sabato 5 ottobre 2013

Anziani (dizionario)

Dalla LETTERA di    GIOVANNI PAOLO II
AGLI ANZIANI
(ottobre 1999)
Ai miei fratelli e sorelle anziani!
“ Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti,
ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo ” (Sal 90 [89], 10)
1. Settant'anni erano tanti al tempo in cui il Salmista scriveva queste parole, e non erano in molti ad oltrepassarli; oggi, grazie ai progressi della medicina nonché alle migliorate condizioni sociali ed economiche, in molte regioni del mondo la vita si è notevolmente allungata. Resta, però, sempre vero che gli anni passano in fretta; il dono della vita, nonostante la fatica e il dolore che la segnano, è troppo bello e prezioso perché ce ne possiamo stancare.
Anziano anch'io, ho sentito il desiderio di mettermi in dialogo con voi. E lo faccio anzitutto rendendo grazie a Dio per i doni e le opportunità che mi ha elargito con abbondanza sino ad oggi. (…)
2. Carissimi fratelli e sorelle, riandare al passato per tentare una sorta di bilancio è spontaneo alla nostra età. Questo sguardo retrospettivo consente una valutazione più serena ed oggettiva di persone e situazioni incontrate lungo il cammino. Il passare del tempo sfuma i contorni delle vicende e ne addolcisce i risvolti dolorosi. Purtroppo crucci e tribolazioni sono largamente presenti nell'esistenza di ciascuno. Talvolta si tratta di problemi e sofferenze, che mettono a dura prova la resistenza psicofisica e magari scuotono la stessa fede. L'esperienza però insegna che le stesse pene quotidiane, con la grazia del Signore, contribuiscono spesso alla maturazione delle persone, temprandone il carattere. (…)
5. Che cosa è la vecchiaia? Di essa a volte si parla come dell'autunno della vita - lo faceva già Cicerone - seguendo l'analogia suggerita dalle stagioni e dal susseguirsi delle fasi della natura. (…)
Se, pertanto, l'infanzia e la giovinezza sono il periodo in cui l'essere umano è in formazione, vive proiettato verso il futuro, e, prendendo consapevolezza delle proprie potenzialità, imbastisce progetti per l'età adulta, la vecchiaia non manca dei suoi beni, perché - come osserva san Girolamo - attenuando l'impeto delle passioni, essa “accresce la sapienza, dà più maturi consigli”. In un certo senso, è l'epoca privilegiata di quella saggezza che in genere è frutto dell'esperienza, perché “il tempo è un grande maestro”. (…)
9. Nel passato si nutriva grande rispetto per gli anziani. (…)
Ed oggi? Se ci soffermiamo ad analizzare la situazione attuale, constatiamo che presso alcuni popoli la vecchiaia è stimata e valorizzata; presso altri, invece, lo è molto meno a causa di una mentalità che pone al primo posto l'utilità immediata e la produttività dell'uomo. Per via di tale atteggiamento, la cosiddetta terza o quarta età è spesso deprezzata, e gli anziani stessi sono indotti a domandarsi se la loro esistenza sia ancora utile.
Si giunge persino a proporre con crescente insistenza l'eutanasia, come soluzione per le situazioni difficili. Il concetto di eutanasia, purtroppo, è venuto perdendo in questi anni per molte persone quella connotazione di orrore che naturalmente suscita negli animi sensibili al rispetto della vita. (…)
Certo, può accadere che, nei casi di malattie gravi con sofferenze insopportabili, le persone provate siano tentate di esasperazione e i loro cari o quanti sono preposti alle loro cure possano sentirsi spinti da una malintesa compassione a ritenere ragionevole la soluzione della “ morte dolce ”. A tal proposito, occorre ricordare che la legge morale consente di rinunciare al cosiddetto “ accanimento terapeutico ”,(15) e richiede soltanto quelle cure che rientrano nelle normali esigenze dell'assistenza medica. Ma ben altro è l'eutanasia intesa come diretta provocazione della morte! Malgrado le intenzioni e le circostanze, essa resta un atto intrinsecamente cattivo, una violazione della legge divina, un'offesa alla dignità della persona umana.


Se un giorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere morto... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive. Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l'ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio mio.

Il «De senectute» del XXI secolo. L’arte di invecchiare 
di Anselm Grün, Avvenire 23.1.11

Spesso, da persone che hanno lasciato la vita lavorativa, si sente la frase: «Una volta vivevo sempre con l’agenda. Dovevo pianificare esattamente i miei appuntamenti. Qualche volta era un peso. Ma anche vivere senza agenda, come adesso, non è tanto semplice». Alcuni di quelli che fanno quest’esperienza si chiedono che cosa possono fare perché la loro vecchiaia non diventi un tempo sprecato, inutilizzato. Come si può, da vecchi, fare l’esperienza del tempo in modo nuovo? Le nostre agende hanno il senso di farci sfruttare bene il nostro tempo. Strutturiamo la nostra giornata in modo da poter portare a termine i compiti importanti nel tempo a nostra disposizione. Le persone anziane non hanno più bisogno di programmare il loro tempo fino all’ultimo secondo, perché non devono più rendere il più possibile. È bene, però, che diano al loro tempo una buona struttura. Ognuno dovrebbe scegliere un buon ritmo per la propria giornata. (…)
Il tempo sarebbe sprecato se fosse riempito di cose futili, di un continuo brontolare, di rabbia e di liti. Nella vecchiaia non dobbiamo più rendere, ma sarebbe bene vivere il tempo in maniera consapevole. È un’arte che dobbiamo imparare ora, nella vecchiaia: essere interamente nell’attimo, concentrarci sulle conversazioni che abbiamo, assaporare l’incontro con le  persone, lasciarci tempo per gli altri. Il tempo, però, è anche tempo compiuto quando leggo ciò che mi interessa, quando ascolto musica o gioisco di una passeggiata. Se viviamo davvero, il tempo è sempre tempo pieno. La prima frase di Gesù che l’evangelista Marco ci tramanda è: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15). Il tempo – afferma dunque Gesù – è compiuto se è Dio a regnare su di me e non più la pressione delle molte scadenze o le aspettative delle persone. Nella vecchiaia non sono più tenuto a esaudire le aspettative altrui. Posso vivere in prima persona. (…)
È tempo regalato, tempo piacevole, tempo di grazia, come lo chiama l’apostolo Paolo. Agli anziani piace raccontare del passato. Per la generazione successiva può senz’altro essere interessante. Ci sono persone anziane che si ascoltano volentieri quando raccontano del passato. Ma ci sono anche persone con le quali ci si dispone a fare entrare le cose da un orecchio e a farle uscire dall’altro, perché si sono sentite già tante volte le vecchie storie. C’è una differenza nel modo in cui racconto del passato, se metto soltanto me stesso e le mie grandi imprese al centro dell’attenzione o se parlo di esperienze che ho fatto con le persone o se rifletto anche su ciò che ho vissuto e cerco di comprenderne il significato per la nostra vita oggi. È importante trasmettere le esperienze e i valori del passato. Ne traggono profitto anche gli altri. Ma, anche da anziani, non bisognerebbe rimanere a quello che è stato. Anche da anziani dobbiamo senz’altro pensare al nostro futuro. Non sappiamo quanti anni Dio ci donerà ancora. Possiamo però pianificare il nostro futuro, dei viaggi, una vacanza. Ciascuno dovrebbe riflettere su come gli piacerebbe vivere gli anni a venire, che cosa vorrebbe ancora realizzare e fare all’esterno. In tutto ciò che programma, però, dovrebbe aggiungere la riserva: «Se Dio vuole». Nella storia ci sono sempre stati vecchi che, in qualità di profeti, hanno avuto un occhio particolare per il futuro. Li incontriamo anche nella Bibbia. Per esempio, Simeone e Anna nella storia dell’infanzia di Gesù narrata da Luca. Il loro esempio dimostra che gli anziani non hanno soltanto il compito di provvedere al proprio futuro e pianificarlo. Spesso hanno anche una responsabilità particolare per il futuro dell’umanità. Simeone e Anna, i due vecchi, riconoscono chi è quel bambino, Gesù, e che cosa porterà al mondo. Le persone anziane, quindi, hanno spesso un occhio particolare per quello di cui c’è bisogno per il futuro del mondo e per che cosa potrebbe essergli d’aiuto per trasformarsi in un futuro migliore. Devono anche comunicarlo all’esterno, ciascuno a modo suo. (…)


Anthony de Mello racconta una bella storia a questo proposito. Stava per arrivare la stagione dei monsoni e uno vide come il suo vicino, un uomo di età molto avanzata, scavava dei buchi profondi nel suo giardino. «Che cosa fate?», chiese. «Pianto alberi di mango», fu la risposta. «Volete ancora mangiare i frutti di questi alberi?». «No», replicò il vecchio, «non vivrò più così a lungo. Ma ci saranno degli altri. Poco tempo fa mi è venuto in mente che per tutta la vita ho mangiato dei manghi piantati da altri. In questo modo desidero dimostrare loro la mia gratitudine».

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