Immaginarsi lo Spirito Santo (Enzo Bianchi)
di Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose
In una civiltà dell'immagine, in cui si è portati a considerare vero, reale solo ciò che appare, che si può vedere, dovrebbe sorprendere solo fino a un certo punto il paradossale «successo» dello spirito, il ricorso pressoché universale alla dimensione spirituale, la fuga dalle realtà concrete verso gli universi dell'immaginazione, il fascino dei rapporti «virtuali».
In questa sorta di nebulosa dell'impalpabile i cristiani, che da sempre professano lo Spirito santo come persona della Tri-unità di Dio, appaiono sovente a disagio, quasi travolti da questa ipertrofia dell'indefinibile che lascia libero corso alle fantasie più accese. Eppure la Scrittura non è certo avara di «immagini concrete» dello Spirito di Dio: avvezza a parlare all'uomo nella sua dimensione di creatura, anzi di co-creatura nell'universo, la Bibbia narra questa persona attraverso creature o eventi naturali noti all'uomo tanto quanto i familiarissimi e quotidiani archetipi del padre e del figlio che identificano le altre due persone divine.
Basterebbe quindi non ignorare queste epifanie (letteralmente: «manifestazioni»), queste apocalissi (letteralmente: «rivelazioni, svelamenti») perché lo Spirito cessasse di essere l'illustre sconosciuto presso la quasi totalità dei cristiani in occidente, i quali peraltro sono stati battezzati anche nel suo nome e da lui sono abitati in virtù dei sacramenti.
Il vento, il soffio, il respiro
In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gen 1,1-2).
Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dal soffio dello Spirito (Gv 3,8).
Gesù alitò sui discepoli e disse loro: «Ricevete lo Spirito santo» (Gv 20,22).
Nelle sacre Scritture la presenza e l'azione senza volto dello Spirito trovano una prima immagine nel vento (è questa, tra l'altro, la prima accezione del vocabolo sia ebraico, ruach, che greco, pneûma, che indica lo spirito), questa forza che muove le nuvole, che trasporta i semi affinché germinino in una terra nuova, che nel corpo dell'uomo si fa respiro, soffio e segno di vita: lo Spirito quindi come movimento, circolazione, impulso vitale che si oppone a tutto ciò che è inerte. Non sorprende allora che, «come vento gagliardo», il soffio della Pentecoste sconvolga e rincuori i discepoli paurosi che si erano bloccati nel chiuso del cenacolo. Ma Spirito è anche soffio interiore, respiro che porta ossigeno vitale a tutte le nostre fibre, che le mette in condizione di dare corpo a tutti i nostri sentimenti: allora si presenterà, a noi come a Elia sull'Oreb, «nella brezza di un silenzio trattenuto» (cf. 1Re 19,12).
Nuvola di fuoco, lingue di fuoco
La nube del Signore durante il giorno rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d'Israele, per tutto il tempo del loro viaggio (Es 40,38).
Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi (At 2,3-4).
Anche il fuoco riesce a dire qualcosa dello Spirito, e sotto molteplici aspetti: luce che illumina la notte, che riscalda e protegge, assicurando il dimorare in un luogo (ancora oggi non indichiamo forse con focolare l'intimità dell'abitazione?); roveto ardente di una forza che purifica senza mai estinguersi e fa percepire l'ineffabile di una presenza; fiamma che trasmette la parola, che dà lingua, voce, espressione all'ardore del nostro cuore, come a quello dei discepoli di Emmaus, e supera le divisioni diventando fuoco di comunicazione più forte delle nostre incomunicabilità.
Volo maestoso e pacifico battito d'ali
Voi stessi avete visto ... come ho sollevato voi su ali di aquila e vi ho fatti venire fino a me (Es 19,4).
Uscendo dall'acqua Gesù vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba (Mc 1,10).
Dopo il vento e il fuoco, ancora immagini di aria: il volo maestoso dell'aquila, il rappacificante battito d'ali della colomba. Lo Spirito che aleggiava sulle acque primordiali, aleggia come colomba sulle acque postdiluviane, riconciliando l'umanità - rinnovata in Noè - con il cielo e con la terra, e l'unico e il medesimo Spirito piana sulle acque del Giordano per sigillare la nuova alleanza con l'umanità attraverso il Figlio del Padre. «Come colomba» è detto, perché questa all'uomo infonde pace, quiete con il suo volo mai veloce, racchiuso in un fremito d'ali. E come la colomba sovente geme, così anche lo Spirito in noi dà suono al desiderio e all'attesa; come la colomba si posa lieve alla nostra finestra colmandoci di stupore, così lo Spirito entra nel nostro cuore, inavvertito maestro interiore.
Ma è come «su ali di aquila» che il popolo di Dio è condotto alla presenza del suo Signore: un volo ampio, maestoso, capace di prendere la distanza necessaria dal suolo eppur di continuare nel contempo a scorgere con occhio acuto e vigilante ogni movimento ai suolo. Salire verso Dio non significa perdere di vista gli altri uomini, bensì contemplarli nell'ampiezza di orizzonti e nella magnanimità dello sguardo che sono proprie di Dio: lo spirito del contemplativo è allora lo spirito di chi contempla ogni realtà con l'occhio stesso di Dio.
Acqua zampillante che risana
Il Signore mi condusse poi all'ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente ... e mi disse: quelle acque, dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà» (Ez 47,1.9).
Gesù esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui (Gv 7,37-39).
Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19,34).
Spirito santo, ancora, come acqua zampillante, sorgente inesauribile, torrente che risana tutto ciò che incontra. Mistero dello zampillio della fonte: lascia sgorgare acqua, ma non lascia trapelare da dove l'acqua viene. Corrente limpida e trasparente feconda la cupa terra e la rende un giardino verdeggiante. Acqua che disseta e che pur non cessa di essere desiderata, fresco sollievo all'arsura, lo Spirito è fonte in ognuno di noi affinché a nostra volta possiamo dissetare quanti soffrono per l'aridità dei cuori, quanti anelano a un sorso capace di infondere vita nuova...
Olio messianico
Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a evangelizzare i miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore (Is 61,1-2).
È Dio stesso ... che ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori (2Cor 1,2 1-22).
Infine, immagine dello Spirito è anche l'unzione dell'olio fragrante e profumato. Unzione dei re che diventa il Nome stesso di Gesù: il Messia, cioè il Cristo, l'Unto del Signore. Nell'unzione messianica di Gesù si compie la profezia del Cantico: «Olio che si effonde è il tuo Nome» (Ct 1,3). Olio che nutre il nostro corpo come alimento, che lo risana e lo protegge come lenimento, che lo addestra all'arte della lotta, che gli conferisce profumo e ne esalta lo splendore, che come balsamo dell'incorruttibilità lo accompagna al di là della morte; olio che nella lampada illumina l'oscurità della notte; olio che, versato, impregna della sua tenerezza perfino la pietra più dura. Spirito di Dio sceso nel profondo del corpo umano, Spirito di Dio che imprime un segno definitivo, il sigillo di Cristo, contrassegno del seguace dell'Unto del Signore, profumo che si spande a gioia di quelli che lo sentono: i primi discepoli non venivano forse chiamati i «messianici»?
Così le immagini dello Spirito si rincorrono nelle nostre vite: nessuna lo esaurisce, nessuna può possederlo in esclusiva, tutte e ciascuna invece ci narrano di questa persona divina più intima a noi del nostro stesso intimo, ci svelano la ricchezza di questa realtà vitale che nessuna fantasia virtuale può soppiantare, ci manifestano la presenza efficace della cosa buona per eccellenza.
Nota: Articolo pubblicato su Luoghi dell'infinito 8 (1998), pp. 14-19.
Nessun commento:
Posta un commento