di Raymond Winlig pubblicato su Avvenire del 24 dicembre 2013.
La data esatta del giorno della nascita di Gesù non è conosciuta. Su questo punto, i Vangeli dell’infanzia non danno alcuna informazione precisa. Clemente d’Alessandria menziona i calcoli approssimativi di gruppi di cristiani a proposito di questa data: per gli uni sarebbe il 19 o 20 aprile, per altri il 20 maggio. Egli riferisce inoltre che i discepoli di Basilide consideravano il 6 gennaio come data del battesimo di Gesù, nonché della sua nascita, costituendo il battesimo, secondo loro, l’adozione di Gesù a Figlio di Dio. Giuliano l’Africano (prima del 221) designa il 25 marzo giorno dell’annunciazione e della morte di Cristo, per cui conclude che la nascita di Gesù dovette avvenire verso la fine del mese di dicembre. Il computo pasquale del 243 nota che Gesù è nato il 28 marzo, il giorno in cui è stato creato il sole, stando alla Genesi.
La testimonianza più antica per fissare la nascita di Gesù al 25 dicembre è data dal Chronographusredatto da Filocalo nel 354. Ora, la lista dei vescovi di Roma, che ne fa parte, contiene indicazioni che permettono di precisare la data di composizione di questo documento, e cioè il 336. Il documento induce anche a pensare che i cristiani celebravano il 25 dicembre come festa della nascita di Gesù. La festa appare nell’Africa del Nord verso la stessa epoca.
In ogni ipotesi, bisogna distinguere la data della festa del Natale e l’oggetto di questa festa, vale a dire la nascita di Gesù.
A questo proposito si scontrano due tesi:
1) Da una parte si collocano coloro che intendono fondarsi su calcoli effettuati dai cristiani dell’epoca patristica a proposito della data della nascita di Gesù. In definitiva, la data del 25 dicembre sarebbe stata accettata perché il 25 marzo, nove mesi prima, era considerato sia come giorno della concezione di Gesù, sia come giorno della sua morte. Abbiamo visto sopra che, effettivamente, ci sono vestigia di valutazioni a questo proposito, ma la diversità delle interpretazioni invita alla prudenza, tanto più che il Natale sembra sia stato celebrato dapprima a Roma, città per la quale questo genere di calcoli non è attestato come lo è per altre regioni.
2) La tesi che si riferisce alla storia delle religioni offre una verosimiglianza maggiore. Essa è stata difesa da F.-J. Dölger, dom B. Botte, J.A. Jungmann, H. Frank. Secondo questa tesi, la Chiesa di Roma ha opposto alla festa pagana del Natalis solis invicti del 25 dicembre, una festa cristiana. In effetti, il 25 dicembre i pagani celebravano il giorno del solstizio d’inverno, la festa del sole rinascente, vincitore delle tenebre, il sol invictus («sole invincibile-invitto»). Il culto solare era stato favorito dagli imperatori romani.
Lo stesso Costantino, con la sua tendenza al sincretismo, dovette favorire l’incontro di due culti mediante una festa celebrata nello stesso giorno. Ciò era in linea con la misura presa nel 321 di istituire la festività del primo giorno della settimana, che era nello stesso tempo giorno del Sole e giorno del Signore. Bisogna aggiungere che la madre dell’imperatore fece erigere la basilica della Natività a Betlemme. Per di più, è significativo che uno dei mosaici più antichi di Roma, quello cioè del Mausoleo M degli Iulii, nella necropoli vaticana, rappresenta appunto il CristoHélios («Cristo-Sole») sul carro trionfale (metà del III secolo).
D’altra parte, papa Leone Magno reagì vigorosamente contro un’abitudine, adottata anche dai cristiani; dopo aver parlato dei pagani che, il 25 dicembre, adorano il sole quando si innalza alle prime luci del giorno, aggiunge che ci sono anche dei cristiani che pensano «di agire religiosamente: difatti prima di entrare nella basilica dell’apostolo san Pietro [...] saliti i gradini che portano alla tribuna del piano superiore, si voltano indietro per guardare il sole nascente e piegano la testa inchinandosi in onore del disco luminoso».
A queste due spiegazioni ne va aggiunta un’altra che è di ordine più teologico.
Una riflessione che si va approfondendo continua dagli inizi del II fino al V secolo a proposito del mistero del Logos che si è fatto uomo. Tentativi di spiegazione sempre nuovi vengono proposti da diverse parti e coloro che difendono la fede tradizionale devono reagire per evitare che il mistero dell’incarnazione venga totalmente snaturato. Le controversie che ne risultano fanno prendere coscienza in maniera sempre più viva dell’importanza fondamentale dell’incarnazione, grazie alla quale è assicurata la salvezza dell’umanità. L’instaurazione della festa di Natale contribuisce ad ufficializzare una verità di fede secondo il principio della lex orandi, lex credendi.
Da Roma, la festa si diffonde dapprima nell’Africa del Nord: la più antica testimonianza viene fornita da Ottato di Milevi verso il 360. Egli associa alla nascita di Gesù l’adorazione dei Magi e il massacro degli innocenti. Sembra proprio che all’inizio la festa del Natale celebrasse insieme l’apparizione del Cristo nella carne e la «manifestazione» del Cristo ai Magi, nonché l’uccisione dei bambini di Betlemme, così come questi due ultimi dati vengono riferiti da Matteo.
A partire dal momento in cui la festa orientale del 6 gennaio venne introdotta in Occidente, l’adorazione dei Magi fu dissociata dalla natività e celebrata il 6 gennaio, essendo oggetto del Natale unicamente la nascita del Cristo. La festa del Natale venne ripresa piuttosto rapidamente dall’Italia del Nord: la prima menzione ne viene fatta da Filastro di Brescia, verso la fine del IV secolo.
Per la Spagna, la festa di Natale è attestata dal sinodo di Saragozza (canone 4) del 380. Per la Gallia non esiste testimonianza chiara per il IV secolo: ad offrirne la prima menzione scritta è Gregorio di Tours, morto nel 594, che la cita in una lista di feste. Ma ciò non significa che la festa non venisse celebrata prima di questa data.
Di origine occidentale, la festa del 25 dicembre non si stabilì senza qualche difficoltà in Oriente. In effetti, le Chiese d’Oriente celebravano la nascita di Cristo il 6 gennaio. La ricezione della nuova festa avvenne per tappe. La Chiesa di Cappadocia fu la prima ad adottarla. Basilio ne parla nella sua omelia sulla natività, la cui autenticità, prima contestata, è stata poi riconosciuta. Basilio è morto il 1° gennaio 379: l’omelia è quindi anteriore a questa data e dovette essere pronunciata tra il 370 e il 378. Alcuni anni dopo, Gregorio di Nissa pronuncia un’omelia sulla natività la cui autenticità, messa in discussione, è stata stabilità da O. Bardenhewer.
Gregorio di Nazianzo introduce la festa del 25 dicembre a Costantinopoli nel 379 o 380. La Chiesa di Antiochia ha introdotto la festa del 25 dicembre nel corso degli anni Ottanta del IV secolo. Un’omelia di Giovanni Crisostomo, pronunciata verosimilmente il 25 dicembre 386, fornisce alcuni dati sugli usi di essa. Così l’autore dichiara: «Sono soltanto 9 anni che questo giorno ci è stato rivelato, e tuttavia il vostro fervore gli dà lo splendore di un’istituzione antica e secolare». Poco dopo egli precisa che questa festa, nota anticamente ai popoli d’Occidente, è stata introdotta da alcuni anni e ha preso immediatamente un grande sviluppo.
Le Chiese d’Egitto adottano la festa con uno ritardo di circa cinquant’anni. Fu solo nel corso della lotta antinestoriana, verso il 430, che venne introdotta. Gli atti del concilio di Efeso ci hanno trasmesso due sermoni predicati dopo questo concilio davanti a Cirillo d’Alessandria da Paolo Euresio, uno il 25 dicembre, l’altro il 1° gennaio. Le reticenze della Chiesa di Alessandria si spiegano, da una parte, con l’abitudine di celebrare solennemente il 6 gennaio la festa del battesimo di Cristo, la quale aveva lo scopo di sostituire un’antica festa pagana ad onore delle acque del Nilo. Furono Gerusalemme e la Palestina ad opporre la resistenza più decisa all’introduzione della festa del 25 dicembre. Il racconto di Egeria precisa che la nascita di Gesù viene celebrata il 6 gennaio a Gerusalemme. Verso la metà del V secolo la Chiesa di Gerusalemme, seguendo l’esempio dell’Egitto, adotta la festa. Ma dopo un breve periodo viene di nuovo soppressa. Bisogna attendere il regno di Giustiniano I per vedere le comunità palestinesi conformarsi alla consuetudine divenuta comune (verso il 570). La sola eccezione a questa consuetudine è costituita dalla Chiesa di Armenia, che è sempre restata fedele al 6 gennaio per la celebrazione della nascita del Cristo (insieme a quella dell’adorazione dei Magi).
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