(ottobre 1999)
Ai miei fratelli e sorelle
anziani!
“ Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti,
ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo ” (Sal 90 [89], 10)
ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo ” (Sal 90 [89], 10)
1. Settant'anni erano tanti al tempo in cui il Salmista scriveva queste
parole, e non erano in molti ad oltrepassarli; oggi, grazie ai progressi della
medicina nonché alle migliorate condizioni sociali ed economiche, in molte
regioni del mondo la vita si è notevolmente allungata. Resta, però, sempre vero
che gli anni passano in fretta; il dono della vita, nonostante la fatica e il
dolore che la segnano, è troppo bello e prezioso perché ce ne possiamo
stancare.
Anziano anch'io, ho sentito il desiderio di mettermi in dialogo con voi.
E lo faccio anzitutto rendendo grazie a Dio per i doni e le opportunità che mi
ha elargito con abbondanza sino ad oggi. (…)
2. Carissimi fratelli e sorelle, riandare al passato per tentare una
sorta di bilancio è spontaneo alla nostra età. Questo sguardo retrospettivo
consente una valutazione più serena ed oggettiva di persone e situazioni
incontrate lungo il cammino. Il passare del tempo sfuma i contorni delle
vicende e ne addolcisce i risvolti dolorosi. Purtroppo crucci e tribolazioni
sono largamente presenti nell'esistenza di ciascuno. Talvolta si tratta di
problemi e sofferenze, che mettono a dura prova la resistenza psicofisica e
magari scuotono la stessa fede. L'esperienza però insegna che le stesse pene
quotidiane, con la grazia del Signore, contribuiscono spesso alla maturazione
delle persone, temprandone il carattere. (…)
5. Che cosa è la vecchiaia? Di essa a volte si parla come dell'autunno
della vita - lo faceva già Cicerone - seguendo l'analogia suggerita dalle
stagioni e dal susseguirsi delle fasi della natura. (…)
9. Nel passato si nutriva grande rispetto per gli anziani. (…)
Ed oggi? Se ci
soffermiamo ad analizzare la situazione attuale, constatiamo che presso alcuni
popoli la vecchiaia è stimata e valorizzata; presso altri, invece, lo è molto
meno a causa di una mentalità che pone al primo posto l'utilità immediata e la
produttività dell'uomo. Per via di tale atteggiamento, la cosiddetta terza o
quarta età è spesso deprezzata, e gli anziani stessi sono indotti a domandarsi
se la loro esistenza sia ancora utile.
Si giunge persino a proporre con crescente
insistenza l'eutanasia, come soluzione per le situazioni difficili. Il concetto
di eutanasia, purtroppo, è venuto perdendo in questi anni per molte persone
quella connotazione di orrore che naturalmente suscita negli animi sensibili al
rispetto della vita. (…)
Certo, può accadere che, nei casi di malattie
gravi con sofferenze insopportabili, le persone provate siano tentate di
esasperazione e i loro cari o quanti sono preposti alle loro cure possano
sentirsi spinti da una malintesa compassione a ritenere ragionevole la
soluzione della “ morte dolce ”. A tal proposito, occorre ricordare che la
legge morale consente di rinunciare al cosiddetto “ accanimento terapeutico
”,(15) e richiede soltanto quelle cure che rientrano nelle normali esigenze
dell'assistenza medica. Ma ben altro è l'eutanasia intesa come diretta
provocazione della morte! Malgrado le intenzioni e le circostanze, essa resta
un atto intrinsecamente cattivo, una violazione della legge divina, un'offesa
alla dignità della persona umana.
Se un giorno
mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi
pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo
con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando
eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti
addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi
vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse
perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove
tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto
ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc; quando ad un certo
punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo
necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più
importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti
li che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il
tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani
forti nello stesso modo con cui io l'ho fatto con te quando muovevi i tuoi
primi passi. Quando dico che vorrei essere morto... non arrabbiarti, un giorno
comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non
si vive, si sopravvive. Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho
sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un
po' del tuo tempo, dammi un po' della tua pazienza, dammi una spalla su cui
poggiare la testa allo stesso modo in cui io l'ho fatto per te. Aiutami a
camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti
darò un sorriso e l'immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio
mio.
Il «De senectute» del XXI secolo.
L’arte di invecchiare
di Anselm Grün, Avvenire 23.1.11
Spesso, da persone che hanno
lasciato la vita lavorativa, si sente la frase: «Una volta vivevo sempre con
l’agenda. Dovevo pianificare esattamente i miei appuntamenti. Qualche volta era
un peso. Ma anche vivere senza agenda, come adesso, non è tanto semplice».
Alcuni di quelli che fanno quest’esperienza si chiedono che cosa possono fare
perché la loro vecchiaia non diventi un tempo sprecato, inutilizzato. Come si
può, da vecchi, fare l’esperienza del tempo in modo nuovo? Le nostre agende
hanno il senso di farci sfruttare bene il nostro tempo. Strutturiamo la nostra
giornata in modo da poter portare a termine i compiti importanti nel tempo a
nostra disposizione. Le persone anziane non hanno più bisogno di programmare il
loro tempo fino all’ultimo secondo, perché non devono più rendere il più
possibile. È bene, però, che diano al loro tempo una buona struttura. Ognuno
dovrebbe scegliere un buon ritmo per la propria giornata. (…)
Il tempo sarebbe sprecato se
fosse riempito di cose futili, di un continuo brontolare, di rabbia e di liti.
Nella vecchiaia non dobbiamo più rendere, ma sarebbe bene vivere il tempo in
maniera consapevole. È un’arte che dobbiamo imparare ora, nella vecchiaia:
essere interamente nell’attimo, concentrarci sulle conversazioni che abbiamo,
assaporare l’incontro con le persone,
lasciarci tempo per gli altri. Il tempo, però, è anche tempo compiuto quando
leggo ciò che mi interessa, quando ascolto musica o gioisco di una passeggiata.
Se viviamo davvero, il tempo è sempre tempo pieno. La prima frase di Gesù che
l’evangelista Marco ci tramanda è: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è
vicino» (Mc 1,15). Il tempo – afferma dunque Gesù – è compiuto se è
Dio a regnare su di me e non più la pressione delle molte scadenze o le
aspettative delle persone. Nella vecchiaia non sono più tenuto a esaudire le
aspettative altrui. Posso vivere in prima persona. (…)
È tempo regalato, tempo piacevole, tempo di grazia, come lo chiama
l’apostolo Paolo. Agli anziani piace raccontare del passato. Per la generazione
successiva può senz’altro essere interessante. Ci sono persone anziane che si
ascoltano volentieri quando raccontano del passato. Ma ci sono anche persone
con le quali ci si dispone a fare entrare le cose da un orecchio e a farle
uscire dall’altro, perché si sono sentite già tante volte le vecchie storie.
C’è una differenza nel modo in cui racconto del passato, se metto soltanto me
stesso e le mie grandi imprese al centro dell’attenzione o se parlo di
esperienze che ho fatto con le persone o se rifletto anche su ciò che ho
vissuto e cerco di comprenderne il significato per la nostra vita oggi. È
importante trasmettere le esperienze e i valori del passato. Ne traggono
profitto anche gli altri. Ma, anche da anziani, non bisognerebbe rimanere a
quello che è stato. Anche da anziani dobbiamo senz’altro pensare al nostro
futuro. Non sappiamo quanti anni Dio ci donerà ancora. Possiamo però
pianificare il nostro futuro, dei viaggi, una vacanza. Ciascuno dovrebbe
riflettere su come gli piacerebbe vivere gli anni a venire, che cosa vorrebbe
ancora realizzare e fare all’esterno. In tutto ciò che programma, però,
dovrebbe aggiungere la riserva: «Se Dio vuole». Nella storia ci sono
sempre stati vecchi che, in qualità di profeti, hanno avuto un occhio
particolare per il futuro. Li incontriamo anche nella Bibbia. Per esempio,
Simeone e Anna nella storia dell’infanzia di Gesù narrata da Luca. Il loro
esempio dimostra che gli anziani non hanno soltanto il compito di provvedere al
proprio futuro e pianificarlo. Spesso hanno anche una responsabilità
particolare per il futuro dell’umanità. Simeone e Anna, i due vecchi,
riconoscono chi è quel bambino, Gesù, e che cosa porterà al mondo. Le persone
anziane, quindi, hanno spesso un occhio particolare per quello di cui c’è
bisogno per il futuro del mondo e per che cosa potrebbe essergli d’aiuto per
trasformarsi in un futuro migliore. Devono anche comunicarlo all’esterno,
ciascuno a modo suo. (…)
Anthony de Mello racconta una bella storia a questo proposito.
Stava per arrivare la stagione dei monsoni e uno vide come il suo vicino, un
uomo di età molto avanzata, scavava dei buchi profondi nel suo giardino. «Che
cosa fate?», chiese. «Pianto alberi di mango», fu la risposta. «Volete
ancora mangiare i frutti di questi alberi?». «No», replicò il vecchio, «non
vivrò più così a lungo. Ma ci saranno degli altri. Poco tempo fa mi è venuto in
mente che per tutta la vita ho mangiato dei manghi piantati da altri. In questo
modo desidero dimostrare loro la mia gratitudine».
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