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mercoledì 1 maggio 2013

Possedere la verità? Risposta ai relativisti…

29 aprile, 2013 http://www.uccronline.it/2013/04/29/possedere-la-verita-risposta-ai-relativisti/

La veritàPretendere di possedere la verità…questo è un tema molto discusso in questo periodo storico di dominio relativista, ed è bene un piccolo chiarimento. «È necessario che chiunque abiti una fede non pensi di possedere la verità, e per giunta assoluta». Così l’invidioso Umberto Galimberti minaccia i cristiani. Ma, il filosofo del plagio, non sa che ha completamente ragione.
Lo spiega bene Enzo Bianchi, teologo (seppur, a volte, sui generis): «è assolutamente insensato pensare di possedere la verità. Per l’autentica fede cristiana, infatti, quella consegnataci dalle Scritture e dalla grande Tradizione, la verità è una persona, Gesù Cristo (cf. Gv 14,6), colui che ha narrato Dio (exeghésato: Gv 1,18): è una verità che sempre ci precede; una verità che, se mai, ci possiede, ci chiama fuori da noi stessi aprendoci al dialogo con tutti gli uomini e le donne in ricerca».
Enzo Bianchi si ispira certamente alle profonde parole di Benedetto XVI del settembre scorso: «come si può avere la verità? Questo è intolleranza! L’idea di verità e di intolleranza oggi sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui è meglio non fare ricorso. Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. E’ la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi. Come nessuno può dire: ho dei figli – non sono un nostro possesso, sono un dono, e come dono di Dio ci sono dati per un compito – così non possiamo dire: ho la verità, ma la verità è venuta verso di noi e ci spinge. Dobbiamo imparare a farci muovere da lei, a farci condurre da lei. E allora brillerà di nuovo: se essa stessa ci conduce e ci compenetra».
Questo indica che è falso sostenere -come impone oggi il religiosus political correctness!- che tutte le religioni sono uguali e non è possibile nemmeno mettere cattolicesimo e altre confessioni sullo stesso piano, nell’ottica di un “supermercato delle religioni” in cui ognuno prende e prova il prodotto che più gli aggrada. Nessun altro uomo ha preteso di dire: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 1-6), o quest’uomo è completamente pazzo oppure è quel che dice di essere. Occorre prendere posizione, lo diciamo ai tanti fans laici di Gesù. Molto più radicalmente il teologo Giussani scriveva: «se c’è un delitto che una religione può compiere è quello di dire “io sono l’unica strada”. E’ esattamente ciò che pretende il cristianesimo. Non è ingiusto sentirsi ripugnare di fronte a tale affermazione. Ingiusto sarebbe non domandarsi il motivo di tale pretesa» (All’origine della pretesa cristiana, pag. 31).
Solo in Cristo c’è la salvezza e solo la Chiesa cattolica, guidata dalla successione apostolica, custodisce la piena verità su Cristo. Questa pretesa va totalmente distinta da un’affermazione di intolleranza, anche se oggi viene purtroppo percepita così. Occorre stare attenti alla retorica multiculturalista perché, lo ha spiegato Benedetto XVI, «un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo. Mentre su quest’ultima un vero dialogo non è possibile senza mettere fra parentesi la propria fede, occorre affrontare nel confronto pubblico le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo». Da questo punto di vista il dialogo culturale con le altre religioni, una mutua correzione e un arricchimento vicendevole, sono una preziosità infinita.

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