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giovedì 19 novembre 2015

Vatileaks 2! Alcune riflessioni

vatileaks 2000 anni fa (colored)
Il mese di novembre non si è aperto solo con il ricordo dei Santi e dei defunti, ma quasi come contraltare, con lo scandalo dei documenti trafugati dal Vaticano (Vati-leaks) e dei due libri che, con quei documenti, sono stati scritti da due giornalisti, libri che pescano nel torbido mondo degli affari e degli affaristi che circolano (o vivono) in Vaticano[1].
Papa Francesco, con la sua peculiare parresia (= coraggio e chiarezza), ha voluto commentare l’episodio nell’angelus dell’8 novembre con queste parole:
Cari fratelli e sorelle, so che molti di voi sono stati turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati.
Per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. E’ un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene, e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare dei frutti, anche alcuni visibili.
Perciò voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi. Sì, con il sostegno di tutta la Chiesa, perché la Chiesa si rinnova con la preghiera e con la santità quotidiana di ogni battezzato.
Quindi vi ringrazio e vi chiedo di continuare a pregare per il Papa e per la Chiesa, senza lasciarvi turbare ma andando avanti con fiducia e speranza.
Aveva già replicato in forma indiretta allo scandalo ben orchestrato e pubblicizzato ( a cui ha dato man forte la notizia dei due “corvi” arrestati dalla gendarmeria vaticana proprio in prossimità dell’uscita dei due libri) con un passaggio dell’omelia mattutina della Messa di Santa Marta del 6 novembre nella quale ribadisce quanto sia “triste vedere vescovi e preti attaccati ai soldi”:
Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”.
Il cristiano è chiamato a servire e non a servirsi degli altri. Se non si mette al servizio, la Chiesa diventa affarista e snatura la sua identità: “non potete servire Dio e il denaro”, dice Gesù. Altrimenti si diventa uomini dalla doppia vita che, dice ancora Papa Francesco, predicano la povertà, ma vivono come faraoni[2].
Gli autori del libro esprimono profonda stima nei confronti del Papa e ritengono di poterlo aiutare nel suo processo di riforme facendo venire a galla il marcio che c’è nella Chiesa. Il sospetto, oltre a quello che loro cercano prima di tutto popolarità e successo economico, è che, così facendo, si mostri una Chiesa in toto corrotta, col solo Papa impegnato in una lotta impossibile contro tutti. Certo non viene sminuita la figura di Papa Francesco, ma condannata la Chiesa come organizzazione solo umana, in mano ad affaristi e ladri, che utilizza anche la carità per i suoi biechi interessi. Gettando solo fango, cosa ne resterà? Nella mente della gente rimane l’equazione: Chiesa= ricchezza e disonestà. Cosa importa se le accuse risultano senza fondamento? Se gli “inquisiti” provano a contraddire i fatti descritti? Chi li ascolta?
Viene in mente la denuncia sferzante che Gesù fa agli scribi del suo tempo (e che viene riproposta nella domenica seguente il bombardamento mediatico): «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, "avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa» (Mc 12,38). Come non attualizzare questa dissacrante descrizione sostituendo gli autorevoli scribi con vescovi e curiali, con politici e uomini d’affari. Eppure Gesù non si ferma alla critica, ma pone subito dopo un esempio positivo per ricordarci che lo Spirito è sempre in azione, che la bontà e la fede non vengono meno, che “le tenebre non prevarranno”: è quello della povera vedova che getta i suoi due spiccioli, quanto aveva per vivere, nel tesoro del Tempio e che viene notata solo da Gesù che la pone quale esempio da seguire.
La Chiesa siamo noi, e tra noi non c’è solo la ricerca di potere, di ricchezze, ma anche tanta santità nascosta, il servizio umile di tante persone. Il rischio è quello di essere frastornati dall’albero che cade e dimenticare che attorno cresce, nel silenzio, una foresta intera.
P. Stefano Liberti

Vignetta di Gioba: http://www.gioba.it/?p=2233



[1] “Avarizia”, di Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi nel libro “Via Crucis”.
[2] Cfr. l’intervista concessa dal Papa il 6 novembre 2015 al giornale di strada olandese Straatnieuws - traduzione di Radio Vaticana, http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/papa-intervista-giornale-di-strada-olandese.aspx

1 commento:

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