Ø Chi è per te Dio? Elenco di “definizioni”
Ø Le immagini di Dio (Padre): uomo anziano con la
barba bianca? Occhio scrutatore che tutto e tutti vigila?
E’
l’uomo ad essere stato creato a immagine di Dio e non Dio (Padre) a dover
essere rappresentato a somiglianza dell’uomo.
Ø D-IO o IO?
Ø I maestri del dubbio[1]:
-
FEUERBACH,
filosofo tedesco dell’800: Dio è una PROIEZIONE dell’uomo. Una rappresentazione
del suo desiderio di trascendere se stesso.
Risponde
Hans Kung, teologo tedesco contemporaneo: “naturalmente una cosa non esiste
solo perché io la desidero. Ma vale anche il contrario: non è che una cosa
necessariamente non esiste, perché io la desidero.
-
MARX: Dio (e la
religione) è l’oppio dei popoli[2].
-
NIETZSCHE: “Dio
è morto”[3]:
l’agnosticismo/relativismo e l’indifferenza che regna nella nostra
società/cultura[4].
-
FREUD: la
religione è un’illusione infantile e una fonte di nevrosi[5].
Ø Dio non è il nome proprio (ma generico) di Dio[6]
Dio, con la maiuscola, è per
convenzione l’unico Dio a cui fanno
riferimento gli ebrei (Yhwh-Yahvè-Geova[7]), i cristiani (Padre-
Amore) e musulmani (Allah, in arabo: “divinità”). E’ per tutti l’Onnipotente,
il Creatore del cielo e della terra…
Per gli ebrei è innominabile (primo
comandamento) e non si può farne immagine alcuna[8]. Per i cristiani è il
Padre di Gesù Cristo: è lui che ci mostra il volto del Padre. I musulmani hanno
nel Corano una lista di 99 “bei nomi” di Dio con cui lo invocano (il
Misericordioso, il Pietoso, il Sovrano, il Santo, la Pace…).
Ø Il Dio dei cristiani è dunque colui che Gesù
Cristo, suo Figlio, ci fa conoscere (nello Spirito): una Persona
(cioè ha caratteristiche personali, non una forza generica che, come per la New
Age- vedi l’Eywa di Avatar-, pervade l’universo e tutte le cose create) che è
Padre (ma anche Madre[9])
non solo perché creatore, ma perché come (ma immensamente di più) un padre e
una madre ama in maniera gratuita, volta a far crescere l’uomo, a renderlo
libero e realizzato.
Ø Dio è aldilà del tempo e dello spazio (è eterno e
onnipresente), ma
creando per noi il tempo e lo spazio dell’universo (facendo esplodere la sua
energia come la teoria del bing-bang[10])
vi pone dei limiti (quelli che permettono una continua evoluzione) che lui
stesso, per amore, cioè per garantire la libertà dell’uomo, rispetta:
E’ onnipotente nell’amore[11]:
per amore limita la sua onnipotenza (e ci ha creati limitati, non onnipotenti,
perché potessimo sperimentare l’amore nel bisogno/vuoto per spingerci gli uni
verso gli altri). E’ come un padre e una madre che non può (sempre per amore)
collocare il figlio in una campana di vetro per evitargli i pericoli, ma lo
accompagna, sostiene, guida e gli è accanto in maniera particolare nelle
difficoltà e nei confronti del figlio più fragile, malato…
Ø Dio è spirituale, imperscrutabile, misterioso,
indicibile, trascendente… Ma è anche immanente, vicino…incarnato in Gesù
Cristo: Dio si limita (nello spazio e nel tempo), si fa carne umana, s’immerge
nei nostri pensieri e nelle nostre parole, sempre oltrepassandole, mai del
tutto com-prensibile (= non si lascia prendere).
Ø Dio è invisibile[12]
(come la luce del sole senza una mediazione), incorporeo, ma si è reso
corpo e visibile nel Figlio incarnato: è Lui che ci mostra il volto del padre,
oggi, attraverso la mediazione del pane/vino consacrati.
Ø Dio è parola/Logos/relazione-comunione: nella Bibbia
Dio parla attraverso dei mediatori (= angeli), nei sogni e visioni o anche
direttamente: Dio si rende comprensibile, è una Persona con cui entrare in
relazione: parla e ascolta: invita al dialogo (= preghiera), che chiede di
essere accolto (“beati coloro che di Lui sentono il bisogno e l’attrazione”).
Ø Dio è Trinità d’amore: unica sostanza
in 3 persone talmente unite da formare una sola realtà, ma che vivono talmente
nell’amore reciproco da rispettare le distinzioni gli uni degli altri (>
unità nella distinzione)
DIO e l’ENERGIA
“La materia in sé non esiste. Ogni
materia nasce e consiste solo mediante una forza, quella che porta le
particelle atomiche a vibrare e che le tiene insieme come il più minuscolo
sistema solare”[15].
IL SORRISO DELL’UOMO DI FEDE
Il vero uomo di fede è uno che si fida
della vita e quindi le sorride, da qui il permanente sorriso che contrassegna
gli spirituali, il cosiddetto “mezzo sorriso”. VITO MANCUSO, Io e Dio, 2012, p.72
[1] Nell’800, alcuni
filosofi tedeschi atei, divengono “maestri del sospetto” sulla religione:
creano appunto il sospetto che la religione sia responsabile di molti problemi
dell’uomo. Negando l’esistenza di Dio e della vita oltre la morte aprono la via
della secolarizzazione: un graduale passaggio da una società per lo più
religiosa a una società che vanta una sua autonomia dalla concezione sacrale
della vita.
[2] Marx,
preoccupato della condizione operaia, sostiene che la religione è la falsa
consolazione degli uomini oppressi; per lui è una fuga dai problemi reali, una
realtà pensata e costruita per tenere tranquille le classi sociali più povere.
[3] Sostiene che la
religione cristiana e Dio sono solo un’invenzione degli uomini deboli che
temono quelli più forti. Egli considera la morale cristiana una limitazione
dell’uomo forte, uno stile di vita per schiavi. Egli annuncia la morte di Dio,
cioè della morale cristiana, e l’avvento del superuomo: l’essere libero da ogni
morale e capace di autoaffermazione.
[4] Diverso è il
caso di diversi uomini di cultura che, pur ritenendosi senza fede, sono
cercatori che rifiutano di ritenersi atei o agnostici. Vedi ad esempio Norberto
Bobbio che scrive: “Non mi considero né ateo né agnostico. Come uomo di ragione
non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a
penetrare fino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi”.
Pare
inoltre, secondo diversi studi sociologici, che oggi l’interesse verso Dio e la
religiosità (non sempre coincidente con l’interesse per la Chiesa e per la
religione istituita), contrariamente a quanto si pensava qualche decennio fa,
stia decisamente aumentando.
[5] Per Freud Dio
non esiste, è solo un’idealizzazione del padre naturale. La religione è fonte
di nevrosi perché proibisce l’uso libero della sessualità. Egli dichiara la
liberazione dell’uomo da ogni “inibizione religiosa”: divieti che impedirebbero
la libera realizzazione dell’uomo.
[6] “Padre, Dio,
creatore, signore non sono nomi, ma attributi…La denominazione “Dio” non è un
nome” (Giustino)
[7] Dio ha un nome
proprio, Yhwh, tetragramma sacro rivelato a Mosè: “Io sono colui che E’”: nome
impronunciabile (formato da sole consonanti, diverrà Yahvè, o per i Testimoni
di Geova, Geova, sostituito da Signore-Adonai-Kyrios), che indica la sua natura
dinamica, la sua presenza continua, la pienezza dell’essere e il suo rapporto
con la storia della salvezza (“Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di
Giacobbe”). Dio è il misericordioso, il
pietoso, il fedele. Dio è Verità e Amore.
[8] L’antico
testamento parla di Dio nascosto dietro una nube, o come brezza leggera…
[9] Giovanni Paolo I disse che Dio è madre. Le femministe
americane cancellano dalla Bibbia le forme "maschiliste". D'altra
parte la Bibbia forse non è così radicale nella supremazia maschile, e Giovanni
Paolo II ha parlato di "reciprocità e complementarità" dei sessi,
partendo proprio dalle Sacre Scritture. Perché, allora, temere di dire che Dio
è papà e mamma? Accanto a un'ottantina di immagini maschili di Dio offerte
dalla Bibbia, troviamo almeno una ventina di rappresentazioni femminili. Ecco
solo due esempi dal libro di Isaia: "Si dimentica forse una donna del
suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se
queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai"
(49, 15); "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò"
(66, 13). Ripetutamente nell'Antico Testamento sono attribuite a Dio "viscere
materne" (rahamim), segno di amore spontaneo, istintivo,
assoluto.
È quindi legittimo parlare di una
dimensione "materna" di Dio, ricordando però che si tratta sempre di
un antropomorfismo, di un simbolo, come quello paterno, per esprimere
l'ineffabile mistero divino e per raffigurare la realtà dell'Inconoscibile. La
Bibbia, essendo parola di Dio incarnata, privilegia il volto paterno di Dio
anche per i condizionamenti culturali dell'orizzonte in cui si è manifestata.
È lecito, perciò, ridimensionare certe letture troppo letterali della "maschilità" di Dio, senza però negare i valori che essa esprime, come è necessario collocare Gesù nel suo tempo storico senza per questo negare la sua "maschilità", e come è giusto trascrivere un certo linguaggio ecclesiale eccessivamente legato a moduli e forme "maschiliste".
La moderna sensibilità sulla "reciprocità e complementarità" dei sessi, esaltata a più riprese soprattutto da Papa Giovanni Paolo II, ha stimolato questa operazione di interpretazione dei testi biblici. (…)
L'Antico Testamento riguardo alla femminilità offre un insegnamento molto più aperto di quanto s'immagini. Certo, l'"incarnazione" della parola di Dio fa emergere il contesto socioculturale dell'antico Israele, come quando il Siracide, sapiente del II secolo prima dell'era cristiana, scrive che è "meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna" (42, 14). Ma si pensi anche all'incidenza di figure femminili come Sara, Rachele, Debora, Rut, Anna, Giuditta, Ester, la donna del capitolo 31 dei Proverbi, o la straordinaria protagonista del Cantico dei Cantici, o Maria e la Sposa dell'Apocalisse nel Nuovo Testamento.
Anche la bipolarità sessuale è celebrata nella sua pienezza, soprattutto nella Genesi. La famosa "costola" di Adamo non è il segno di una dipendenza, ma di un'identità di natura, tanto che in sumerico un unico vocabolo, ti, significa contemporaneamente "costola" e "femminilità" e, d'altra parte, il canto finale di Adamo è: "Essa è carne dalla mia carne, ossa dalle mie ossa (...) I due saranno una carne sola", espressione appunto di identità strutturale. Non per nulla si ricorrerà a un libero gioco etimologico per spiegare i due termini ebraici che indicano "uomo" e "donna": essi sono 'ish e 'isshah, in pratica la stessa parola al maschile e al femminile (Genesi, 2, 23-24).
Altrettanto suggestivo è l'altro celebre asserto della Genesi: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (1, 27). La costruzione del testo secondo le regole stilistiche ebraiche identifica l'"immagine" divina che c'è in noi con l'essere "maschio e femmina", non perché Dio sia sessuato, ma per il valore simbolico della sessualità, cioè la sua capacità d'amare e di procreare (la generazione) attraverso la comunione tra uomo e donna, capacità che la rende un'analogia del Dio creatore. A questo proposito è significativo quanto Giovanni Paolo II affermava nella Mulieris dignitatem (1988): "L'immagine e somiglianza di Dio nell'uomo, creato come uomo e donna (per l'analogia che si può presumere tra il Creatore e la creatura), esprime anche l'unità dei due nella comune umanità. Questa unità dei due, che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell'uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina".
Concludendo, possiamo affermare la legittimità di una nuova interpretazione della Bibbia e della Tradizione, che semplifichi le incrostazioni socioculturali, ma che conservi il valore teologico della paternità e della maternità di Dio, della maschilità e della femminilità umana e della loro unità e diversità. Goethe molto acutamente affermava che "noi possiamo parlare di Dio antropomorficamente (in modo umano) perché noi stessi siamo teomorfi (fatti in forma divina)".
È lecito, perciò, ridimensionare certe letture troppo letterali della "maschilità" di Dio, senza però negare i valori che essa esprime, come è necessario collocare Gesù nel suo tempo storico senza per questo negare la sua "maschilità", e come è giusto trascrivere un certo linguaggio ecclesiale eccessivamente legato a moduli e forme "maschiliste".
La moderna sensibilità sulla "reciprocità e complementarità" dei sessi, esaltata a più riprese soprattutto da Papa Giovanni Paolo II, ha stimolato questa operazione di interpretazione dei testi biblici. (…)
L'Antico Testamento riguardo alla femminilità offre un insegnamento molto più aperto di quanto s'immagini. Certo, l'"incarnazione" della parola di Dio fa emergere il contesto socioculturale dell'antico Israele, come quando il Siracide, sapiente del II secolo prima dell'era cristiana, scrive che è "meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna" (42, 14). Ma si pensi anche all'incidenza di figure femminili come Sara, Rachele, Debora, Rut, Anna, Giuditta, Ester, la donna del capitolo 31 dei Proverbi, o la straordinaria protagonista del Cantico dei Cantici, o Maria e la Sposa dell'Apocalisse nel Nuovo Testamento.
Anche la bipolarità sessuale è celebrata nella sua pienezza, soprattutto nella Genesi. La famosa "costola" di Adamo non è il segno di una dipendenza, ma di un'identità di natura, tanto che in sumerico un unico vocabolo, ti, significa contemporaneamente "costola" e "femminilità" e, d'altra parte, il canto finale di Adamo è: "Essa è carne dalla mia carne, ossa dalle mie ossa (...) I due saranno una carne sola", espressione appunto di identità strutturale. Non per nulla si ricorrerà a un libero gioco etimologico per spiegare i due termini ebraici che indicano "uomo" e "donna": essi sono 'ish e 'isshah, in pratica la stessa parola al maschile e al femminile (Genesi, 2, 23-24).
Altrettanto suggestivo è l'altro celebre asserto della Genesi: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (1, 27). La costruzione del testo secondo le regole stilistiche ebraiche identifica l'"immagine" divina che c'è in noi con l'essere "maschio e femmina", non perché Dio sia sessuato, ma per il valore simbolico della sessualità, cioè la sua capacità d'amare e di procreare (la generazione) attraverso la comunione tra uomo e donna, capacità che la rende un'analogia del Dio creatore. A questo proposito è significativo quanto Giovanni Paolo II affermava nella Mulieris dignitatem (1988): "L'immagine e somiglianza di Dio nell'uomo, creato come uomo e donna (per l'analogia che si può presumere tra il Creatore e la creatura), esprime anche l'unità dei due nella comune umanità. Questa unità dei due, che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell'uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina".
Concludendo, possiamo affermare la legittimità di una nuova interpretazione della Bibbia e della Tradizione, che semplifichi le incrostazioni socioculturali, ma che conservi il valore teologico della paternità e della maternità di Dio, della maschilità e della femminilità umana e della loro unità e diversità. Goethe molto acutamente affermava che "noi possiamo parlare di Dio antropomorficamente (in modo umano) perché noi stessi siamo teomorfi (fatti in forma divina)".
Gianfranco
Ravasi, Questioni di fede, Mondadori, 2010)
[10] La teoria del “Big Bang” contraddice la Bibbia? Fonte: www.aleteia.org
Chi ricorda ancora che è
stato padre Georges Lemaître(1894-1966), un gesuita, astrofisico e
matematico belga, a dare vita alla famosa teoria del Big Bang? Eppure fu lui ad elaborare un modello
relativista dell’universo in espansione (1927), formulando la prima teoria
cosmologica secondo cui l’Universo primitivo è entrato in espansione a seguito
di un’esplosione. Il sacerdote gesuita arrivò a sostenere che
originariamente l'Universo doveva essere concentrato in un “atomo
primordiale” estremamente caldo e condensato, tanto che in seguito è
esploso ed ha cominciato ad espandersi creando galassie e poi stelle. La teoria
di Lemaître venne in seguito denominata, ironicamente, teoria del Big Bang nel
1950 dall'astronomo britannico Fred Hoyle, il quale era a favore del
modello stazionario, ovvero riteneva che l’Universo fosse sempre identico a se
stesso. Albert Einstein rimase così affascinato da questa esposizione
che giunse persino ad affermare che: “Chiunque non sia in grado, davanti
all’immensità e allo splendore dell’universo, di provare nel più profondo della
propria anima un sentimento di ammirazione nei confronti dell’Essere Superiore,
autore di tutto questo, non è degno di essere definito Essere Umano”.
Dal momento in cui
padre Lemaître rese pubbliche le sue teorie, nel 1927, alcuni astrofisici
guidati da Fred Hoyle, iniziarono a criticare questa teoria e ad accusare il
prete cattolico di concordismo, cioè di voler mescolare l'approccio
scientifico al fine di sostenere gli insegnamenti della Bibbia. La
spiegazione fornita dalla scienza sull’origine dell’Universo e quella fornita
dalla Bibbia sono di ordine diverso, ma la
teoria del Big Bang è conforme alla Rivelazione contenuta nelle Sacre
Scritture, secondo cui Dio ha creato l’Universo ex-nihilo (dal nulla).
(…) La teoria del Big
Bang venne accolta da subito con grande entusiasmo all’interno della Chiesa,
tanto che nel discorso pronunciato nel 1951 davanti alla Pontificia Accademia
delle Scienze, papa Pio XII dichiarò: “Pare davvero che la scienza
odierna, risalendo d'un tratto milioni di secoli, sia riuscita a farsi
testimone di quel primordiale Fiat lux allorché dal nulla proruppe con la
materia un mare di luce e di radiazioni, mentre le particelle degli elementi
chimici si scissero e si riunirono milioni galassie”. Lemaître tuttavia
tenne a distinguere sin dall'inizio il metodo scientifico da quello teologico e
ad evitare che il concetto scientifico legato all'inizio fisico e naturale
dell'Universo venisse confuso con il concetto teologico di “creazione”.
D'altronde già la ricostruzione del passato biologico della terra secondo
Darwin convinsero molti teologi che la verità del racconto biblico non andava
sempre ricercata nella semplice trasposizione dei fatti narrati sul piano della
realtà storica.
(…) Nel 1893, Leone XIII aveva ricordato che i cattolici non sono
tenuti a credere che l'attività creativa di Dio si sia svolta nell'arco temporale
di 6 giorni, in quanto gli autori divinamente ispirati dalla Sacre Scritture,
quando trattano argomenti propri della scienza sperimentale, non sempre usano
scrupolosamente la proprietà del linguaggio scientifico.
Osservava Leone XIII: “gli scrittori sacri, o più giustamente 'o
Spirito di Dio che parlava per mezzo di essi, non intendeva ammaestrare gli
uomini su queste cose, che non hanno importanza alcuna per la salvezza eterna,
per cui essi più che attendere direttamente all'investigazione della natura,
descrivevano e rappresentavano talvolta le cose con una qualche locuzione
metaforica, o come lo comportava il modo comune di parlare di quei tempi ”.
(…) Ad escludere una interpretazione iperletterale del racconto biblico è lo stesso libro della Genesi che al capitolo 2 propone un secondo resoconto relativo ai primi tempi della creazione che in qualche modo inverte l'ordine delle cose create: stavolta l'uomo appare come prima opera della creazione, dopo il cielo e la terra, e senz'altro prima di ogni forma di vegetazione. A questo proposito S. Agostino spiegava che i due racconti della creazione, come ogni altro versetto delle Sacre Scritture, sono entrambi veri e che l'insegnamento contenuto in essi, al di là dell'incongruenza del senso letterale, non può consistere nel volerci svelare il preciso ritmo spazio-temporale del respiro creativo di Dio.
Anche e soprattutto sulla questione dell'origine della vita, quindi, scienza e fede non sono affatto in conflitto ma possono fecondarsi a vicenda, attraverso la mediazione della filosofia, ferme restando però le rispettive autonomie e i diversi ambiti di ricerca. (…)
(…) Ad escludere una interpretazione iperletterale del racconto biblico è lo stesso libro della Genesi che al capitolo 2 propone un secondo resoconto relativo ai primi tempi della creazione che in qualche modo inverte l'ordine delle cose create: stavolta l'uomo appare come prima opera della creazione, dopo il cielo e la terra, e senz'altro prima di ogni forma di vegetazione. A questo proposito S. Agostino spiegava che i due racconti della creazione, come ogni altro versetto delle Sacre Scritture, sono entrambi veri e che l'insegnamento contenuto in essi, al di là dell'incongruenza del senso letterale, non può consistere nel volerci svelare il preciso ritmo spazio-temporale del respiro creativo di Dio.
Anche e soprattutto sulla questione dell'origine della vita, quindi, scienza e fede non sono affatto in conflitto ma possono fecondarsi a vicenda, attraverso la mediazione della filosofia, ferme restando però le rispettive autonomie e i diversi ambiti di ricerca. (…)
[11] Dio è buono oppure onnipotente? E’ amore onnipotente
“Anche nella teologia, compresa quella cattolica, si diffonde
attualmente questa tesi: Dio non sarebbe onnipotente. In questo modo si cerca
un’apologia di Dio, che così non sarebbe responsabile del male che troviamo
ampiamente nel mondo. Ma che povera apologia! Un Dio non onnipotente! Il male
non sta nelle sue mani! E come potremmo affidarci a questo Dio? Come potremmo
essere sicuri nel suo amore se questo amore finisce dove comincia il potere del
male? Ma [dopo Gesù di Nazaret] Dio non è più sconosciuto: nel volto del Cristo
Crocifisso vediamo Dio e vediamo la vera onnipotenza, non il mito
dell’onnipotenza. Per noi uomini potenza, potere è sempre identico alla
capacità di distruggere, di far il male. Ma il vero concetto di onnipotenza che
appare in Cristo è proprio il contrario: in Lui la vera onnipotenza è amare
fino al punto che Dio può soffrire: qui si mostra la sua vera onnipotenza, che
può giungere fino al punto di un amore che soffre per noi. E così vediamo che
Lui è il vero Dio e il vero Dio, che è amore, é potere: il potere dell’amore. E
noi possiamo affidarci al suo amore onnipotente e vivere in questo, con questo
amore onnipotente“.
Benedetto XVI
[12] i pensieri li vedi? L’amore della mamma, l’amore del
papà, lo vedi? Le realtà più profonde della vita, quelle che muovono il mondo,
che danno sapore e colore ai nostri giorni, non si vedono con gli occhi, ma ci
sono, e hanno un nome. C’ è una canzoncina che cantavamo quando da ragazzo
facevo lo scout. Diceva che «le cose trasparenti sono le più resistenti». I
pensieri sono la cosa più importante, eppure non si vedono. Allora diciamo che Dio
è così resistente che è necessariamente trasparente, e non si può vedere! Perché non posso vedere Dio? http://www.credere.it/numero-3/la-fede-raccontata-ai-ragazzi.html
[13] Perché l’essere
umano è homo religiosus? Perché i popoli da sempre hanno avuto una religione?
Perché ogni religione è il tentativo di dare risposta al mistero della vita
nella sua globalità, alla meraviglia dell’universo che ci circonda e di non
venire schiacciati dalla sua imponderabilità: perché l’uomo, da sempre, si
ritrova circondato, assediato, quasi oppresso, dal mistero della vita, che lo
affascina e che insieme lo angoscia, in un intreccio di meraviglia e di dolore.
(Cf. VITO MANCUSO, Io e Dio, 2012, p.49).
L’uomo
percepisce di essere dipendente da qualcosa di più grande, e questo suo
sentimento di dipendenza si eplicita in due diverse e opposte percezioni: come
mysterium tremendum che genera paura e ripulsa, e come mysterium fascinans che
genera fascino e attrazione. (cf, Rudolf Otto, Il sacro, 1917).
Le
religioni nascono dalla contraddizione tra meraviglia e turbamento che la vita
produce sugli esseri umani. In particolare nascono dallo scacco, dalla crisi,
dal disagio, dalla problematicità: quando gli uomini stanno bene di solito
pensano ad altro che ai valori spirituali (vedi in particolare nella
giovinezza) e se arrivano a pensarvi è solo perché giungono a essere incalzati
dal negativo dell’esistenza. (cf Mancuso, p.152).
[14] Elenco delle
possibili domande la cui risposta può essere Dio:
Qual è il senso della vita? Chi ha
creato il mondo? Chi è all’origine della perfetta sintonizzazione tra le
costanti dell’universo che ha permesso l’origine della vita? Chi governa il
mondo facendo procedere la natura e la storia in modo evolutivo? Dove andiamo?
Dopo la nostra morte finisce tutto?
Da dove viene la vita?
Secondo Fred Hoyle (noto anticlericale) «le probabilità che un
processo spontaneo metta insieme un essere vivente sono analoghe a quelle che
una tromba d’aria, spazzando un deposito di robivecchi, produca un Boeing 747
perfettamente funzionante».
Consideriamo il Bing Bang
che ha dato origine all’universo. La potentissima esplosione di luce che ha
fatto espandere un infinitesimale grumo di pura energia fino alle dimensioni
attuali dell’universo è una cosa strepitosamente simile al primo atto della
creazione raccontato nella Genesi. Col Bing Bang abbiamo scoperto che il tempo,
lo spazio e la materia ebbero origine in quell’istante, circa 15 miliardi di
anni fa. Arno Penzias, premio Nobel per la fisica per aver scoperto la
radiazione cosmica di fondo (cioè “l’eco del Big Bang”) dice: «Non
c’è un “prima” del Bing Bang, perché prima non esistevano tempo, spazio e
materia». Dunque tutto è nato in un
preciso istante e da un’origine inafferrabile che sta fuori dal tempo, dallo
spazio, dalla materia e dalle leggi fisiche che regolano questo universo.
Guardiamo al perfetto
equilibrio fra l’energia di espansione e le forze gravitazionali: se l’energia
del Bing Bang fosse stata appena superiore o appena inferiore tutto si sarebbe
autodistrutto. Invece era perfetta.
Nota l’astrofisico Marco
Bersanelli: «La dinamica dell’intero cosmo fin dai primi momenti appare
accuratamente predisposta a generare condizioni favorevoli per accogliere la
nostra comparsa ad un certo punto della sua storia».
C’è tutta una serie di
coincidenze sorprendenti, quelle che hanno portato alla formazione di un
pianeta – la Terra – che incredibilmente, forse da solo, in un immenso abisso
inospitale, possiede tutte le eccezionali caratteristiche necessarie,
esattamente quelle indispensabili, per permettere lo sbocciare della vita.
Schroeder, analizzando una per una queste incredibili peculiarità, scrive: «E’
come se la Terra fosse stata fabbricata su ordinazione per ospitare la vita».
Vediamone solo qualcuna:
la distanza ottimale dal Sole (bastava essere appena più vicini o appena più
lontani e la vita sarebbe stata impossibile); l’orbita perfetta (se fosse stata
più ellittica, come quella di Marte, non ci sarebbe stata vita). Inoltre il
“caso” ha voluto che i gas vulcanici permettessero il formarsi dell’atmosfera e
degli oceani. E sempre per lo stesso fortunatissimo “caso” l’atmosfera della
Terra ha uno strato di ozono che protegge da radiazioni letali, ma fa passare
la luce e il calore necessari alla vita. E per un’altra fantastica “casualità”,
al centro della Terra, si trova quella massa di piombo fuso che
provvidenzialmente protegge la vita del pianeta da altre radiazioni devastanti
e ci permette di vivere sotto un vero e proprio ombrello magnetico.
Del resto, anche dopo
aver azzeccato alla lotteria tutti questi fortunatissimi numeri, al “caso” si
sarebbe infine presentato il compito più arduo, quello statisticamente
impossibile: riuscire a far nascere, da reazioni chimiche casuali, la prima, la
più elementare, forma di vita sulla terra. Jacques Monod, nel libro Il caso
e la necessità, nota: «La vita è comparsa sulla terra, ma prima di
quell’avvenimento…la sua probabilità era quasi nulla». Era una eventualità
statisticamente remotissima, pressoché prossima allo zero.
Immaginiamo di trovare un
giorno incisa in una caverna l’intera Divina Commedia. Se qualcuno
affermasse che quelle lettere sono segni formatisi casualmente per l’azione del
vento, dell’acqua e dei minerali certo sarebbe accolto con una risata. E’
ovviamente impossibile. Del tutto inverosimile. Eppure un semplice organismo
unicellulare «ha un contenuto di informazioni equivalente a cinquemila volte
l’intera Divina Commedia». Dunque come può essersi formata per caso la
prima cellula vivente? (…) E come si può immaginare che si siano strutturati e
plasmati per caso esseri viventi incommensurabilmente più complessi degli
organismi unicellulari? La complessità di una formica appare vertiginosa e
inimmaginabile. E la formica è ancora poca cosa.
L’essere umano è
un’entità fisico-intellettuale immensamente più raffinata di qualsiasi computer
esistente (che, non a caso, è un prodotto dell’uomo). Eppure non si ritiene
assurdo affermare che questo perfetto organismo è stato elaborato e realizzato
dal caso.
Il cervello umano,
afferma Owen Gingerich, professore di astronomia e storia della scienza
dell’università di Harvard, «è di gran lunga il più complesso oggetto fisico
a noi noto nell’intero cosmo. Dei grosso modo 35 mila geni codificati dal DNA
nel genoma umano, ben la metà trova espressione nel cervello. Sempre nel
cervello vi sono circa cento milioni di neuroni, cellule nervose interconnesse
l’una con l’altra in maniera estremamente intricata».
Si dovrebbe spiegare come sia possibile
che dal caos primordiale sia stata plasmata per caso una entità così
eccezionale, di inaudita complessità, quando neanche un infimo organismo
unicellulare poteva statisticamente essere prodotto casualmente. Antonio Socci,
Indagine su Gesù, Rizzoli 2008, p.9-20
[15] Max Planck,
L’essenza della materia, conferenza del 1944, in VITO MANCUSO, Io e Dio, 2012,
p.60. Planck continua: “Dal momento però che in tutto il mondo fisico non
esiste né una forza intelligente né una forza eterna – all’umanità non è
riuscito di inventare il tanto a lungo desiderato perpetuum mobile- noi
dobbiamo assumere dietro a questa forza uno spirito cosciente intelligente.
Questo spirito è il fondamento di tutte le cose materiali”.
Vedi
anche: Martin Rees, I sei numeri dell’universo. Le forze profonde che spiegano
il cosmo (1999), Rizzoli.
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