Pretendere di possedere la verità…questo è un tema molto
discusso in questo periodo storico di dominio relativista, ed è
bene un piccolo chiarimento. «È necessario che chiunque abiti una fede non
pensi di possedere la verità, e per giunta assoluta». Così l’invidioso
Umberto Galimberti minaccia i cristiani. Ma, il filosofo del plagio, non sa che ha completamente ragione.
Lo spiega bene Enzo Bianchi, teologo
(seppur, a volte, sui generis): «è assolutamente insensato pensare di
possedere la verità. Per l’autentica fede cristiana, infatti, quella
consegnataci dalle Scritture e dalla grande Tradizione, la verità è una
persona, Gesù Cristo (cf. Gv 14,6), colui che ha narrato Dio
(exeghésato: Gv 1,18): è una verità che sempre ci precede; una verità che, se
mai, ci possiede, ci chiama fuori da noi stessi aprendoci al
dialogo con tutti gli uomini e le donne in ricerca».
Enzo Bianchi si ispira certamente alle profonde
parole di Benedetto XVI del settembre scorso: «come si può avere la verità?
Questo è intolleranza! L’idea di verità e di intolleranza oggi
sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto
alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui
è meglio non fare ricorso. Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione
che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. E’
la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi
possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci
lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in
lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi. Come nessuno può dire:
ho dei figli – non sono un nostro possesso, sono un dono, e come dono di Dio ci
sono dati per un compito – così non possiamo dire: ho la verità, ma la
verità è venuta verso di noi e ci spinge. Dobbiamo imparare a farci
muovere da lei, a farci condurre da lei. E allora brillerà di nuovo: se essa
stessa ci conduce e ci compenetra».
Questo indica che è falso
sostenere -come impone oggi il religiosus political
correctness!- che tutte le religioni sono uguali e non è
possibile nemmeno mettere cattolicesimo e altre confessioni sullo
stesso piano, nell’ottica di un “supermercato delle religioni” in cui ognuno
prende e prova il prodotto che più gli aggrada. Nessun altro
uomo ha preteso di dire: “Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 1-6), o quest’uomo è
completamente pazzo oppure è quel che dice di essere. Occorre prendere
posizione, lo diciamo ai tanti fans laici di Gesù. Molto più
radicalmente il teologo Giussani scriveva: «se c’è un delitto che una
religione può compiere è quello di dire “io sono l’unica strada”. E’ esattamente
ciò che pretende il cristianesimo. Non è ingiusto sentirsi
ripugnare di fronte a tale affermazione. Ingiusto sarebbe non domandarsi il
motivo di tale pretesa» (All’origine della pretesa cristiana, pag.
31).
Solo in Cristo c’è la salvezza e
solo la Chiesa cattolica, guidata dalla successione apostolica,
custodisce la piena verità su Cristo. Questa pretesa va totalmente
distinta da un’affermazione di intolleranza, anche se oggi viene
purtroppo percepita così. Occorre stare attenti alla retorica
multiculturalista perché, lo ha
spiegato Benedetto XVI, «un dialogo interreligioso
nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge
tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali
della decisione religiosa di fondo. Mentre su quest’ultima un vero dialogo non è
possibile senza mettere fra parentesi la propria fede, occorre
affrontare nel confronto pubblico le conseguenze culturali delle decisioni
religiose di fondo». Da questo punto di vista il dialogo culturale con le
altre religioni, una mutua correzione e un arricchimento vicendevole, sono
una preziosità infinita.
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