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sabato 11 gennaio 2014

La Chiesa condannò l’antisemitismo

piazza_san_pietro1Leggi razziali e Chiesa
tratto da un articolo di Andrea Tornielli, Il Giornale 17.12.08
La questione è complessa, densa di sfumature. Pio XI non è rimasto in silenzio, ma ha parlato pubblicamente contro il «Manifesto della razza». Il 15 luglio 1938, il giorno dopo la pubblicazione, durante un’udienza a delle suore, Papa Ratti dice: «Oggi stesso siamo venuti a sapere qualcosa di molto grave: si tratta, ora, di una vera apostasia». E aggiunge parole contro «quel nazionalismo esagerato, che ostacola la salvezza delle anime, che innalza barriere tra i popoli». Il 21 luglio, ricevendo in udienza gli assistenti ecclesiastici di Azione Cattolica, ritorna sulla questione: «Cattolico – dice il Papa – vuol dire universale, non razzistico, nazionalistico, separatistico». Queste ideologie – continua – finiscono «con il non essere neppure umane». Il 28 luglio rivolgendosi agli alunni di Propaganda Fide, Pio XI ribadisce: «Il genere umano non è che una sola e universale razza di uomini. Non c’è posto per delle razze speciali… La dignità umana consiste nel costituire una sola e grande famiglia, il genere umano, la razza umana».
La stampa cattolica imbavagliata
Negli ultimi mesi del 1938, dopo la promulgazione delle leggi razziali, la linea della Santa Sede è quella di cercare di attenuarne gli effetti, come dimostrano le trattative serrate e spesso tesissime, tra Vaticano e governo. La Civiltà Cattolica non condanna pubblicamente la legislazione antisemita, anche se in vari articoli pubblicati in precedenza aveva preso le distanze dalle teorie razziste. Il «silenzio» dell’autorevole rivista dei gesuiti è provocato da un decreto ministeriale che impone «la proibizione di pubblicare commenti sulla questione razziale divergenti dal senso del Governo nazionale». È il fascismo, dunque, a imbavagliare gli organi di informazione cattolici proibendo loro di intervenire contro il manifesto della razza e anche di rendere note le parole già pronunciate da Pio XI. L’8 agosto 1938 Montini, sostituto della Segreteria di Stato, informa il governo americano di questi provvedimenti, in modo che all’estero non si dica che il Vaticano e la stampa cattolica tacciono sui provvedimenti per pusillanimità o per complicità con il regime.
Azione concrete per contrastare l’antisemitismo
Dai documenti degli archivi vaticani risulta dunque che il Papa aveva fatto il possibile per evitare la promulgazione di leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei, e poi aveva tentato di limitarne gli effetti. In quei mesi la Santa Sede metterà in moto iniziative per aiutare gli ebrei discriminati, chiedendo attraverso le nunziature che fossero accolti in vari Paesi, come dimostrano i dispacci inviati dal Segretario di Stato Pacelli. Su input del cardinale Bibliotecario Mercati, il Papa sottoscriverà un appello in favore degli scienziati e degli studiosi che avevano perso il posto, chiedendo ai porporati d’oltreoceano di favorire il loro inserimento.

La legislazione antisemita e la Santa Sede

tratto da un articolo di Giovanni Sale S.I. pubblicato su La Civiltà Cattolica di settembre 2008 (articolo completo)
Le reazioni dei cattolici alle leggi razziali
La legislazione antisemita, in particolare quella sulla scuola, fu accolta dalla maggioranza degli italiani, in particolare dai cattolici, con vivo rincrescimento e a volte con rabbia; furono molte le lettere inviate in Vaticano da privati o da gruppi di persone e associazioni (anche non israelitiche), che invitavano le autorità ecclesiastiche e, in particolare, il Papa a intervenire presso il Duce in difesa degli «sventurati ebrei». «Desideriamo che il mondo sappia — scrive a Pio XI un gruppo di fascisti e cattolici di Reggio Calabria — che non siamo dei servi di un tiranno, ma che serviamo un’idea, per il nome di Dio e della Patria. Chi crede o s’illude d’avere in noi dei ciechi strumenti di ogni sua aberrazione, è bene che sappia che noi abbiamo la fierezza di dire no, e di non avanzare oltre le barriere della nostra fede». La lettera collettiva è firmata: «I fascisti d’Italia e figli Vostri e della Chiesa cattolica» (4).
Il ministro Alfieri vieta di pubblicare i discorsi antirazzisti del papa
Il giorno successivo all’adozione del decreto-legge sulla scuola, il 6 settembre Pio XI pronunciò un memorabile discorso contro il razzismo e contro l’antisemitismo: era la prima volta che ciò accadeva in modo così esplicito e diretto. Purtroppo esso non fu divulgato in Italia — infatti il 5 agosto il ministro Alfieri aveva dato disposizione ai prefetti di vietare che i discorsi del Papa contro il razzismo fossero pubblicati da riviste e giornali cattolici — e ciò avvantaggiò molto la causa razzista e diede l’impressione che il Papa, per motivi politici, non prendesse posizione su una materia così grave. Gran parte degli intellettuali cattolici, tra cui anche Dossetti, ne ebbero notizia leggendo le riviste cattoliche di oltralpe (5). Il celebre discorso fu tenuto a Castel Gandolfo, dove il Papa si trovava da tempo, davanti a un gruppo di pellegrini belgi, molti dei quali lavoravano nell’ambito delle comunicazioni. Il testo integrale, pubblicato dalla “Documentation Catholique”, fu stenografato da uno dei presenti, mentre il Papa parlava. Il quotidiano vaticano, “L’Osservatore Romano”, pubblicò il testo omettendo la parte riguardante gli ebrei, mentre la «cronaca contemporanea» della “Civiltà Cattolica” non ne fece menzione.
Le parole del papa sull’antisemitismo
Le parole del Papa sono riportate dalla rivista cattolica belga in modo abbastanza colorito: «A questo punto il Papa — è scritto — non riuscì a trattenere la sua emozione… ed è piangendo che egli citò i passi di Paolo che mettono in luce la nostra discendenza spirituale da Abramo [...]. L’antisemitismo non è compatibile con il sublime pensiero e la realtà evocata in questo testo. L’antisemitismo è un movimento odioso, con cui noi cristiani non dobbiamo avere nulla a che fare [...]. Non è lecito che i cristiani prendano parte all’antisemitismo. Noi riconosciamo che ognuno ha il diritto all’autodifesa e che può intraprendere le azioni necessarie per salvaguardare gli interessi legittimi. Ma l’antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti» (6). Le parole di condanna dell’antisemitismo pronunciate con voce commossa dal Papa erano forti e chiare.
Le prudenze della Segreteria di Stato
Su questa materia la Segreteria di Stato assunse un atteggiamento piuttosto prudente, pensando che in tal modo si potesse ottenere qualcosa di concreto a vantaggio degli ebrei, in particolare di quelli convertiti al cattolicesimo. Il p. P. Tacchi Venturi, fiduciario del Papa presso Mussolini, fu incaricato di trattare la delicata questione degli ebrei presso le autorità governative. Una Nota della Segreteria di Stato dell’8 settembre 1938 suggeriva al gesuita di attirare l’attenzione dell’autorità governativa soprattutto sugli ebrei battezzati e convertiti al cattolicesimo: «Non sarebbe equo — si chiedeva l’estensore — che, indipendentemente dall’origine, gli ebrei convertiti che hanno contratto in precedenza un matrimonio misto ai sensi del diritto canonico [...] fossero considerati cattolici e non già sempre e comunque ebrei sol perché tali erano i loro genitori?». Vale a dire, si chiedeva al Governo fascista di utilizzare come criterio discriminatorio non il dato biologico-razziale, ma quello religioso, cioè l’appartenenza a una determinata fede religiosa, in questo caso quella giudaica. Appare oggi imbarazzante per lo storico cattolico, soprattutto dopo le aperture del Concilio Vaticano II in tale materia, giustificare con categorie morali o religiose tale impostazione di pensiero e tal modo di procedere. Compito dello storico è però quello di ricostruire, per quanto è possibile oggettivamente, la vicenda storica, cercando di comprendere la mentalità e la cultura dei soggetti interessati, senza apriorismi di carattere ideologico. Secondo la cultura cattolica del tempo, anche se non tutti erano d’accordo con tale principio, sembrava che compito della Chiesa fosse quello di proteggere innanzitutto i propri fedeli, senza però in questo venir meno al senso di giustizia e di carità dovuti a tutti gli esseri umani.
Il papa critica Mussolini sull’antisemitismo in un messaggio
Alla luce di tale principio si capiscono meglio i successivi interventi dell’autorità ecclesiastica in questa materia. L’attività svolta dal p. Tacchi Venturi a favore degli ebrei non ebbe, come è noto, grande fortuna, anche perché Mussolini era fortemente determinato a portare avanti la sua politica razziale e, in questo settore, non voleva essere secondo all’alleato tedesco. In un’udienza del 9 settembre, cioè dopo i primi decreti-legge antiebraici, il Papa disse esplicitamente al gesuita di trasmettere a Mussolini il seguente messaggio: «Il Santo Padre come italiano si rattrista veramente di vedere dimenticata tutta una storia di buon senso italiano, per aprire la porta o la finestra a un’ondata di antisemitismo tedesco» (7). Due giorni prima, il 7 settembre, il p. Tacchi Venturi aveva comunicato al Duce che «il Santo Padre per notizie e informazioni purtroppo attendibili è molto preoccupato che questo aspetto o parvenza di antisemitismo che si dà alle disposizioni prese in Italia contro gli ebrei, non abbia a provocare da parte degli ebrei di tutto il mondo delle rappresaglie forse non insensibili all’Italia» (8). [...]
I rapporti deteriorati
Fatto sta che, a partire dalla pubblicazione del Manifesto della razza, i rapporti tra il Governo italiano e la Santa Sede, o meglio tra Mussolini e Pio XI — nonostante la firma di un «patto di pacificazione» (16 agosto 1938) — andarono gradatamente deteriorandosi, tanto che il Duce disse in privato che quel Papa rappresentava una rovina per l’Italia e per la Chiesa. La stampa internazionale, da parte sua, amplificò in modo caricaturale tale antagonismo, fino a ipotizzare un possibile abbandono della Città Eterna e dell’Italia da parte del Papa: «A seguito del recente conflitto di idee — scriveva alla Segreteria di Stato il Nunzio a Parigi, mons. V. Valeri — che si è manifestato tra le autorità del regime fascista italiano e la Santa Sede a proposito del razzismo, alcuni organi di stampa francese, la quale ha seguito largamente da vicino l’episodio, si sono spinti sino a prevedere nientemeno la possibilità futura di un esilio del Papato da Roma, e, più frequentemente, la nomina di un pontefice non italiano» (10). Tale fatto, riportato anche dal quotidiano cattolico parigino “La Croix”, dà la misura della serietà del conflitto esistente tra il Governo fascista e la Santa Sede a motivo della questione razziale e della legislazione antiebraica, universalmente condannata dai cattolici.

Note
(4) Cfr Archivio Segreto Vaticano – Affari Ecclesiastici Straordinari (ASV-AAEESS), Italia, 1054, 730, 23. La lettera è datata 2 agosto 1938.
(5) Cfr E. Fattorini, Pio XI, “Hitler e Mussolini. La solitudine di un Papa”, Torino, Einaudi, 2007, 182.
(6) “La Libre Belgique”, 14 settembre 1938. Su tale materia si veda Y. Chiron, “Pie XI”, Paris, Perrin, 2004, 375 s; cfr G. Miccoli, “I dilemmi e i silenzi di Pio XII”, Milano, Rizzoli, 2000, 309.
(7) ASV-AAEESS, Italia, 1.054, 727, 45.
(8) Ivi, 46.
(10) Ivi, 730, 36.

Pio XI e l’antisemitismo

tratto da “Antigiudaismo o antisemitismo? Le accuse alla Chiesa e La Civiltà Cattolica”, di Giovanni Sale in La Civiltà Cattolica 2002 pp. 419-431 (articolo completo)
Già nel 1928 un decreto del Sant’Uffizio, per esplicito desiderio del Pontefice, condannò esplicitamente le moderne teorie antisemite, deprecando con forza «l’odio diffuso [dal nazismo] contro un popolo già eletto da Dio, quell’odio cioè che oggi volgarmente suole designarsi antisemitismo»(20). Ma soltanto a partire dal 1937 assistiamo a un vero e proprio cambiamento di rotta in Vaticano sulla percezione del problema ebraico. Il Papa negli anni precedenti era stato completamente assorbito dalla dolorosa questione della persecuzione contro la Chiesa cattolica da parte dei nazisti, iniziata già all’indomani della firma del Concordato con il Reich nel 1933. Sottoscrivendo quell’accordo la Santa Sede sperava di porre qualche limite allo strapotere del regime (che già iniziava ad assumere caratteri anticristiani), almeno nelle questioni religiose o in quelle concernenti l’istruzione e la formazione dei giovani.
L’enciclica Mit brennender Sorge
Nell’enciclica Mit brennender Sorge (14 marzo 1937) diretta ai vescovi tedeschi — redatta nella parte dottrinale dal card. Faulhaber, arcivescovo di Monaco, e in quella concernente le denunce sulle violazioni del Concordato dal card. Pacelli, a quel tempo Segretario di Stato — Pio XI condannò il nazionalismo esasperato e il culto della razza, nonché le aberrazioni del nazismo e le dottrine anticristiane da esso sostenute. In essa si leggono, a questo proposito, parole molto forti: «Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti»(21), e subito dopo: «Solamente spiriti superficiali possono cadere nell’errore di parlare di un Dio nazionale, di una religione nazionale e intraprendere il folle tentativo di imprigionare nei limiti di un solo popolo, nelle ristrettezze etniche di una sola razza, Dio creatore del mondo, re e legislatore dei popoli»(22). L’enciclica denuncia, poi, senza mezzi termini le cosiddette «rivelazioni arbitrarie che alcuni banditori moderni vorrebbero far derivare dal così detto mito del sangue e della razza», e minaccia l’ira divina contro «colui» [cioè Hitler] che predica o permette che siano predicate tali aberranti dottrine(23).
“siamo spiritualmente semiti”
Il Papa, inoltre, durante un’udienza concessa agli operatori belgi delle radio cattoliche, nel settembre 1938, con le lacrime agli occhi per l’emozione, pronunciò, in modo informale, alla fine del suo discorso(24) la celebre frase: «L’antisemitismo è inammissibile. Noi siamo tutti spiritualmente semiti». Qualche mese prima, il 29 luglio, nella residenza pontificia di Castelgandolfo, rivolgendosi agli alunni del Collegio romano di Propaganda Fide, disse: «Il genere umano non è che una sola e universale razza di uomini. Non c’è posto per delle razze speciali […]. La dignità umana consiste nel costituire una sola e grande famiglia, il genere umano, la razza umana. Questo è il pensiero della Chiesa». Il messaggio del Papa fu molto criticato dalla stampa tedesca; esso fu considerato contrario alla cultura e alla dignità della Germania nazista, poiché negava l’esistenza di «razze speciali», e fu accolto dai capi del nazismo come un’aperta dichiarazione di guerra da parte del Papato contro il nazionalsocialismo.
L’eciclica antirazzista mai pubblicata
Nel giugno dello stesso anno Pio XI aveva dato l’incarico allo statunitense p. John Lafarge (che fu aiutato in quest’opera da due suoi confratelli gesuiti: il tedesco p. G. Gundlach e il francese p. G. Desbuquois) di scrivere una bozza di enciclica contro il razzismo, che il Papa avrebbe poi emanato. Lo schema fu discusso con Pio XI, a quel tempo già molto malato, e da lui approvato. Il documento che ci è pervenuto, e che è stato anche pubblicato(25), si può perciò dire che corrisponda in linea di massima al progetto originario voluto dal Papa. Gli studiosi considerano in due modi opposti quest’enciclica mai emanata (che probabilmente avrebbe avuto come titolo Humani generis unitas), poiché il Pontefice morì nel febbraio 1939, ed essa non piacque ad alcuni superiori gesuiti che la ebbero in esame, compreso il Generale. Secondo alcuni(26), essa riproponeva i vecchi modelli «dell’antisemitismo cattolico» e della cosiddetta «segregazione amichevole», in ogni caso non rispondeva alle urgenze del tempo e alla gravità del momento. Secondo altri invece(27), essa avrebbe segnato un punto importante nella storia del magistero pontificio: per la prima volta in un documento solenne della Chiesa l’antisemitismo razzista sarebbe stato condannato, e questo avrebbe alla lunga indebolito il tradizionale antigiudaismo cattolico(28). Secondo noi invece il progetto di enciclica raccoglieva in sé ambedue le istanze, frutto anche della mentalità delle persone che la redassero: quella tradizionale, che ripeteva i soliti temi dell’antigiudaismo religioso(29), e quella più moderna, più vicina alla sensibilità di Papa Ratti, tendente alla denuncia pubblica dell’antisemitismo razziale(30).
L’enciclica di Pio XII paracadutata dagli alleati sui territori nazisti
Il nuovo Pontefice, Pio XII, non pubblicò l’enciclica, che era ancora in elaborazione. Ma ciò non significa che egli non fosse sensibile ai problemi da essa affrontati. Era stato Segretario di Stato del suo Predecessore e ne aveva condiviso tutte le più importanti e coraggiose iniziative di governo. Nel frattempo però era cambiato il contesto storico-politico nel quale l’enciclica era stata pensata (Hitler si preparava a occupare la Polonia): il problema grave da risolvere era ormai quello della guerra da evitare e in particolare quello di limitarne i danni. Il Papa nella sua prima enciclica, Summi Pontificatus (20 ottobre 1939), indicava ai credenti un nuovo modello di società cristiana da realizzare, fondata sul diritto naturale e sul rispetto di tutti gli uomini indipendentemente dalla loro nazionalità o razza. L’enciclica in realtà era capita e interpretata dai suoi contemporanei come un atto di condanna di ogni forma di totalitarismo. I capi nazisti compresero che il documento pontificio era una forte denuncia contro la loro politica di aggressione e di violazione dei diritti umani e, per questo motivo, ne impedirono la diffusione nel Reich. Migliaia di copie però furono paracadutate in Germania e in Polonia dagli Alleati: e questo dice molto sul valore che essi attribuivano al documento pontificio. Lo stesso Pio XII chiese alla nostra rivista di tener presente negli articoli di commento «gli errori condannati dall’enciclica, in particolare si difenda l’unità del genere umano contro i razzismi, e la dipendenza dello Stato dalla legge morale»(31).
La Chiesa ha sempre condannato l’antisemitismo razziale
In conclusione, va detto chiaramente che la Chiesa non intende nascondersi dietro definizioni di comodo o strumentali, quale sarebbe, secondo alcuni studiosi, la distinzione tra antigiudaismo e antisemitismo, per non riconoscere le proprie responsabilità nei confronti degli ebrei. Al contrario, essa non ha difficoltà ad affermare che l’antigiudaismo professato da molti cattolici durante i secoli ha fortemente contribuito alla discriminazione delle comunità ebraiche della diaspora — condannandole a una forma spesso disumana di segregazione e di aperta discriminazione sociale — e quindi a chiedere perdono per gli errori commessi dai suoi figli contro i loro «fratelli maggiori», come del resto Giovanni Paolo II ha già fatto a Gerusalemme davanti al Muro del Pianto. Ma gli storici non possono addossare alla Chiesa responsabilità di fatti (come l’antisemitismo razziale) che non ha commesso e che anzi ha combattuto e condannato.

Note:
20 Ivi, 338.
21 «Lettera enciclica di S. S. Pio XI sulle condizioni della Chiesa cattolica nel Reich germanico», in AAS 29 (1937) 145-147 e in Civ. Catt. 1937 II 196.
22 Ivi, 197.
23 Ivi, 200. Sono note le vicende sulla divulgazione di questa enciclica, che fu stampata di nascosto contemporaneamente in sette tipografie ubicate in altrettante città della Germania e letta dai pulpiti delle chiese nella stessa domenica. Le copie ancora in commercio furono immediatamente confiscate dal regime, che protestò energicamente in Vaticano. A questo proposito si legge nel nostro Diario delle consulte: «Il Santo Padre passò a parlare delle vicende religiose e politiche in Germania per effetto della recente Enciclica che riguarda quei fedeli e della inconcepibile pretesa espressa nella protesta diplomatica del Governo del Reich, che dalla Santa Sede non si sarebbe davvero dovuto fare quel passo, senza preavvisarne il Governo» (ACC, Diario delle consulte, 12 maggio 1937).
24 La frase pronunciata dal Papa alla fine dell’udienza in modo informale, non essendo riportata nel testo ufficiale che il Pontefice lesse ai pellegrini, non fu poi riportata dall’Osservatore Romano né dalla Civiltà Cattolica. Alcuni studiosi hanno costruito su questo fatto leggende a dir poco fantasiose. La celebre frase del Papa, subito divulgata dai pellegrini (poi accuratamente riportata nel suo diario dal capodelegazione belga), fece immediatamente il giro del mondo. E ciò dispiacque molto ai nazisti.
25 Cfr G. PASSELECQ – B. SUCHECKY, L’enciclica nascosta di Pio XI, Milano, Corbaccio, 1997. Su questa materia si veda G. MICCOLI, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Milano, Rizzoli, 2000, 312-324.
26 Cfr D. KERTZER, I Papi contro gli ebrei…, cit.; M. PHAYER, La Chiesa cattolica e l’Olocausto, cit.; R. TARADEL, «L’antisemitismo ci fu. Perché nasconderlo?», cit.
27 Cfr G. MICCOLI, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, cit., 312-324; R. MORO, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna, il Mulino, 2002, 88.
28 Secondo G. Miccoli la novità di questo progetto di enciclica, rispetto alla Mit brennender Sorge, sta nel fatto che nel primo non si condanna soltanto il razzismo neopagano e anticristiano, ma l’antisemitismo in genere. Nel progetto di p. Lafarge si dice chiaramente che il razzismo è un puro pretesto per perseguitare gli ebrei: «Risulta chiaramente che la lotta per la purezza della razza finisce coll’essere unicamente la lotta contro gli ebrei» (G. PASSELECQ – B. SUCHECKY, L’enciclica nascosta di Pio XI, cit., 284).
29 Si legge nel progetto di enciclica su questo punto: «La pretesa questione giudaica nella sua essenza non è una questione né di razza, né di nazione, né di nazionalità terrena, e neppure di diritto di cittadinanza fra gli Stati. È una questione di religione» (ivi, 243).
30 Significative sono le ultime parole che Pio XI, un mese prima della morte, disse al direttore della nostra rivista. Come in una profezia esse annunciavano alla Chiesa l’avvento di giorni tristi e bui in un mondo devastato dalla guerra totale: «Il Santo Padre si intrattenne a parlare sui giorni cattivi che corrono per la religione, in particolare nella Polonia colpita dalla recente morte del cardinale A. Kakowski, nella Germania dove la persecuzione rinverdisce sempre più, e in Italia nella quale si procede con poca lealtà da parte del Governo su una via cattiva» (ACC, Diario delle consulte, 3 gennaio 1939).
31 Ivi, 30 ottobre 1939.

[Fonte: Documentazione.info]

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