Martedì
30 aprile, MESSA (S.Marta): Preghino
tutti per la Chiesa, perché non si perda nella mondanità
Quando la Chiesa diventa mondana, quando ha dentro di sé lo spirito del
mondo, quando ha quella pace che non è quella del Signore […] la Chiesa è una
Chiesa debole, una Chiesa che sarà vinta e incapace di portare proprio il
Vangelo, il messaggio della Croce, lo scandalo della Croce…”._____
Lunedì
29 aprile, MESSA (S.Marta): "Benedetta
vergogna" se ci pone in umiltà davanti a Dio
Nella Messa in
Santa Marta, il Papa si sofferma sul Sacramento della Riconciliazione,
spiegando che il confessionale non è un luogo di punizione, né una tintoria
dove togliere una macchia.
"...vergognarsi è una virtù dell’umile, di quell’uomo e di quella donna che è
umile”. “Benedetta vergogna” ha anzi
esclamato il Pontefice. “Non
dobbiamo mai truccarci davanti a Dio!”.
E se
domani faccio lo stesso? Vai un’altra volta, e vai e vai e vai…. Lui sempre ci
aspetta.
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Domenica 28 aprile, (V di Pasqua, giornata dei cresimandi)
un invito che rivolgo a voi cresimandi e cresimande e a tutti: rimanete
saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore. Qui sta il
segreto del nostro cammino! Lui ci dà il coraggio di andare controcorrente. Sentite bene, giovani: andare
controcorrente; questo fa bene al cuore, ma ci vuole il coraggio per andare
controcorrente e Lui ci dà questo coraggio!
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"Andare
incontro a quanti sono alla ricerca della verità"
...comunità chiacchierone, che parlano contro, distruggono l'altro e
guardano dentro, sempre dentro, coperte col muro. Invece la comunità libera,
con la libertà di Dio e dello Spirito Santo, andava avanti, anche nelle
persecuzioni.
...come sono le nostre comunità, le
comunità religiose, le comunità parrocchiali? Sono comunità aperte allo Spirito
Santo, che ci porta sempre avanti per diffondere la Parola di Dio, o sono
comunità chiuse, con tutti i comandamenti precisi, che caricano sulle spalle dei
fedeli tanti comandamenti, come il Signore aveva detto ai farisei?".
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Venerdì
26 aprile, MESSA (S.Marta)
...sebbene molti possano pretendere di vederci bene, ha osservato il Papa, ignorano di
essere, simbolicamente parlando, “malati di cataratta” e di aver bisogno di
un’operazione.
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Mercoledì
24 aprile,
tre brani evangelici “aiutano ad entrare in questo mistero” (del ritorno glorioso del Cristo):
quello delle dieci vergini, dei talenti
e del giudizio finale.
“Non
addormentiamoci - ha esortato il Santo Padre - la vita dei cristiani
addormentati è una vita triste, eh? Non è una vita felice”.
“Un
cristiano che si chiude in se stesso, che nasconde tutto quello che il Signore
gli ha dato, non è cristiano! È un cristiano che non ringrazia Dio per
tutto quello che gli ha donato!”.
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Martedì 23 aprile, MESSA (Cappella Paolina),
nella memoria di San Giorgio (suo onomastico): "L'identità
cristiana è un'appartenenza alla Chiesa"
“È una dicotomia assurda voler vivere con
Gesù senza la Chiesa, seguire Gesù fuori della Chiesa, amare Gesù senza la
Chiesa”. Commentando
la Prima Lettura (At 11,19-26), il Santo Padre ha affermato che “proprio nel momento in cui scoppia la
persecuzione, scoppia la missionarietà della Chiesa”, la quale va avanti “fra
le persecuzioni del mondo e le consolazioni del Signore”, sempre a metà strada
“tra la Croce e la Resurrezione”.
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“Arrampicatori”
sociali sono
presenti “anche nelle comunità cristiane”. In questo
modo la fede cristiana tradisce se stessa e degenera in una “religione da
negozio”, un mercimonio.
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Domenica 21 aprile,
giornata delle VOCAZIONI
...
fin dal grembo di nostra madre impariamo a riconoscere la sua voce e
quella del papà; dal tono di una voce percepiamo l’amore o il disprezzo, l’affetto
o la freddezza. La voce di Gesù è unica! Se impariamo a distinguerla, Egli ci
guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l’abisso della morte.
Ci sono molti giovani oggi, qui in Piazza. Siete tanti voi, no? Si vede… Ecco! Siete tanti giovani oggi qui in Piazza. Vorrei chiedervi: qualche volta avete sentito la voce del Signore che
attraverso un desiderio, un’inquietudine, vi invitava a seguirlo più da vicino?
L’avete sentito? Non sento? Ecco… Avete avuto voglia di essere apostoli di
Gesù? La giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali. Pensate
questo voi? Siete d’accordo? Domanda a Gesù che cosa vuole da te e sii
coraggioso! Sii coraggiosa! Domandaglielo! Dietro e prima di ogni vocazione al sacerdozio o alla vita
consacrata, c’è sempre la preghiera forte e intensa di qualcuno: di una nonna,
di un nonno, di una madre, di un padre, di una comunità… Ecco perché Gesù
ha detto: «Pregate il signore della messe – cioè Dio Padre – perché mandi
operai nella sua messe!» (Mt 9,38). Le
vocazioni nascono nella preghiera e dalla preghiera; e solo nella preghiera
possono perseverare e portare frutto.
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S.MESSA,
IV di Pasqua (ordinazioni sacerdotali)
...oggi vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa: per favore, non vi stancate
di essere misericordiosi. Con l’olio santo darete
sollievo agli infermi e anche agli anziani: non abbiate vergogna di avere tenerezza con gli anziani.
Siete Pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari. Infine, partecipando alla missione di Cristo, Capo e Pastore, in
comunione filiale con il vostro Vescovo, impegnatevi
a unire i fedeli in un’unica famiglia, per condurli a Dio Padre per mezzo di
Cristo nello Spirito Santo.
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Venerdì 19 aprile, MESSA (S.Marta): "Ogni
ideologia è una falsificazione del Vangelo"
Il salto di qualità tipico di tutti i profeti e santi è la “risposta
dell’umiltà”, ovvero l’accoglienza della Parola di Dio “con il cuore”. Tutto il
contrario dei dottori della legge, che “rispondono solo con la testa” e si
rendono così impermeabili a qualunque conversione.
Gesù “va al
cuore perché è Parola d’amore, è parola bella e porta l’amore, ci fa amare”.
Nemmeno il “moralismo” è una strada praticabile: anche chi si ostina a
vedere in Gesù Cristo una mera “strada del dovere”, infatti, cade nella
trappola della pretesa di comprendere tutto solo “con la testa”. Chi ha un atteggiamento del genere carica tutto “sulle spalle dei fedeli”.
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Gesù è una persona reale, non
certo un “dio-spray”.
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Mercoledì 17 aprile,
"Occorre essere fedeli allo Spirito per
annunciare Gesù con la nostra vita, con la nostra testimonianza e con le nostre
parole. Quando facciamo questo, la Chiesa diventa una Chiesa Madre che
genera figli, figli, figli perché noi, figli della Chiesa, portiamo quello. Ma quando non lo facciamo, la Chiesa diventa
non madre, ma la Chiesa babysitter, che cura il bambino per farlo addormentare.
E' una Chiesa sopita.
UDIENZA: È salito al cielo, siede alla destra del
Padre
Egli è il nostro avvocato: che
bello sentire questo! Quando uno è
chiamato dal giudice o va in causa, la prima cosa che fa è cercare un avvocato
perché lo difenda. Noi ne abbiamo uno, che ci difende sempre, ci difende dalle
insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati!
Lui ci ha aperto il passaggio; Lui è come un capo cordata quando si
scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio.
...l’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in
mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era
prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e
tempo, vicino ad ognuno di noi. Nella nostra vita non siamo mai soli: abbiamo
questo avvocato che ci attende, che ci difende. Non siamo mai soli: il Signore
crocifisso e risorto ci guida; con noi ci sono tanti fratelli e sorelle che nel
silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro
problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la
fede e portano, insieme a noi, al mondo la signoria dell’amore di Dio, in
Cristo Gesù risorto, asceso al Cielo, avvocato per noi.
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La
calunnia vuole distruggere l’opera di Dio; la calunnia nasce da una cosa molto
cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana”. “La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle
persone, nelle anime, utilizza la menzogna per andare avanti”.
In
un’epoca “con più martiri che non quella dei primi secoli”, caratterizzata da
“turbolenze spirituali”, c’è però un “posto sicuro” secondo il Santo Padre, che
“è sotto il manto della Madonna”.
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Domenica
14 aprile, III di Pasqua
...noi? Siamo capaci di portare la Parola di Dio nei
nostri ambienti di vita? Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per
noi, in famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce
dall’ascolto, e si rafforza nell’annuncio.
...non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la
testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere
nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio! Mi viene in mente adesso un consiglio che san Francesco d’Assisi dava ai suoi fratelli:
predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole. Predicare con
la vita: la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che
dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la
credibilità della Chiesa.
E questo è un punto importante
per noi: vivere un rapporto intenso con
Gesù, un’intimità di dialogo e di vita, così da riconoscerlo come “il Signore”.
Adorarlo!
...adoriamo il Signore? Andiamo da Dio solo per chiedere,
per ringraziare, o andiamo da Lui anche per adorarlo? Che cosa vuol dire allora
adorare Dio? Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con
Lui, sentendo che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più
importante di tutte. Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e
forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose
ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il
posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però
semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita; adorare il
Signore vuol dire che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio
della nostra vita, il Dio della nostra storia.
Questo ha
una conseguenza nella nostra vita: spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi
che abbiamo e nei quali ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte
riponiamo la nostra sicurezza. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti;
possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere
al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere
gli unici padroni della nostra vita, qualche peccato a cui siamo legati, e
molti altri.
Regina
coeli: Di
fronte alle incomprensioni il cristiano risponde con l'amore e con la forza
della verità
...dove trovavano i primi
discepoli la forza per questa loro testimonianza? Non solo: da dove venivano
loro la gioia e il coraggio dell’annuncio, malgrado gli ostacoli e le violenze?
E’ chiaro che solo la presenza con loro del Signore
Risorto e l’azione dello Spirito Santo possono spiegare questo fatto. Il
Signore che era con loro e lo Spirito che li spingeva alla predicazione spiega
questo fatto straordinario. La loro fede si basava su un’esperienza così forte
e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di
nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che
permetteva loro di seguire le orme di Gesù e di assomigliare a Lui,
testimoniando con la vita.
Questa
storia della prima comunità cristiana ci dice una cosa molto importante, che
vale per la Chiesa di tutti i tempi, anche per noi: quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui,
sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non
può fare a meno di comunicare questa esperienza. E se questa persona incontra
incomprensioni o avversità, si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde
con l’amore e con la forza della verità.
sabato
13 aprile, MESSA (S.Marta): Il
cristiano non "trucca" la vita, ma la accetta così come la vuole Dio
Non è un buon
atteggiamento quello di truccare la vita, di fare il maquillage alla vita: no,
no. La vita è come è, è la realtà. E' come Dio vuole che sia o come Dio
permette che sia, ma è come è, e dobbiamo prenderla come è. E lo Spirito del
Signore ci darà la soluzione ai problemi.
“La prima cosa che fanno è mormorare: chiacchierare uno contro
l’altro” ha osservato papa Francesco, “ma questo non porta ad alcuna
soluzione”. “Gli apostoli – ha proseguito - con l’assistenza dello Spirito
Santo, hanno reagito bene: hanno convocato il gruppo dei discepoli e
hanno parlato”.
È quello il primo passo da compiere, secondo il Papa:
“Quando ci sono difficoltà, bisogna
guardarle bene e prenderle e parlarne, mai nasconderle”. Gli Apostoli, infatti,
non si nascondono ma “valutano e decidono”, consapevoli che il loro primo dovere
“era la preghiera e il servizio della Parola”.
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Venerdì
12 aprile, MESSA (S.Marta): "Il
Signore non fa come una fata con la bacchetta magica"
Il Pontefice ha definito il “trionfalismo” “una grande tentazione nella
vita cristiana”, dalla quale non furono immuni nemmeno gli apostoli. Ma, ha
rilevato, “il trionfalismo non è del Signore”, che ha vissuto “umilmente”. “Il
Signore– ha proseguito – ci insegna che nella vita non è tutto magico, che
il trionfalismo non è cristiano”.
V’è invece una “grazia che dobbiamo chiedere”, ha notato quindi il Papa,
che “è quella della perseveranza: perseverare nel cammino del Signore, fino
alla fine, tutti i giorni”. Nel cammino si procede “con difficoltà, con lavoro,
con tante gioie”. L’invocazione allora è “che il Signore ci salvi dalle
fantasie trionfalistiche”.
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Giovedì
11 aprile, MESSA (S.Marta): Dritti
per la strada di Cristo, senza ascoltare le "proposte di peccato" del
mondo
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Mercoledì
10 aprile,
Dio ci
tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando
sbagliamo.
Tuttavia, questa relazione filiale con Dio non è come un tesoro che conserviamo in un angolo della nostra vita, ma deve crescere, dev’essere alimentata ogni
giorno con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la partecipazione ai
Sacramenti, specialmente della Penitenza e dell’Eucaristia, e la carità. Noi
possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità - noi abbiamo la
dignità di figli -. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci
trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani,
cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze. La
tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre
alle porte e l’esperienza del peccato ferisce la nostra vita cristiana, il
nostro essere figli di Dio. Per questo dobbiamo avere il coraggio della fede e
non lasciarci condurre dalla mentalità che ci dice: "Dio non serve, non è
importante per te", e così via. E’ proprio il contrario: solo
comportandoci da figli di Dio, senza scoraggiarci per le nostre cadute, per i
nostri peccati, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova, animata
dalla serenità e dalla gioia. Dio è la nostra forza! Dio è la nostra speranza!
Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere
in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui; è lasciare che Lui
prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle
tenebre del male e del peccato.
Mostriamo la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere
in Cristo, che è la vera libertà, quella che ci salva dalla schiavitù del male,
del peccato, della morte! Guardiamo alla Patria celeste, avremo una nuova luce e
forza anche nel nostro impegno e nelle nostre fatiche quotidiane. E’ un
servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non
riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo
sguardo verso Dio.
...a volte
“crediamo di farcela” davanti alle difficoltà, di essere sufficienti a noi
stessi, magari basando tutto su sicurezze e idolatrie. Come ad esempio i soldi.
Altre volte“pensiamo di salvarci con la vanità, con
l’orgoglio, crederci potenti…”. Ma “anche quello non va”, ha ribadito, è solo
un “mascherare la nostra povertà, i nostri peccati con la vanità, l’orgoglio… E
anche quello finisce”.
“E’ bello
credere nell’amore, questa è la verità. E’ la verità della nostra vita!”.
L’invito
a conclusione dell’omelia è di fare “oggi un atto di fede”, pregando: “Signore, io credo. Credo nel Tuo amore.
Credo che il Tuo amore mi ha salvato. Credo che il Tuo amore mi ha dato quella
dignità che non avevo. Credo che il Tuo amore mi dà la speranza”.
______
Martedì 9 aprile, MESSA (S.Marta): Meno
"chiacchiere" e più "mitezza": le raccomandazioni del Papa
ai cristiani
...“dobbiamo fare
di tutto perché quella vita si sviluppi nella vita nuova”. A cominciare dalle
cose più semplici, anche quelle che si danno per scontato. Come la “mitezza
nella comunità”, una virtù “un po’ dimenticata” secondo Papa Francesco, ma che
invece è un buon antidoto per “tanti nemici”.
Innanzitutto le “chiacchiere”, il giudizio, il parlare o meglio ‘sparlare’
l’uno degli altri, una vera ferita nel corpo che è la comunità cristiana.
“Quando si preferisce chiacchierare dell’altro, bastonare un po’ l’altro” ha
detto il Santo Padre, bisogna ricordare che “sono tentazioni del maligno che
non vuole che lo Spirito venga da noi e faccia questa pace, questa mitezza
nelle comunità cristiane”.
E’ vero: “sono cose quotidiane che capitano a tutti, anche a me” ha
aggiunto con grande sincerità; “sempre ci sono queste lotte”, in parrocchia, in
famiglia, nel quartiere, tra amici. Tuttavia, ha ribadito, “questa non è la
vita nuova”.
In virtù di questo,
i cristiani – ha rimarcato il Pontefice - sono chiamati a “non giudicare
nessuno” perché “l’unico Giudice è il Signore” e a “stare zitti”. Nel caso in
cui sia proprio necessario dire qualcosa, bisogna dirla almeno agli interessati
o a “chi può rimediare alla situazione”, “non a tutto il quartiere”.
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Domenica
7 aprile, II di Pasqua (Divina Misericordia)
«Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). Non è un saluto, e nemmeno
un semplice augurio: è un dono, anzi, il dono prezioso che Cristo offre
ai suoi discepoli dopo essere passato attraverso la morte e gli inferi. Dona la pace, come aveva promesso: «Vi lascio la pace, vi do la mia
pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Questa pace è il frutto della vittoria
dell’amore di Dio sul male, è il frutto del perdono. Ed è proprio così: la vera
pace, quella profonda, viene dal fare esperienza della misericordia di Dio.
In ogni tempo e in ogni luogo sono beati coloro che,
attraverso la Parola di Dio, proclamata nella Chiesa e testimoniata dai
cristiani, credono che Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato, la Misericordia
incarnata. E questo vale per ciascuno di noi!
MESSA
(S.Giovanni in Laterano): insediamento sulla Cattedra di Vescovo
di Roma: "Dio
sempre ci aspetta, non si stanca"
La
pazienza: Gesù non abbandona il testardo Tommaso nella sua incredulità; gli
dona una settimana di tempo, non chiude la porta, attende.
Pietro:
per tre volte rinnega Gesù proprio quando doveva essergli più vicino; e quando
tocca il fondo incontra lo sguardo di Gesù che, con pazienza, senza parole gli
dice: «Pietro, non avere paura della tua debolezza, confida in me»; e Pietro
comprende, sente lo sguardo d’amore di Gesù e piange. Che bello è questo
sguardo di Gesù – quanta tenerezza! Fratelli e sorelle, non perdiamo mai la
fiducia nella misericordia paziente di Dio!
Questo è
lo stile di Dio: non è impaziente come noi, che spesso vogliamo tutto e subito,
anche con le persone. Dio è paziente con noi perché ci ama, e chi ama
comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare.
Dio
sempre ci aspetta, non si stanca. Gesù ci mostra questa pazienza misericordiosa
di Dio perché ritroviamo fiducia, speranza, sempre!
...la
pazienza di Dio deve trovare in noi il coraggio di ritornare a Lui, qualunque
errore, qualunque peccato ci sia nella nostra vita. Gesù invita Tommaso a
mettere la mano nelle sue piaghe delle mani e dei piedi e nella ferita del
costato. Anche noi possiamo entrare nelle piaghe di Gesù, possiamo toccarlo
realmente; e questo accade ogni volta che riceviamo con fede i Sacramenti.
Forse qualcuno potrebbe pensare: il mio peccato è così grande, la mia
lontananza da Dio è come quella del figlio minore della parabola, la mia
incredulità è come quella di Tommaso; non ho il coraggio di tornare, di pensare
che Dio possa accogliermi e che stia aspettando proprio me. Ma Dio aspetta
proprio te, ti chiede solo il coraggio di andare a Lui. Quante volte nel mio
ministero pastorale mi sono sentito ripetere: «Padre, ho molti peccati»; e
l’invito che ho sempre fatto è: «Non temere, va’ da Lui, ti sta aspettando, Lui
farà tutto». Quante proposte mondane sentiamo attorno a noi, ma lasciamoci
afferrare dalla proposta di Dio, la sua è una carezza di amore. Per Dio noi non
siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia;
anche se peccatori, siamo ciò che gli sta più a cuore.
Nella mia vita personale ho visto tante volte il volto misericordioso di
Dio, la sua pazienza; ho visto anche in tante persone il coraggio di entrare
nelle piaghe di Gesù dicendogli: Signore sono qui, accetta la mia povertà,
nascondi nelle tue piaghe il mio peccato, lavalo col tuo sangue. E ho sempre
visto che Dio l’ha fatto, ha accolto, consolato, lavato, amato.
Cari fratelli e sorelle, lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella sua
pazienza che sempre ci dà tempo; abbiamo il coraggio di tornare nella sua casa,
di dimorare nelle ferite del suo amore, lasciandoci amare da Lui, di incontrare
la sua misericordia nei Sacramenti. Sentiremo la sua tenerezza, sentiremo il
suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di
perdono, di amore.
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...il Santo Padre ha raccontato uno dei suoi ormai popolari aneddoti del suo ministero
episcopale a Buenos Aires: nella curia della capitale argentina lavorava un
giovane padre di famiglia, con otto figli a carico.
Si trattava di un uomo umile, privo di istruzione ma con una grande fede:
prima di uscire o di compiere un atto importante, invocava sempre il nome di
Gesù. “Perché dici sempre: ‘Gesù’”, gli domandò un giorno il futuro Papa.
“Quando io dico ‘Gesù’ mi sento forte, mi sento di poter lavorare, e io so che
Lui è al mio fianco, che Lui mi custodisce”, fu la risposta del brav’uomo.
Papa Francesco ha descritto questo suo ex dipendente come un uomo che “non
ha studiato teologia” ma ha “soltanto la grazia del Battesimo e la forza dello
Spirito”. La sua testimonianza “a me ha fatto tanto bene”, ha commentato il
Santo Padre.
Se da un lato - ha proseguito il Pontefice - il mondo “ci offre tanti salvatori, solo
il nome di Gesù è quello che salva. E se da un lato molta gente ricorre ai
maghi e ai tarocchi per risolvere i propri problemi, non dobbiamo stancarci di
testimoniare che Gesù “è unico” e solo da Lui arriva la salvezza.
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Una volta provato lo stupore, seguito dalla consolazione spirituale,
l’ultimo “scalino” è la pace. Anche nelle prove più dolorose, il cristiano “non
perde la pace e la presenza di Gesù”, ha detto il Santo Padre.
La vera pace non si può perdere, né vendere, né comprare, perché “non
è nostra” ma è “un dono di Dio”, ha aggiunto papa Francesco, concludendo con
queste parole: “Chiediamo la grazia della consolazione spirituale e della pace
spirituale, che incomincia con questo stupore di gioia nell’incontro con Gesù
Cristo”.
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Mercoledì
3 aprile,
“Si lamentavano”. E a forza di lamentele, la loro vita che, poco tempo
prima, era stata illuminata dall’incontro con Gesù Cristo, sprofondava
nell’amarezza, nell’incertezza e nel rimpianto.
Nella difficoltà, quando “ci visita la Croce”, il rischio più immediato che
corriamo è proprio quello di “chiuderci nelle lamentele”, ha osservato il Papa. E anche se
il Signore è lì accanto e cammina con noi, “non lo riconosciamo”.
Le lamentele, dunque, sono
“cattive”, sempre sterili, perché “ci tolgono la speranza”. Quando arriva il
momento della prova, non dobbiamo cadere quindi nel trabocchetto della
lamentela, “ma se qualcosa non va rifugiamoci nel Signore, confidiamoci con
Lui”.
Solo Lui è capace di farci uscire dalle mura in cui ci rinchiude la nostra
amarezza. “Abbiamo fiducia nel Signore – ha esortato il Papa -. Lui sempre ci
accompagna nel nostro cammino, anche nelle ore più oscure”.
...spesso si è cercato di oscurare la fede nella Risurrezione di Gesù, e anche
fra gli stessi credenti si sono insinuati dubbi. Un po’ quella fede
"all’acqua di rose", come diciamo noi; non è la fede forte. E questo per superficialità, a
volte per indifferenza, occupati da mille cose che si ritengono più importanti
della fede, oppure per una visione solo orizzontale della vita. Ma è proprio la
Risurrezione che ci apre alla speranza più grande, perché apre la nostra vita e
la vita del mondo al futuro eterno di Dio, alla felicità piena, alla certezza
che il male, il peccato, la morte possono essere vinti. E questo porta a vivere
con più fiducia le realtà quotidiane, affrontarle con coraggio e con impegno.
La Risurrezione di Cristo illumina con una luce nuova queste realtà quotidiane.
La Risurrezione di Cristo è la nostra forza!
Le donne sono spinte dall’amore e sanno accogliere questo annuncio con
fede: credono, e subito lo trasmettono, non lo tengono per sé, lo trasmettono.
La gioia di sapere che Gesù è vivo, la speranza che riempie il cuore, non si
possono contenere. Questo dovrebbe avvenire anche nella nostra vita. Sentiamo
la gioia di essere cristiani! Noi crediamo in un Risorto che ha vinto il male e
la morte! Abbiamo il coraggio di "uscire" per portare questa gioia e
questa luce in tutti i luoghi della nostra vita! La Risurrezione di Cristo è la
nostra più grande certezza; è il tesoro più prezioso! Come non condividere con
gli altri questo tesoro, questa certezza? Non è soltanto per noi, è per
trasmetterla, per darla agli altri, condividerla con gli altri. E' proprio la nostra
testimonianza.
...un elemento a favore della storicità della Risurrezione: se fosse un fatto
inventato, nel contesto di quel tempo non sarebbe stato legato alla
testimonianza delle donne. Gli evangelisti invece narrano semplicemente ciò che
è avvenuto: sono le donne le prime testimoni. Questo dice che Dio non sceglie
secondo i criteri umani: i primi testimoni della nascita di Gesù sono i
pastori, gente semplice e umile; le prime testimoni della Risurrezione sono le
donne. E questo è bello. E questo è un po’ la missione delle donne: delle
mamme, delle donne! Dare testimonianza ai figli, ai nipotini, che Gesù è vivo,
è il vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza! Per
Dio conta il cuore, quanto siamo aperti a Lui, se siamo come i bambini che si
fidano. Ma questo ci fa riflettere anche su come le donne, nella Chiesa e nel
cammino di fede, abbiano avuto e abbiano anche oggi un ruolo particolare
nell’aprire le porte al Signore, nel seguirlo e nel comunicare il suo Volto,
perché lo sguardo di fede ha sempre bisogno dello sguardo semplice e profondo
dell’amore. Gli Apostoli e i discepoli fanno più fatica a credere. Le donne no.
Pietro corre al sepolcro, ma si ferma alla tomba vuota; Tommaso deve toccare
con le sue mani le ferite del corpo di Gesù. Anche nel nostro cammino di fede è
importante sapere e sentire che Dio ci ama, non aver paura di amarlo: la fede
si professa con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore.
Anche per noi ci sono tanti segni in cui il Risorto si fa riconoscere: la
Sacra Scrittura, l’Eucaristia, gli altri Sacramenti, la carità, quei gesti di
amore che portano un raggio del Risorto. Lasciamoci illuminare dalla
Risurrezione di Cristo, lasciamoci trasformare dalla sua forza, perché anche attraverso
di noi nel mondo i segni di morte lascino il posto ai segni di vita. Ho visto
che ci sono tanti giovani nella piazza. Eccoli! A voi dico: portate
avanti questa certezza: il Signore è vivo e cammina a fianco a noi nella vita.
Questa è la vostra missione! Portate avanti questa speranza. Siate
ancorati a questa speranza: questa àncora che è nel cielo; tenete forte la
corda, siate ancorati e portate avanti la speranza. Voi, testimoni di Gesù,
portate avanti la testimonianza che Gesù è vivo e questo ci darà speranza, darà
speranza a questo mondo un po’ invecchiato per le guerre, per il male, per il
peccato. Avanti giovani!
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Martedì
2 aprile, MESSA (S.Marta): "A
volte gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime"
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Lunedì
1° aprile, REGINA COELI: "Esprimere
nella vita il sacramento che abbiamo ricevuto"
Cristo ha vinto il male in modo pieno e definitivo, ma spetta a noi,
agli uomini di ogni tempo, accogliere questa vittoria nella nostra vita e nelle
realtà concrete della storia e della società.
...il Battesimo che ci fa figli di Dio, l’Eucaristia che ci unisce a
Cristo, devono diventare vita, tradursi cioè in atteggiamenti, comportamenti,
gesti, scelte. La grazia contenuta nei Sacramenti pasquali è un potenziale di
rinnovamento enorme per l’esistenza personale, per la vita delle famiglie, per
le relazioni sociali. Ma tutto passa attraverso il cuore umano: se io mi lascio
raggiungere dalla grazia di Cristo risorto, se le permetto di cambiarmi in quel
mio aspetto che non è buono, che può far male a me e agli altri, io permetto
alla vittoria di Cristo di affermarsi nella mia vita, di allargare la sua
azione benefica. Questo è il potere della grazia! Senza la grazia non possiamo
nulla.
Esprimere nella vita il sacramento che abbiamo
ricevuto: ecco, cari fratelli e sorelle, il nostro impegno quotidiano, ma direi
anche la nostra gioia quotidiana! La gioia di sentirsi strumenti della grazia
di Cristo, come tralci della vite che è Lui stesso, animati dalla linfa del suo
Spirito!
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