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sabato 23 maggio 2015

Indulgenze (secondo papa Francesco)

Le indulgenze di Francesco sono diverse

CARLO MOLARI, in “Rocca” n. 10 del 15 maggio 2015
Il Giubileo come si è sviluppato nella tradizione cristiana occidentale dal 1300 (Bonifacio VIII) in avanti è stato sempre connesso con la struttura penitenziale e con la pratica delle indulgenze.
Il termine indulgenza ha un significato affine a quello di misericordia, ma nell'uso ecclesiale ha acquistato un particolare significato giuridico connesso alla remissione delle pene relative al male morale e alla necessaria soddisfazione da offrire a Dio in riparazione dei peccati umani.
Questa terminologia giuridica oggi appare inadeguata e improponibile. Per questo Papa Francesco nella Bolla di indizione del prossimo Giubileo straordinario (titolo: Misericordiae Vultus) introduce il tema della indulgenza con omissioni molto significative e con una sensibilità nuova. In particolare non si richiama più alla Chiesa quale «ministra di redenzione che dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi» come invece faceva ancora il Catechismo della Chiesa cattolica (1992) quando nel capitolo sul Sacramento della penitenza e della riconciliazione per esporre la dottrina sulle indulgenze riassume la Costituzione apostolica di Paolo VI, Indulgentiarum doctrina, Normae(1 gennaio 1967, AAS 59 (1967) 21) (CCC 1471-1479).
Soddisfazione
Nel diritto romano la 'soddisfazione' sostituiva il pagamento di un debito: il creditore liberava il debitore che aveva fatto tutto ciò che gli era stato possibile (satis facere, fare abbastanza). Nello sviluppo successivo soprattutto nel diritte germanico il termine indicava il compenso ulteriore richiesto oltre la riparazione della ingiustizia per compensare i danni derivati o la sofferenza inferta.
Nella tradizione cristiana questo concetto è stato applicato al rapporto fra Dio e l'uomo sia nella riconciliazione sacramentale sia nella soteriologia. Nel primo caso indica il coinvolgimento personale del peccatore, che con atti di penitenza esprime l'efficacia salvifica della grazia accolta. Nella soteriologia significa il gesto d'amore con cui Gesù ha offerto la sua sofferenza a Dio come 'compenso' e 'riparazione' delle offese dei peccati. Già Tertulliano (160-220), retore e giurista nordafricano formato a Roma, aveva sviluppato la teologia cristiana della penitenza sull'assioma: «o soddisfazione o pena». Scriveva: «Tu l'hai offeso, ma puoi ancora riconciliarti con lui. Hai a che fare con uno che accetta una soddisfazione, anzi la desidera » (La Penitenza, 7,14). Nella cristologia l'uso del termine soddisfazione è antico ma solo con Anselmo di Aosta ha acquistato un valore sistematico ed è diventato comune. Gesù nella sua morte non solo avrebbe riparata l'offesa fatta a Dio con le trasgressioni delle leggi morali ma con la sua sofferenza innocente avrebbe anche offerto al Padre una soddisfazione proporzionata ai peccati degli uomini. Successivamente questa soddisfazione è stata detta vicaria, in quanto offerta per conto o al posto di altri cioè di tutti i peccatori. L'indulgenza costituiva l'offerta al peccatore in determinate circostanze e a debite condizioni di un supplemento di grazia ricorrendo al «tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi» (CCC 1471).
Significati nuovi e dottrine precisate
Tutto questo non appare nella Bolla di Papa Francesco. Vi scrive: «Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l'impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità, a crescere nell'amore piuttosto che ricadere nel peccato» (ib. n. 22) Il concetto di peccato che soggiace a questa impostazione è quello espresso nella Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II: «Il peccato è una diminuzione per l'uomo stesso impedendogli di conseguire la propria pienezza» (Vaticano II GSp 13). Al peccato così concepito non consegue una pena da subire, ma un danno da riparare. Dio non punisce i peccati, ma offre perdono. La riparazione infatti non consiste in una soddisfazione da offrire a Dio, bensì in una Parola misericordiosa da accogliere, in una dinamica vitale in cui inserirsi, in un dono dello Spirito da interiorizzare. Annullare il disordine provocato dal peccato non è un atto giuridico, bensì un processo vitale, che non si realizza in un istante come un atto giuridico, ma si sviluppa attraverso scelte e richiede tempo come tutti i fenomeni della vita.
La riparazione del peccato consiste nell'accoglienza delle offerte vitali che Dio continua a rinnovare al peccatore attraverso i rapporti vissuti all'interno della comunità ecclesiale e con le esperienze suscitate dallo Spirito del Risorto perché «la giustificazione è dono che si riceve, non un traguardo che si conquista» (Cei,La verità vi farà liberi, n. 710, Vaticano 1995 n. 708). Il testo della Bolla prosegue ricordando la Comunione dei santi e il dinamismo che nella Chiesa mette in comunione tutti i suoi membri: «Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santità di altri. Vivere dunque l'indulgenza nell'Anno Santo significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perché il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l'amore di Dio. Viviamo intensamente il Giubileo chiedendo al Padre il perdono dei peccati e l'estensione della sua indulgenza misericordiosa».
Il richiamo alla Comunione dei santi in questo contesto significa che nella Chiesa vi è un intreccio continuo di scambi vitali. Possiamo riassumere dicendo che il Giubileo convoca la Chiesa a due atti convergenti: il primo ad accogliere dai fratelli e dalle sorelle la misericordia di Dio per i propri peccati, il secondo ad esercitare la misericordia in nome di Dio con atti di amore gratuito nei confronti dei peccatori. Il soggetto di questa attività è la Chiesa intera il popolo di Dio in cammino nella storia (i termini 'Madre' e 'Sposa di Cristo' in questo contesto sono forse poco opportuni). La memoria dei santi del passato costituisce uno stimolo per un'azione coerente ed efficace per tutti i fedeli (santi) ora viventi. Significativo in questo senso è anche il mancato riferimento nella Bolla ai defunti cui «applicare le indulgenze», come ancora scriveva il Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1471).
Da completare e precisare meglio sarebbe la modalità con cui la Chiesa opera la remissione dei peccati. Il termine Chiesa in questo punto della Bolla sembra riferirsi solo alla struttura gerarchica e non al Popolo di Dio. Conseguentemente anche la formula con cui conclude il numero è incompleta. Scrive Papa Francesco: «Viviamo intensamente il Giubileo chiedendo al Padre il perdono dei peccati e l'estensione della sua indulgenza misericordiosa» (ib.). Coerentemente si dovrebbe aggiungere «comunicando alle sorelle e ai fratelli con atti di indulgenza e di misericordia l'energia redentrice accolta». A tutti i fedeli è chiesta un'attività misericordiosa per rendere possibile il cammino verso la maturità delle persone e verso le forme nuove di giustizia, di fraternità e di pace. Tutti nella Chiesa sono chiamati a diffondere dinamiche di vita a coloro che incontrano. Il Giubileo in questa luce è la convocazione del popolo di Dio a sviluppare più intensamente la sua azione misericordiosa in modo da contrastare il molto male che si opera e si diffonde nella Chiesa e nel mondo intero, per annullarne le gravi conseguenze. Il Giubileo richiama la necessità di invocare e accogliere la misericordia divina e moltiplica le occasioni di esercizio della missione che tutti i fedeli hanno di esercitare «il ministero della riconciliazione», secondo l'espressione di Paolo (2 Cor. 5, 18 s.). La formula mediazione della Chiesa della Bolla dovrebbe essere quindi intesa nel senso del coinvolgimento di tutti i fedeli quali soggetti attivi dell'offerta del perdono dei peccati. Il Giubileo esprime la convocazione ecclesiale per annullare le conseguenze dei molti peccati dei fedeli e di tutti gli uomini. Indulgenza è l'accoglienza della misericordia di Dio che in noi diventa impegno di conversione, stimolo di rinnovamento, superamento del male e insieme missione di redenzione, sviluppo di dinamiche di comunione e di fraternità. Quando si diventa consapevoli del peccato e delle sue conseguenze, ma nel contempo si è certi dell'amore misericordioso di Dio che ci insegue, ci avvolge e ci alimenta, ci poniamo di fronte a Lui per lasciarci penetrare dalla sua parolai azione, che in noi fiorisce in novità di vita e diventa gesto nuovo di perdono.
A parte i pochi residui della terminologia giuridica, la Bolla costituisce un notevole passo avanti anche in ambito dottrinale soprattutto in rapporto alla soteriologia e alla teologia delle indulgenze.

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