Signori
Ambasciatori, l’umanità vive in questo momento come un tornante della propria
storia, considerati i progressi registrati in vari ambiti. Dobbiamo lodare i
risultati positivi che concorrono all’autentico benessere dell’umanità, ad esempio
nei campi della salute, dell’educazione e della comunicazione. Tuttavia, va
anche riconosciuto che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro
tempo continuano a vivere in una precarietà quotidiana con conseguenze funeste.
Alcune patologie aumentano, con le loro conseguenze psicologiche; la paura e la
disperazione prendono i cuori di numerose persone, anche nei Paesi cosiddetti
ricchi; la gioia di vivere va diminuendo; l’indecenza e la violenza sono in
aumento; la povertà diventa più evidente. Si deve lottare per vivere, e spesso
per vivere in modo non dignitoso. Una delle cause di questa situazione, a mio
parere, sta nel rapporto che abbiamo con il denaro, nell’accettare il suo
dominio su di noi e sulle nostre società. Così la crisi finanziaria che stiamo
attraversando ci fa dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda
crisi antropologica. Nella negazione del primato dell’uomo! Abbiamo creato
nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,15-34) ha trovato una nuova
e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia
senza volto né scopo realmente umano.
Dietro
questo atteggiamento si nasconde il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio.
Proprio come la solidarietà, l’etica dà fastidio! È considerata
controproducente: come troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere;
come una minaccia, perché rifiuta la manipolazione e la sottomissione della
persona. Perché l’etica conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle
categorie del mercato. Dio è considerato da questi finanzieri, economisti e
politici, come non gestibile, Dio non gestibile,addirittura pericoloso perché
chiama l’uomo alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni genere di
schiavitù. L’etica – un’etica non ideologica naturalmente – permette, a mio
parere, di creare un equilibrio e un ordine sociale più umani. In questo senso,
incoraggio gli esperti di finanza e i governanti dei vostri Paesi a considerare
le parole di san Giovanni Crisostomo: «Non condividere con i poveri i propri
beni è derubarli e togliere loro la vita. Non sono i nostri beni che noi
possediamo, ma i loro» (Omelia su Lazzaro, 1, 6 : PG 48, 992D).
Cari
Ambasciatori, sarebbe auspicabile realizzare una riforma finanziaria che sia
etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti.
Questa tuttavia richiederebbe un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei
dirigenti politici. Li esorto ad affrontare questa sfida, con determinazione e
lungimiranza, tenendo conto naturalmente della peculiarità dei loro contesti.
Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri; ma
il Papa ha il dovere, in nome di Cristo, di ricordare al ricco che deve aiutare
il povero, rispettarlo, promuoverlo. Il Papa esorta alla solidarietà
disinteressata e a un ritorno dell’etica in favore dell’uomo nella realtà
finanziaria ed economica.
La
Chiesa, da parte sua, lavora sempre per lo sviluppo integrale di ogni persona.
In questo senso, essa ricorda che il bene comune non dovrebbe essere una
semplice aggiunta, un semplice schema concettuale di qualità inferiore inserito
nei programmi politici. La Chiesa incoraggia i governanti ad essere veramente
al servizio del bene comune delle loro popolazioni. Esorta i dirigenti delle
realtà finanziarie a prendere in considerazione l’etica e la solidarietà. E
perché non potrebbero rivolgersi a Dio per ispirare i propri disegni? Si
formerà allora una nuova mentalità politica ed economica che contribuirà a
trasformare la dicotomia assoluta tra la sfera economica e quella sociale in
una sana convivenza.
Dal Discorso del Santo Padre agli ambasciatori,
17 maggio 2013
Etica e finanza: la crisi economica
dal volto disumano
Nei suoi ultimi interventi papa Francesco ha parlato di
crisi antropologica, “feticismo del denaro” e della mancanza di solidarietà e
ricerca del bene comune
Autore: Lucandrea Massaro, 17.5.13, http://www.aleteia.org/it/economia/news/etica-e-finanza-la-crisi-economica-dal-volto-disumano-1471001
Proprio
questo giovedì il papa in due occasioni ha voluto affrontare di petto, senza
anatemi ma con fermezza, il tema della crisi economica mondiale. Crisi che
nell'analisi del pontefice è innanzitutto una crisi etica,
laddove al
posto di Dio è stato posto il denaro. In due occasioni
ufficiali papa Francesco ha
ribadito questo nesso: “ la crisi finanziaria che stiamo attraversando ci fa
dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda crisi antropologica.
Nella negazione del primato dell’uomo! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione
dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,15-34) ha trovato una nuova e spietata
immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto
né scopo realmente umano”. Così agli ambasciatori di alcuni Paesi che venivano
ricevuti presso la Santa Sede.
Il Papa ha quindi proseguito: “Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita! In un tale contesto, la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica. Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune”. Il problema per papa Bergoglio è che “l’etica conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle categorie del mercato”.
Ma il Santo Padre ha poi proseguito questo suo ragionamento sulla povertà e sulla carità come grammatica della Chiesa, segno che questa tematica è centrale nel suo ministero, grazie allo spunto offerto dall'udienza con il board esecutivo della Caritas Internationalis. “La Caritas – dice Francesco - è la carezza della Chiesa al suo popolo; la carezza della Madre Chiesa ai suoi figli; la tenerezza, la vicinanza. La ricerca della verità e lo studio della verità cattolica sono altre dimensioni importanti della Chiesa, se la facciano i teologi… Poi si trasforma in catechesi e in esegesi. La Caritas è l’amore nella Madre Chiesa, che si avvicina, accarezza, ama”. Papa Francesco rimprovera alla spiritualità e alla teologia moderna l'assenza di questa “tenerezza” che è invece la cifra di una Chiesa che sia davvero materna. “E questa caratteristica della tenerezza è per me il nucleo al quale deve riferirsi la spiritualità della Caritas: recuperare per la Chiesa la tenerezza”.
La questione è coniugare queste sollecitudini, che sono pastorali, morali con una proposta da attuare nel mondo, per l'uomo. Come costruire una idea di economia che sia funzionale, efficiente, ma che non sacrifichi a questa efficienza l'uomo? La Dottrina sociale della Chiesa punta ad unire – a fare da ponte – tra il Mercato e lo Stato o meglio ancora tra il mercato e la società, perché il tema è – come ha spiegato ad esempio l'economista Stefano Zamagli in una intervista ad Avvenire – quello di superare l'idea che i due campi d'azione prevedano “codici differenti di azione”.
Secondo Zamagli il problema è che “Oggi si ritiene ancora che l’impresa possa operare nel mercato come meglio crede, o non rispettare in pieno la dignità dei lavoratori, e poi magari fare della filantropia oppure concedere in cambio il nido per i figli dei dipendenti. Ecco, non dovrebbe funzionare così. Un altro aspetto riguarda la società civile organizzata – cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, fondazioni – che non viene confinata al ruolo di soggetto incaricato di ridistribuire il sovrappiù, come in altri sistemi economici, ma è valorizzata come soggetto economico vero e proprio, messa al lavoro”.
Al giorno d'oggi, ha continuato Zamagni, il capitalismo non riesce a occupare più dell’80% della forza lavoro. Il problema – dunque - “è che cosa fare con l’altro 20%. Li abbandoniamo condannandoli alla precarietà eterna, oppure concediamo sussidi che in ogni caso prima o poi finiscono? La risposta degli economisti civili è diversa e porta a considerare forme di impresa, come ad esempio le cooperative sociali, alle quali affidare il compito di garantire la piena occupazione del sistema, orientandole sull’offerta di beni comuni, beni pubblici e beni relazionali” (Avvenire, 17 maggio).
Il Papa ha quindi proseguito: “Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita! In un tale contesto, la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica. Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune”. Il problema per papa Bergoglio è che “l’etica conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle categorie del mercato”.
Ma il Santo Padre ha poi proseguito questo suo ragionamento sulla povertà e sulla carità come grammatica della Chiesa, segno che questa tematica è centrale nel suo ministero, grazie allo spunto offerto dall'udienza con il board esecutivo della Caritas Internationalis. “La Caritas – dice Francesco - è la carezza della Chiesa al suo popolo; la carezza della Madre Chiesa ai suoi figli; la tenerezza, la vicinanza. La ricerca della verità e lo studio della verità cattolica sono altre dimensioni importanti della Chiesa, se la facciano i teologi… Poi si trasforma in catechesi e in esegesi. La Caritas è l’amore nella Madre Chiesa, che si avvicina, accarezza, ama”. Papa Francesco rimprovera alla spiritualità e alla teologia moderna l'assenza di questa “tenerezza” che è invece la cifra di una Chiesa che sia davvero materna. “E questa caratteristica della tenerezza è per me il nucleo al quale deve riferirsi la spiritualità della Caritas: recuperare per la Chiesa la tenerezza”.
La questione è coniugare queste sollecitudini, che sono pastorali, morali con una proposta da attuare nel mondo, per l'uomo. Come costruire una idea di economia che sia funzionale, efficiente, ma che non sacrifichi a questa efficienza l'uomo? La Dottrina sociale della Chiesa punta ad unire – a fare da ponte – tra il Mercato e lo Stato o meglio ancora tra il mercato e la società, perché il tema è – come ha spiegato ad esempio l'economista Stefano Zamagli in una intervista ad Avvenire – quello di superare l'idea che i due campi d'azione prevedano “codici differenti di azione”.
Secondo Zamagli il problema è che “Oggi si ritiene ancora che l’impresa possa operare nel mercato come meglio crede, o non rispettare in pieno la dignità dei lavoratori, e poi magari fare della filantropia oppure concedere in cambio il nido per i figli dei dipendenti. Ecco, non dovrebbe funzionare così. Un altro aspetto riguarda la società civile organizzata – cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, fondazioni – che non viene confinata al ruolo di soggetto incaricato di ridistribuire il sovrappiù, come in altri sistemi economici, ma è valorizzata come soggetto economico vero e proprio, messa al lavoro”.
Al giorno d'oggi, ha continuato Zamagni, il capitalismo non riesce a occupare più dell’80% della forza lavoro. Il problema – dunque - “è che cosa fare con l’altro 20%. Li abbandoniamo condannandoli alla precarietà eterna, oppure concediamo sussidi che in ogni caso prima o poi finiscono? La risposta degli economisti civili è diversa e porta a considerare forme di impresa, come ad esempio le cooperative sociali, alle quali affidare il compito di garantire la piena occupazione del sistema, orientandole sull’offerta di beni comuni, beni pubblici e beni relazionali” (Avvenire, 17 maggio).
Nessun commento:
Posta un commento