CATECHESI. Il secondo
annuncio (E.Biemmi)
“Abbiamo bisogno di mappe
e non sappiamo ancora che la migliore
si costruisce strada facendo,
nel mentre andiamo edificando
quello che ancora ben non sappiamo”
(Duccio Demetrio)
Tre quarti dei catechisti italiani sono depressi,
serpeggia nelle nostre comunità un senso di stanchezza e di sfiducia per questo
tempo, quasi che ci fosse un tempo più adatto al vangelo di un altro. In una
tavoletta assiro-babilonese, risalente a circa tremila anni fa è scritto: “La
gioventù di oggi è corrotta nell’anima, è malvagia, empia, infingarda. Non
potrà mai essere ciò che era la gioventù di una volta e non potrà mai
conservare la nostra cultura”.
La gioventù di oggi è bella, certamente fragile ed
esposta, ma carica di attese, di domande, di speranze. Tutti cerchiamo strade
per vivere la nostra vita con umanità e senso, con o senza la fede.
C’è un mondo che se n’è andato, ma
- rimane stabile la stessa forma di catechesi ( di impianto scolastico, preoccupandosi della
trasmissione di una serie di contenuti per conoscere bene ciò in cui già si
crede);
- a servizio di un particolare dispositivo di
iniziazione cristiana (indirizzato ai piccoli e tutto
orientato a ricevere i sacramenti);
- dentro uno specifico modello di parrocchia (una agenzia di servizi di stampo tridentino,
incentrato sulla figura del parroco, che ha come compito essenziale la “cura
delle anime” attraverso la predicazione, la catechesi…e tutti quei servizi che
nutrono la fede della gente…per gente già credente!).
Tre grembi naturali di generazione della fede
La fede veniva trasmessa in famiglia dentro
la vita quotidiana. La scuola era una settimana di educazione
morale e religiosa, senza fratture con quello che avveniva in famiglia. Poi
c’era il paese, che costituiva una specie di grembo protettivo.
Ognuno, in paese, si sentiva responsabile non solo dei suoi figli, ma anche di
quelli degli altri.
Queste tre forme di educazione (umana, morale e
religiosa) agivano in sintonia dentro un sistema sociale in cui il cittadino e
il cristiano erano la stessa cosa.
La parrocchia non aveva di per sé il compito di
generare alla fede, ma di nutrirla, curarla, renderla coerente. In tale
contesto l’ora del catechismo aveva il compito di far apprendere cognitivamente
quello che i ragazzi vivevano diffusamente nelle loro famiglie, a scuola, in
paese. Trasmetteva la grammatica di quello che le persone vivevano e in cui
credevano. Poco importa se i ragazzi non capivano tutto il significato del
catechismo che imparavano a memoria.
E’ cambiato praticamente tutto
Il paese è ora il villaggio globale e non educa più.
E’ piuttosto una bancarella dove i nostri figli prendono quello che vogliono.
La scuola vive nell’ “emergenza educativa” e nella
laicità. Dentro un contesto laico e in difficoltà educativa, l’ora di religione
tenta con fatica di mantenere nella scuola la memoria culturale del
cristianesimo e dei suoi valori.
Il discorso sulla famiglia non fa eccezione. I
genitori non hanno più un modello educativo sicuro da applicare. Anche i
genitori credenti spesso hanno perso la capacità di comunicare la fede: non
hanno più parole, perché anche in loro la fede è in stato di dubbio, di crisi o
di semplice abitudine.
L’ora di catechismo si trova così ad affrontare la
missione impossibile di iniziare alla fede.
Il problema prioritario non è costituito dalla
preparazione improvvisata dei catechisti, dalla passione (nel doppio senso di
“appassionarsi” e di “patire”) con cui vivono il loro servizio. Neanche i
ragazzi sono il vero problema, per quanto più superficiali e disorientati di
quelli delle generazioni precedenti. Quando trovano persone che li amano e li
ascoltano, sanno fare cose sorprendenti. Stesso discorso anche per i genitori:
per quanto più divisi e confusi, manifestano un grande bisogno di vita e di
amore per i loro figli.
Il principale problema è quello dell’inculturazione
della fede: siamo entrati in una fase di grande transizione culturale,
nella quale gli equilibri precedenti si sono disgregati.
Né l’autocolpevolizzazione (di noi preti e/o
catechisti), né la colpevolizzazione (dei ragazzi o delle loro famiglie o della
società) rende ragione di quello che sta succedendo. La Chiesa è
chiamata a un nuovo modo di stare al mondo.
Un nuovo paesaggio per la fede (quattro aree
geografiche e/o esistenziali):
1.
Dalla rottura alla
dimenticanza (paesi o persone dove osserviamo
l’espulsione della fede dal quadro culturale, fino a cancellare le tracce del
cristianesimo considerato nemico dell’uomo, della sua libertà, della sua
realizzazione): Francia, Paesi Bassi…;
2.
La continuità parziale
della pratica tradizionale (paesi o persone
dove permangono larghe tracce di tradizione cristiana accanto ad un processo di
secolarizzazione importante): Italia, Spagna…;
3.
La religione
privata (paesi o persone dove la
liberalizzazione, dopo un lungo tempo di clandestinità, ha portato ad uno
stemperamento della fede- senza un avversario, la fede sbiadisce- e la sua
continuità in forme piuttosto private, fondamentalmente culuali, con scarsa
incidenza sulla vita personale e pubblica): paesi dell’est, di ex dominazione
sovietica;
4.
La serena non
religiosità (paesi o persone dove la non
religiosità è sentita come normale, pacifica): Germania orientale, Svezia…
I catechisti alla domanda “Quali di queste aree
ritrovate nelle vostre parrocchie”, rispondono che sono presenti tutte e
quattro: ci sono credenti che si sono allontanati dalla Chiesa con un
sentimento di aggressività, persone che continuano la pratica cristiana ma con
una mentalità profondamente secolare, uomini e donne che hanno una religiosità
privata, ritagliata a misura sui loro gusti personali, e infine persone che
sono tranquillamente non credenti, ma ricche di una loro interiorità e di una
“spiritualità” non religiosa (e spesso più disponibili a lasciarsi
evangelizzare).
Giocare d’anticipo e non di rimessa
La situazione attuale di pluralismo e di
secolarizzazione che ci raggiunge tutti non è la fine del cristianesimo, ma di
un certo cristianesimo, quello nel quale cristiano e cittadino coincidevano e
non quale non si poteva essere altro che cristiani: la fede dovuta, scontata,
obbligata. Non servono denunce e/o nostalgie, ma giocare d’anticipo con una
proposta che abbia tre tratti principali:
1- libertà (cristiani
non si nasce più, si può diventarlo, ma questo non è percepito come necessario
per vivere umanamente la propria vita): in una società pluriculturale, la fede
cristiana torna al suo statuto originario di proposta e adesione libera.
2- gratuità (“La
Chiesa di oggi è chiamata a guarire, accompagnare, sanare in modo
assolutamente gratuito ogni accesso alla fede, senza insinuare il sospetto che
lo faccia perché il destinatario possa diventare cristiano e discepolo”).
3- maternità (la
comunità cristiana, nel suo insieme, deve divenire grembo iniziatore: senza
deleghe ad addetti ai lavori – i catechisti – e sapendo che generando i suoi
figli si rigenera nella fede)
Tre grandi cambiamenti di prospettiva della CEI
(missionaria, iniziatica e secolare)
1- la prospettiva missionaria della pastorale
nella linea del primo annuncio per suscitare la fede;
2- il ripensamento del modello di iniziazione
cristiana in prospettiva catecumenale;
3- la centratura dell’annuncio sugli snodi
fondamentali dell’esistenza umana(Convegno di Verona).
Primo e secondo annuncio
“Non si può dare per scontato che si sappia chi è Gesù
Cristo (per cui) c’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede”.
Siamo chiamati a passare da una “catechesi per la
maturazione della fede”, a una catechesi “di proposta della fede”, dalle
“tradizioni cristiane” alla Tradizione (dove il termine traditio significa
consegna) della fede cristiana.
Il primo annuncio è la proclamazione
del vangelo in vista di condurre una persona all’incontro con Gesù nella
comunità ecclesiale e a intraprendere un cammino di conversione. Mira a
un’iniziale adesione di fede con un
- atto:
dare una prima risposta di fede personale e consapevole;
- contenuto:
il mistero di Gesù Cristo, il volto del Padre suo e il dono del suo Spirito (=
kerigma)
- atteggiamento:
intraprendere un cammino di conversione conformando la propria vita sulla sua.
E’ primo annuncio in senso cronologico (indica il
tempo iniziale che porta all’adesione), sia in senso di “primato” (come “valore
fondante”).
Il secondo (primo) annuncio si
rivolge a coloro che danno la fede per scontata oppure ne hanno una
rappresentazione parziale, confusa, se non addirittura distorta. Una fede di
abitudini, limitata a qualche gesto e rito. Oppure è rivolto a coloro che hanno
preso le distanze dalla fede (per trascuratezza, per ostilità, per esperienze
negative con la Chiesa, per influsso di altre culture e religioni…).
Queste persone non partono da zero, hanno un vissuto che va preso in
considerazione, lasciato esprimere, rielaborato.
Tutto questo discorso ci deve portare a concentrarci
più su quello che abbiamo da donare noi che sulle condizioni che devono avere i
destinatari del vangelo. Fidarsi della forza del seme e affidarsi alla capacità
recettiva del terreno (vale a dire la libertà delle persone): è ciò che
continua a fare il seminatore della parabola.
L’ispirazione del modello catecumenale
Il catecumenato si caratterizza:
- come un percorso il cui soggetto portatore è la
comunità cristiana;
- è un processo formativo e di vera scuola della fede;
- ha un carattere graduale con tappe definite;
- è scandito da momenti di catechesi e da riti e celebrazioni
liturgiche;
- trova il suo culmine (ma non la sua conclusione) nella
celebrazione dei sacramenti.
Le nuove sperimentazioni sull’iniziazione cristiana
dei ragazzi
Caratteristiche comuni:
- l’attenzione è passata dai fanciulli agli adulti e in
particolare alla famiglia;
- il soggetto catechistico non è più il solo catechista,
ma la comunità;
- viene recuperata la dimensione catecumenale;
- la domenica diventa il tempo privilegiato per i
processi di iniziazione.
Si cerca, inoltre, di continuare un cammino con le
famiglie che chiedono il battesimo per i loro figli, coinvolgendo questi ultimi
in un cammino apposito per bambini dai 0 ai 6 anni.
Il coinvolgimento dei genitori (quattro modalità)
1.
incontri annuali informativi sul
percorso catechistico proposto ai figli (volto accogliente);
2.
percorso parallelo per genitori con
incontri formativi in genere mensili (volto evangelizzante);
3.
domeniche insieme per tutta la famiglia
(volto di comunità e comunione);
4.
percorso di catechesi familiare per
rendere i genitori catechisti dei figli (volto generativo).
Bisogna, in ogni caso, evitare i due estremi:
una posizione rigida, che in nome della serietà del sacramento
chiede come condizione preliminare il livello di fede che la gente non ha;
una posizione rassegnata, che dona il sacramento senza nessuna
proposta, in nome della complessità delle situazioni, del primato della grazia
o semplicemente per non crearsi troppi problemi.
Non ci si può dimenticare infine che spesso i bambini
sono i primi catechisti dei loro genitori (più che viceversa).
La fede cristiana è una questione d’amore
Von Balthasar, poco prima di morire, diceva che se si
vuole comprendere cosa è la fede bisogna guardare il sorriso di un bambino. Il
sorriso di un “infante” significa questo: “so di essere amato”. Questa è la
fede: la scoperta e il riconoscimento di essere amati. La fede non è una
dottrina, è una relazione. E’:
- una storia;
- di una relazione;
- aperta.
La fede cristiana è dell’ordine relazionale, prima che
razionale.
Il contenuto e i contenuti del secondo annuncio
Il contenuto della catechesi è il Signore Gesù (e la
storia della salvezza contenuta nella Bibbia). Il luogo di accesso a questa
relazione è la comunità, i contenuti sono i discorsi, le riflessioni, sintesi,
regole scaturite da tale relazione. E in particolare:
- riflessioni (teologia)
- sintesi e regole della fede (il Simbolo e i dogmi)
- forme di celebrazione (i riti)
- orientamenti per la vita (la morale)
La Scrittura come
contenuto e i quattro pilastri della catechesi come
contenuti (seguiti dal CCC):
- il Credo > educazione alla memoria
- i
sacramenti >
educaz. ai riti
- i
comandamenti >
“ morale
- il Padre
nostro >
“ all’interiorità, alla preghiera.
Nei primi due pilastri viene annunciato ciò che Dio fa
per noi, la storia della salvezza che il Credo riesprime sinteticamente e la liturgia
attualizza.
Negli altri due è detta la risposta dell’uomo, la sua
vita nel segno dell’amore e della libertà (i comandamenti) e la relazione
filiale in Dio (Padre nostro).
L’educazione all’interiorità (attraverso la preghiera)
L’educazione all’interiorità aiuta a sviluppare la
consapevolezza del pensiero e dei sentimenti, a imparare a leggere la propria
vita, a stare di fronte a sé in modo meditativo, non incollati sull’esteriorità
e sull’esibizionismo, non ridotti alla superficialità e all’egotismo. Iniziare
alla vita interiore è educare al silenzio, alla consapevolezza di sé, alla
riflessione. Aiuta a divenire più pensosi, più autocritici, più consapevoli dei
propri errori, meno egoisticamente autocentrati, più disposti a stare in
solitudine senza soffrirne. L’interiorità si afferma e si accresce se può
contare su alleati come il silenzio, il piacere della solitudine.
Per un cristianesimo desiderabile
Il cristianesimo spesso non è percepito come
socialmente umanizzante. Allora non è neanche desiderabile, mentre è compito
fondamentale del secondo annuncio mostrare il volto di un Dio desiderabile.
Per una mappa del secondo annuncio
Vanno evidenziate le esperienze di vita delle persone,
e in particolare la ricerca o la recettività che si ha in particolare nelle
seguenti situazioni (invitandoci a chiedere come si sta annunciando il vangelo
nei seguenti casi):
- generazioni:
quando nasce un figlio (battesimo); i primi passi (0-6 anni); l’iniziazione
cristiana dei figli.
- transizioni:
adolescenti e giovani; scuola e università; dialoghi personali occasionali.
- Relazioni:
incontri, web, dialogo interreligioso.
- Legami:
l’innamoramento (corso per fidanzati); cammini di coppia (pastorale familiare).
- Dedizioni e passioni:
lavoro, volontariato, arte.
- Viaggi:
cambiamenti, pellegrinaggi, incontri.
- Distacchi:
crisi affettive, separazioni e divorzi, seconde nozze.
- Fragilità:
malattia, povertà, solitudine, carceri.
- Lutti:
la perdita di un figlio o di un coniuge.
- Compimento:
di fronte alla nostra morte.
Icone bibliche:
- Mt 13,44-46 (le parabole del regno dei cieli)
- At 8,26-40 (Filippo e l’etiope eunuco)
- Lc 24, 13-35 (i discepoli di Emmaus).
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