domenica 19 aprile 2015

Divorzio sì o no. Il biblista duella col monaco

angelico
L’interpretazione che il monaco camaldolese Guido Innocenzo Gargano, valente studioso della Sacra Scrittura e dei Padri, ha proposto delle parole di Gesù sul matrimonio nel Vangelo di Matteo, non cessa di sollevare discussioni, per la sua novità e originalità:
Questo blog ha già dato spazio a due repliche, una critica e una favorevole, e a una testimonianza:
Ma ora anche un biblista spagnolo reagisce alle tesi di padre Gargano.
È Luis Sánchez Navarro, professore ordinario di Nuovo Testamento presso l’Università San Dámaso di Madrid.
In un suo libro uscito in questi giorni in Italia – primo di una collana che l’editore Cantagalli ha inaugurato sui temi del sinodo sulla famiglia –, nella sezione sui brani di Matteo sul matrimonio, Sánchez Navarro tiene a precisare che il pensiero di Gesù “non scaturisce dall’ideologia di una determinata corrente giudaica del I secolo, come sostiene, senza la sufficiente dimostrazione, un autore recente”.
L’autore al quale Sánchez Navarro allude è precisamente padre Gargano, il quale in effetti dice di derivare la sua interpretazione “dall’ipotesi di una appartenenza di Gesù di Nazaret alla corrente degli Enochichi con particolare riferimento ai cosiddetti Esseni Moderati”, una corrente che sosteneva un particolare rapporto “tra le due leggi ritenute allora fondamentali in Israele: quella inscritta nelle stelle e quella inscritta nelle tavole mosaiche”.
Sulla base di questa ipotesi padre Gargano arriva a sostenere che Gesù, anche quando afferma che “l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”, non per questo cancella la condiscendenza dello stesso Dio per la “durezza del cuore” del suo popolo, al quale Mosè aveva concesso il divorzio.
Sánchez Navarro non condivide questa esegesi, che apre la strada all’ammissione del divorzio e alla comunione per i divorziati risposati.
E nel brano che segue, tratto dal suo libro, mostra come per Gesù l’indissolubilità del matrimonio non ammette eccezione alcuna, nemmeno quella che si potrebbe intravedere nel famoso inciso matteano: “eccetto in caso di ‘porneia’”.
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“PORNEIA”: UN’ECCEZIONE ALL’INDISSOLUBILITÀ?
di Luis Sánchez Navarro
Ai nostri giorni il divorzio è presentato a volte come un’esigenza della misericordia. Questa prospettiva è estranea a Gesù. Il suo messaggio è in direzione opposta: solo chi dimentica la misericordia (Mt 9,13; 12,7), chi tiene il suo cuore lontano da Dio (15,8) , chi disprezza l’alleanza con Dio (16,4), chi ha un cuore duro (19,8) può contemplare la possibilità di ripudiare la sua sposa, per qualunque ragione (cf. 19,3 “per qualsiasi motivo”).
Questa dottrina di Gesù è riconosciuta anche da alcuni teologi protestanti che, al giorno d’oggi, giustificano il divorzio come un “male minore”. È significativa la seguente affermazione di Gordon Wenham: “Mi vedo pertanto indotto a concludere che a volte la chiesa può, con un peso nel cuore, dover sancire il divorzio tra i suoi appartenenti. Ma non dovremmo smettere di segnalare che ciò è contrario all’insegnamento di nostro Signore”.
Ma la “porneia”? Il principale testimone dell’insegnamento di Gesù sul matrimonio, il vangelo di Matteo, non ammette forse – per ben due volte! – un’eccezione all’indissolubilità?
In effetti, due passi del primo vangelo presentano un inciso, ossia una parentesi, con un’eccezione al criterio ivi enunciato. Mt 5,32: “Chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di ‘porneia’, la espone all’adulterio”. Mt 19,9: “Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di ‘porneia’, e ne sposa un’altra, commette adulterio”.
Come interpretare, dunque, questo termine? Alla luce di altri testi del Nuovo Testamento, emerge la ragionevole possibilità di intendere “porneia” come “relazione sessuale illecita”, vale a dire: una unione in apparenza matrimoniale, ma inficiata alla sua radice da una circostanza che impedisce la nascita di un vero matrimonio; fa riferimento alle norme di Levitico 17-18 riguardanti il matrimonio tra parenti prossimi, che nei gradi ivi indicati era considerato incestuoso e pertanto illegittimo. Cosicché qui “porneia” è un tecnicismo, equivalente alla parola ebraica “zenût” (anche etimologicamente “prostituzione”) che nella letteratura rabbinica designa il matrimonio non valido perché contratto da due persone interessate dagli impedimenti di consanguineità o affinità descritti in questi capitoli del Levitico.
Un’altra osservazione: se “porneia” significasse adulterio, allora ne conseguirebbe che Matteo considera adulterio il divorzio e il successivo matrimonio degli sposi che fino ad allora sono stati fedeli, mentre quelli che hanno commesso adulterio nel loro primo matrimonio non sarebbero considerati adulteri contraendo seconde nozze dopo il divorzio. Questo è semplicemente assurdo. Per citare un famoso esegeta americano: “Sembra uno strano castigo per la fedeltà e una strana ricompensa per l’adulterio”.
Non è ragionevole, infine, che il divorzio, drasticamente respinto da Gesù secondo Marco (Mc 10,11-12) e Luca (Lc 16,18), sia ammissibile secondo Matteo a determinate condizioni. Se esiste un motivo per giustificare il divorzio, dovremo ammettere una contraddizione di fondo nelle fonti evangeliche, e concludere che il primo vangelo ha reso invalida la proibizione di Gesù. Ne consegue che anche il contesto canonico impedisce di interpretare “porneia” come adulterio.
Cosa pensa dunque Gesù della comunione ai divorziati risposati? Nella disputa intorno al divorzio Gesù non si schierò a favore di Hillel o di Shammai, come forse pretendevano i farisei che lo misero alla prova. Offrì, invece, una risposta nuova per il suo contesto culturale, in piena fedeltà alla rivelazione originaria.
Gesù ha un pensiero originale che scaturisce, non dall’ideologia di una determinata corrente giudaica del I secolo (come sostiene, senza la sufficiente dimostrazione, un autore recente), ma dalla sua unione con il Padre: “Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me” (Gv 12,50). Questa unione gli conferisce una lucidità incomparabile per scoprire nella sacra Scrittura la volontà di Dio.
I primi capitoli della Genesi acquistano così un’inattesa densità di significato, e conducono a un dato evidente: il matrimonio è indissolubile, il divorzio non distrugge il vincolo tra gli sposi, opera del Dio che li ha uniti. Non esiste pertanto un “diritto al divorzio” che renda possibili nuove nozze: “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”.
Questa parola è di Gesù; così è attestato nei vangeli. Perciò, e malgrado i tentativi di privarla della sua forza profetica, non passerà anche se “il cielo e la terra passeranno”.
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Il libro:
L’altro volume finora uscito della collana “Famiglia, lavori in corso” inaugurata dallo stesso editore:
Il professor Granados è vicepreside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia ed è stato nominato da papa Francesco consultore della segreteria generale della prossima sessione del sinodo dei vescovi.

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