio fra i credenti, che continua a tenerli uniti anche dopo la morte. Tale comunione si esprime in diversi atteggiamenti fondamentali: da un lato, coloro che sono già davanti a Dio esercitano il loro ministero di intercessione in favore dei cristiani che sono ancora immersi nella lotta contro il peccato, pregando continuamente per loro e comunicando nello Spirito l’unica intercessione del Cristo risorto presso il Padre. Ma anche la Chiesa diffusa sulla terra agisce nei confronti di coloro che hanno vinto la morte. Essa infatti offre il suffragio (con la preghiera, le azioni e, soprattutto, con l’offerta del sacrificio eucaristico) per i defunti che devono essere ancora purificati; nei confronti dei santi, inoltre, i credenti sono chiamati allavenerazione dell’opera che Dio ha compiuto in loro e all’imitazione delle loro virtù. In questo modo si rivela la “comunione dei santi”, l’amore attivo che è il frutto dello Spirito del Risorto che unisce tutti coloro che da Lui sono stati santificati o che stanno santificandosi.

8. Maria e la Chiesa (LG VIII 52-69)

8.1         Maria è membro della Chiesa

Il Concilio ha sottolineato, innanzi tutto, l’appartenenza di Maria alla Chiesa, contro quelle tendenze che miravano a considerare solo la superiorità della Vergine sulle creature. Maria, sulla scia di quanto sostenevano i Padri della Chiesa, viene definita come un “membro” della Chiesa - quindi totalmente dentro la Chiesa -, seppure “eminente e del tutto singolare” (LG 53), a motivo del ruolo che Dio le ha affidato nella storia della salvezza. Anch’ella, infatti, partecipa della stessa natura delle creature ed ha avuto bisogno di essere salvata da Dio: per lei, tuttavia, la salvezza si è realizzata in maniera diversa dalla nostra, poiché mentre noi siamo stati liberati dal peccato mediante il sacrificio di Gesù Cristo, la Vergine, in vista dello stesso sacrificio, è stata preservata dal peccato e resa totalmente santa dallo Spirito sin dal suo concepimento, come la Chiesa riconosce nel dogma dell’Immacolata concezione, proclamato da papa Pio IX nel 1854.

8.2 Maria è madre della Chiesa

Il Concilio ha riconosciuto anche la funzione materna che la Vergine, oramai Assuntanella gloria celeste, secondo la fede della Chiesa espressa nel dogma proclamato da papa Pio XII nel 1950, continua a svolgere nei confronti di ogni uomo, con la sua “molteplice intercessione” (LG 62). Benché nel testo conciliare sia attribuito a Maria il titolo di origine agostiniana di “madre delle membra di Cristo”, non vi compare il titolo di “madre della Chiesa”, che i padri conciliari rifiutarono perché temevano che esso avrebbe potuto indurre a credere che la Chiesa ha in Maria un altro principio generatore oltre al Dio trinitario, il che è inesatto. Fu, invece, papa Paolo VI, che nel discorso di chiusura della III sessione del Concilio (21 novembre 1964) proclamò Maria “madre della Chiesa”, spiegando che tale titolo doveva essere inteso come un prolungamento del dogma della Maternità divina della Vergine: se Maria è, infatti, madre del Cristo, lo è sia del Cristo capo, sia del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, di cui i fedeli formano le membra.

8.3 Maria è immagine della Chiesa

La relazione di Maria con la Chiesa, secondo il Concilio, si esprime anche in un terzo modo: in lei, infatti, il popolo di Dio contempla la realizzazione di ciò che la Chiesa è e deve essere. Maria è l’immagine della Chiesa in quanto Vergine e Madre: anche la Chiesa, infatti, è madre quando “con la predicazione e il battesimo genera ad una vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio” (LG 64); ed è vergine, poiché “conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità” (LG 64). La vita della Chiesa, dunque, si attua in conformità alla figura di Maria, nella quale essa si rispecchia.

8.4 Maria è modello della Chiesa

In forza di quest’intimo rapporto tra la madre di Gesù e la Chiesa è possibile, per il Concilio, guardare a Maria come al “modello” per la vita dei credenti (LG 65). Tutta la vita di Maria è esemplare per chi vuole porsi alla sequela del suo Figlio: nella sua fede e nella sua disponibilità all’azione dello Spirito nell’Annunciazione (Lc 1,26-38), nel suo amore servizievole mostrato nella visita ad Elisabetta (Lc 1,39-45), nella sua preghiera gioiosa e riconoscente (Lc 1,46-55), nel suo ascolto silenzioso (Lc 2,16-51), nel suo coraggio di proclamare Dio vendicatore dei poveri (Lc 1,51-54), Maria ha realizzato ciò che ogni discepolo di Gesù deve realizzare.


[1] Gli otto capitoli potrebbero essere raggruppati in quattro coppie, che descrivono i diversi aspetti della comunità dei credenti. La prima coppia (capp.1 e 2), infatti, sottolinea soprattutto la dimensione soprannaturale e comunionale della Chiesa; la seconda (capp. 3 e 4) descrive la struttura della Chiesa visibile; la terza coppia (capp. 5 e 6) è centrata sulla santità alla quale sono chiamati tutti i credenti, di cui i religiosi rappresentano una particolare espressione; la quarta ed ultima coppia (capp. 7 e 8), infine, afferma la comunione che esiste tra i credenti che sono pellegrini sulla terra e coloro che sono già in Dio, tra i quali Maria è la primizia.
[2] La parola Mistero, compromessa da secoli di razionalismo moderno, non designa qui ciò che non si può razionalmente spiegare o quanto è momentaneamente inaccessibile alla nostra conoscenza logica. Mistero indica invece il disegno salvifico di Dio per l’umanità; e, in tal senso, il mistero per eccellenza è Gesù Cristo stesso. Affermando che la Chiesa è mistero, il Concilio invita pertanto a scorgerne la natura profonda nella sua relazione con Cristo, rivelatore del Padre e con-datore dello Spirito. È in quanto convocata e abitata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo e perché a servizio del disegno divino di portare a salvezza in Cristo l’umanità e il mondo, che la Chiesa è mistero. Commentava Henri de Lubac: «Il Cristo è il sole di giustizia, sorgente unica di luce. La Chiesa, come la luna, riceve da lui, ad ogni istante, tutto il suo splendore».
[3] La Chiesa non si identifica con il Regno di Dio: ne è Sacramento, ciò segno e strumento per realizzare il Regno: “la Chiesa di questo Regno costituisce in terra il germe e l’inizio” (LG,5).
[4] Da non dimenticare anche il concetto di “sensum fidei”: “l’universalità dei fedeli…non può sbagliarsi nel credere” (LG 12) in cose di fede e di morale
[5] Così sarà ad ottobre prossimo con il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione (all’interno dell’anno sulla fede).
[6] fondamentali acquisizioni: la pari dignità dei laici nella Chiesa Il popolo di Dio è unico, come unico è il Signore, unica è la fede e il battesimo. Comune è la dignità di tutte le membra derivante dalla loro rigenerazione in Cristo», LG 32);, la loro partecipazione al sacerdozio di Cristo, la caratteristica della secolarità. L’accento posto sulla dignità dei laici nella Chiesa va inquadrato e compreso a partire dalla plurisecolare egemonia clericale, che di fatto (e di diritto) riconosceva l’inferiorità e la passività del comune fedele, cioè del laico. L’impostazione del Vaticano II assume perciò un carattere decisamente innovativo, invitando a cogliere la distinzione clero-laicato come successiva e solo conseguente a ciò che primariamente unifica tutti i credenti, precisamente all’essere in Cristo.

[7] Diverse sono le forme di vita consacrata, che nella Chiesa si sono affermate sin dai primi secoli. Il Nuovo Testamento conosce già la figura di vergini dedite al servizio del Vangelo (At 21,8-9; 1 Cor 7,34-36). Nei primi secoli del Cristianesimo, poi, dopo che alcuni Padri avevano sperimentato la vita eremitica, a volte ritirandosi nel deserto, nella solitudine e nella rinuncia del mondo (S. Antonio abate, III sec.), il monachesimo cominciò a manifestarsi in una forma comunitaria e più istituzionalizzata, secondo le “regole” promulgate dai diversi fondatori dei gruppi monastici (S. Basilio, IV sec.; S. Benedetto da Norcia, V-VI sec.). Nel medioevo sorsero i cosiddetti “ordini mendicanti” (come i domenicani, i francescani, i carmelitani, ecc.), che compresero al loro interno laici e sacerdoti, e gli istituti dei “canonici regolari”, ossia di gruppi di sacerdoti dediti alla pastorale e praticanti la vita in comune, ispirata ad una regola monastica. Più recentemente sono sorti gli “istituti secolari” e le “società di vita apostolica”, in cui i fedeli, vivendo nel mondo, seguono i consigli evangelici, senza professare i voti, ma legandosi alla vita consacrata con altre forme di vincoli. La presenza di cristiani consacrati a questo tipo di vita rappresenta un valore importante per la Chiesa.

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