sabato 28 dicembre 2013

Chiesa e pedofilia (Introvigne)

1.      Antefatto (ovvero: quando la storia insegna)
Ci sono casi di abusi sessuali che vengono alla luce ogni giorno contro un gran numero di membri del clero cattolico. Purtroppo non si può più parlare di casi individuali ma di una crisi morale collettiva che forse la storia culturale dell’umanità non ha mai conosciuto in una dimensione così spaventosa e sconcertante. Numerosi sacerdoti e religiosi sono rei confessi. Non c’è dubbio che le migliaia di casi venuti a conoscenza della giustizia rappresentino solo una piccola frazione dell’ammontare autentico, dal momento che molti molestatori sono stati coperti e nascosti dalla gerarchia”.
Un editoriale del New York Times del 2010? No: un discorso del 28 maggio 1937 di Joseph Goebbels (1897-1945), ministro della propaganda del Terzo Reich. La data è importante: il 10 marzo 1937 con l’enciclica Mit brennender Sorge papa Pio XI (1857-1939) condanna l’ideologia nazista. Alla fine dello stesso mese il Ministero della Propaganda guidato da Goebbels lancia la campagna contro gli abusi sessuali dei sacerdoti. 276 religiosi e 49 sacerdoti secolari sono arrestati nel 1937. Gli arresti si susseguono in tutte le diocesi tedesche, in modo da tenere gli scandali sempre sulla prima pagina dei giornali.
Dei 325 sacerdoti e religiosi arrestati dopo l’enciclica solo 21 sono condannati. È pressoché certo che fra questi ci siano degli innocenti calunniati. Quasi tutti finiranno nei campi di sterminio, dove molti moriranno.


2. Le due gambe malate: il “panico morale” e il dramma reale
L’espressione “panico morale” è stata coniata dai sociologi solo negli anni 1970 per identificare un allarme sociale creato ad arte amplificando fatti reali ed esagerandone il numero attraverso statistiche folkloriche, nonché “scoprendo” e presentando come “nuovi” avvenimenti in realtà già noti e risalenti nel tempo. Alla base ci sono eventi reali, ma è il loro numero che è sistematicamente distorto. Anche senza avere a disposizione la sociologia moderna, Goebbels risponde all’enciclica
Mit brennender Sorge nel 1937 con un’operazione da manuale di creazione di un panico morale.
Come sempre nei panici morali, i fatti non sono totalmente inventati. Prima dell’enciclica vi erano stati in Germania alcuni casi di abusi su minori. I casi – pochissimi ma reali – avevano determinato una fermissima reazione dell’episcopato. Il 2 giugno 1936 il vescovo di Münster, il beato Clemens August von Galen (1878-1946) – l’anima della resistenza cattolica al nazismo, beatificato nel 2005 da Benedetto XVI – fa leggere nelle Messe domenicali una dichiarazione dove esprime “il dolore e la tristezza” per gli “abominevoli delitti” che “coprono d’ignominia la nostra Santa Chiesa”. Il 20 agosto 1936 dopo i fatti di Waldbreitbach l’episcopato tedesco pubblica una lettera pastorale collettiva nella quale “condanna severamente” i responsabili e sottolinea la collaborazione della Chiesa con i tribunali dello Stato. Alla fine del 1936 le severe misure prese – a fronte di pochissimi casi, alcuni dei quali dubbi – dai vescovi tedeschi sembrano avere risolto i problemi reali.
3. I numeri
Esistono purtroppo preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più – sarebbero sempre due casi di troppo. Dal momento però che chiedere perdono – per quanto sia nobile e opportuno – non basta, ma occorre evitare che i casi si ripetano, non è indifferente sapere se i casi sono due, duecento o ventimila. E non è neppure irrilevante sapere se il numero di casi è più o meno numeroso tra i sacerdoti e i religiosi cattolici di quanto sia in altre categorie di persone.
Quanti sono i preti pedofili ? I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannatida tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti.
Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da due a dieci volte più altra tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici. La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila. Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.
Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un altro dato che è assai significativo: secondo il rapporto del John Jay College nell’81% per cento dei casi i sacerdoti accusati di pedofilia sono maschi che abusano di altri maschi.

4. La ricerca delle possibili cause
Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi.
Benedetto XVI fa cenno agli ultimi decenni e alle “gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese”. “Si è verificato – spiega il Papa – un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. C’è stata una “rapida” scristianizzazione della società, e c’è stata contemporaneamente anche all’interno della Chiesa “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo”. “Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso”. “Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali” furono “disattese”. “È in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti” “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
C’è stata una drammatica accelerazione della secolarizzazione – dei comportamenti e delle appartenenze, non delle credenze – negli anni 1960. Quelli che gli inglesi e gli americani chiamano “the Sixties” (“gli anni Sessanta”) e noi, concentrandoci sull’anno emblematico, “il Sessantotto” appare sempre di più come il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cruciali e duraturi sulla religione. C’è stato del resto un Sessantotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1968 è l’anno del dissenso pubblico contro l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, una contestazione che secondo un pregevole e influente studio del filosofo americano recentemente scomparso Ralph McInerny – Vaticano II - Che cosa è andato storto?  – rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa Cattolica. Ci si può anche chiedere se sia venuto prima l’uovo o la gallina, cioè se sia stato il Sessantotto nella società a influenzare quello nella Chiesa, o se non sia anche avvenuto il contrario. All’inizio degli anni 1990 un teologo cattolico poteva per esempio scrivere che la “rivoluzione culturale” del 1968 “non fu un fenomeno d’urto abbattutosi dall’esterno contro la Chiesa bensì è stata preparata e innescata dai fermenti postconciliari del cattolicesimo”; lo stesso “processo di formazione del terrorismo italiano dei primi anni ’70”, il cui legame con il 1968 è a sua volta decisivo “rimane incomprensibile se si prescinde dalla crisi e dai fermenti interni al cattolicesimo postconciliare”. Il teologo in questione era il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo libro Svolta dell’Europa?.

5. Benedetto XVI e il rinnovamento morale (oltre che giuridico)
È questo un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie vere della pedofilia.
Nella “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” Benedetto XVI parla ad una Chiesa ferita e disorientata dalle notizie relative ai preti pedofili. Denuncia con voce fortissima i “crimini abnormi”, “la vergogna e disonore”, la violazione della dignità delle vittime, il colpo inferto alla Chiesa “a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”. A nome della Chiesa “esprime apertamente la vergogna e il rimorso”. La stessa cosa ha ripetuto più volte in questi ultimi anni.
Affronta il problema anche dal punto di vista del diritto canonico – ribadendo con forza che è stata la sua “mancata applicazione” da parte talora anche di vescovi, non le sue norme come una certa stampa laicista pretenderebbe, a causare la “vergogna” – e della vita spirituale dei sacerdoti, la cui trascuratezza è alle radici del problema e cui chiede di ritornare attraverso l’adorazione eucaristica, le missioni, la pratica frequente della confessione.

6. La speranza e la fede
Se questi rimedi saranno presi sul serio è possibile che la Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal peggiore di mali, possa avviare per i sacerdoti “una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale”, dimostrando “a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20)”. Peraltro, “nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo”.

Per maggiori informazioni vedi il libro di M.Introvigne, “Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull’attacco a Benedetto XVI. San Paolo”.

Chiesa perseguitata e chiesa infedele. Riflessioni in margine allo scandalo della pedofilia
Tempi difficili per la Chiesa, ma quali non lo sono stati?
Da sempre la Chiesa si è dovuta confrontare con nemici e denigratori, persecutori ed indifferenti. Da sempre, già ai tempi di Gesù, ha dovuto fare i conti con l’infedeltà, il tradimento e l’ipocrisia di chi ne fa parte.
Anche lo scandalo della pedofilia si gioca su questi due fronti: quello della Chiesa perseguitata e quello della Chiesa infedele e peccatrice.
E’ indubbio che i “nemici” della Chiesa si trovino, anche in questo caso, fuori e dentro la Chiesa stessa: sono presenti tra gli operatori dei mass-media che hanno gonfiato a dismisura questo scandalo fino a cercare, in tutti i modi, di coinvolgere lo stesso Pontefice. Come mai, dovremmo chiederci, ci si accanisce in questo modo e quasi esclusivamente sulla Chiesa, quando solo una piccola percentuale di essa (anche se enorme è il crimine commesso) è coinvolta da tali scandali e la stragrande maggioranza è sempre in prima linea lì dove l’umanità è malata, ferita, offesa, perseguitata ed oppressa? Come mai solo la Chiesa è processata sommariamente dai mass-media quando percentuali ben più significative e gravi di abusi riguardano gli operatori scolastici e, in particolare, gli stessi familiari?
Si evidenzia la grave responsabilità di chi, avendo autorità su quei sacerdoti, ha forse cercato di nascondere i criminali limitandosi a spostarli di sede, ma si dimentica che la responsabilità giuridica è primariamente dello Stato e del singolo prete-criminale e che spesso è proprio lo Stato a non trovare prove di colpevolezza.
I “nemici” della Chiesa li troviamo inoltre tra i politici e gli uomini di cultura che non accettano di ricevere lezioni morali dalla Chiesa, l’unica spesso a mettere dei paletti e ad indicare dei valori che sembrano limitare la “libertà” del singolo. Infangano l’avversario cercando così di annullare il valore di parole fastidiose ed esigenti.
I “nemici” sono presenti in mezzo alla gente semplice, frastornata da ciò che vede e sente, incapace di andare oltre a pregiudizi e condanne sommarie. Si arriva così anche agli urli e insulti subiti durante l’ultima via crucis all’aperto (il 26 marzo) quando da un palazzo è giunto il grido “pedofili” o quando si arriva ad etichettare i cristiani come “amici dei pedofili”.
Sia chiaro: i peggiori “nemici” sono nella Chiesa stessa e sono coloro che tradiscono Cristo seguendo istinti criminali, dando sfogo ad impulsi malati, commettendo delitti odiosi e terribili.
Deve essere fatta giustizia, certo, ma ci si può fermare a questo. Gesù ci ha lasciato un grande insegnamento riguardo ai nemici: pregare per loro e perdonarli “perché non sanno quello che fanno”. E quante volte queste persone criminali sono state a loro volta vittime di carnefici che le hanno rese persone malate.
Quella che stiamo vivendo è una grande lezione di umiliazione e di possibile purificazione, una lezione talmente preziosa da rendere accettabili e ricchi di speranza anche questi tempi duri.
p.Stefano Liberti

Sono un prete stufo di fango
di Maurizio Patriciello, Avvenire 23.1.11
La satira tv che ferisce 
Sono un prete. Un prete della Chiesa cattolica. Uno dei tanti preti italiani. Seguo con interesse e ansia le vicende del mio Paese. Non avendo la bacchetta magica per risolvere i problemi che affliggono l’Italia, faccio il mio dovere perché ci sia in giro qualche lacrima in meno e qualche sorriso in più. Sono un uomo che come tanti lotta, soffre, spera. Che si sforza ogni giorno di essere più uomo e meno bestia. Sono un uomo che rispetta tutti e chiede di essere rispettato. Che non offende e gradirebbe di non essere offeso, infangato. Da nessuno. Inutilmente. Pubblicamente. Vigliaccamente. Sono un prete che lavora e riesce a dare gioia, pane, speranza a tanta gente bistrattata, ignorata, tenuta ai margini. Un prete che ama la sua Chiesa e il Papa. Un prete che non vuole privilegi e non pretende di far cristiano chi non lo desidera, che mai si è tirato indietro per dare una mano a chi non crede. (…)
Sono un prete che si arrabbia per le inefficienze dello Stato ai danni dei più deboli e indifesi. Che organizza doposcuola per bambini che la scuola non riesce ad interessare e paga le bollette di luce e gas perché le case dei poveri non si trasformino in tuguri. Sono un prete, non sono un pedofilo. So che al mondo ci sono uomini che provano interesse per i bambini e, in quanto uomo, vorrei morire dalla vergogna. So che costoro sono molti di più di quanto credono gli ingenui. So anche che poco o nulla finora è stato fatto per tentare di capire e curare codesta maledizione. Piaga purulenta la pedofilia. Spaventosa. Crudele. Vergognosa. Tra coloro che si sono macchiati di codesto delitto ci sono padri, zii, nonni, professionisti, operai, giovani, vecchi e anche preti. Trasmissione Annozero di Michele Santoro. Tantissimi italiani guardano il programma. Alla fine esce, come al solito, il signor Vauro con le sue vignette che dovrebbero far ridere tutti e invece, spesso, mortificano e uccidono nell’animo tanti innocenti. Ma non si deve dire. È politicamente scorretto. È la satira. Il nuovo idolo davanti al quale inchinarsi. La satira, cioè il diritto dato ad alcuni di dire, offendere, infangare, calunniare gli altri senza correre rischi di alcun genere. Una vignetta rappresenta il Santo Padre che parlando di Berlusconi dice: «Se a lui piacciono tanto le minorenni, può sempre farsi prete». Gli altri, compreso Michele Santoro, ridono. Che cosa ci sia da ridere non riesco a capirlo. Ma loro sono fatti così, e ridono. Ridono di un dramma atroce e di innocenti violentati. Ridono di me e dei miei confratelli sparsi per il mondo impegnati a portare la croce con chi da solo non ce la fa. Ridono sapendo che tanta gente davanti alla televisione in quel momento si sente offesa in ciò che ha di più caro e soffre. (…) Vado a letto deluso e amareggiato, sempre più convinto che con la calunnia e la menzogna non si potrà mai costruire niente di nuovo e stabile. Spero solo che  in Italia ci sia più di qualcuno che comincia a farsi avanti e, senza ridere, dice chiaro e tondo che non si può continuare a infangare impunemente quegli onesti cittadini dell’Italia e del mondo che sono i preti.

Abusi sessuali e celibato
Silvano Fausti S.I., Biblista e scrittore, www.popoli.info/ maggio 2010
Caro padre Silvano, vorrei chiederle cosa ne pensa degli abusi sessuali commessi da uomini di Chiesa. Soprattutto, poiché molti tirano in ballo la questione del celibato dei sacerdoti, vorrei leggere la sua opinione in merito a questo tema così delicato. Il celibato dei sacerdoti, se non sbaglio, non è una cosa voluta espressamente da Gesù, né un dogma della Chiesa. Quale può essere, nel 2010, il suo valore e quali possibilità ci sono che la Chiesa cambi posizione su questo?
È bene che siano denunciati e perseguiti gli abusi sessuali. È un errore nasconderli per non scandalizzare. Lo scandalo non è che vengano alla luce, ma che ci siano e vengano occultati. Il diavolo, si sa, fa pentole, ma non coperchi.
La presa di posizione del Papa, molto forte, era necessaria. Se ci fosse stata prima, si sarebbe diffusa meno la peste, con relativa strage di innocenti. Per non soccombere al male, innanzi tutto bisogna riconoscerlo e denunciarlo come tale. Inoltre vanno risarcite le vittime e il malfattore va messo in situazione di non nuocere, aiutandolo a recuperarsi. Chi fa il male, l'ha anche in qualche modo subito: chi sta bene, fa male a nessuno.
Nella mia esperienza non ho incontrato direttamente casi di abusi sessuali da parte di religiosi. Ne ho invece incontrati molti consumati dentro le mura di casa. Di questi si parla poco; non sono pubblici e restano sommersi. E non sono meno gravi, perché toccano le relazioni più sacre.
La selezione dei candidati al sacerdozio deve essere più severa, scartando persone scompensate. Pure la loro formazione nei seminari è da ripensare, se si vogliono persone serene e responsabili, con maturità affettiva e umanità meno repressa e più ricca.
Il celibato, per sé, non ha a che fare con gli abusi sessuali. Certo non è un dogma né può essere imposto senza danni collaterali. Introdotto in Spagna nel IV secolo, si diffuse, pur tra contrasti, nel mondo latino e fu sancito solo nel 1123. Un clero sposato ha sempre convissuto - e tuttora convive nelle Chiese orientali anche cattoliche - con la scelta celibataria propria dei monaci. Il celibato può solo essere una libera scelta come testimonianza del Regno, secondo il comandamento, valido per tutti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore» (Mc 12,30s). Ogni uomo è partner di Dio, chiamato a rispondere al suo amore con amore: solo così ama veramente se stesso e l'altro come se stesso. L'amore, di sua natura assoluto, è per Dio, unico assoluto. Qualcuno, se può e vuole, è chiamato a testimoniarlo con cuore indiviso (1Cor 7,32s); tutti però siamo chiamati a viverlo con il prossimo, in particolare nella relazione di coppia, che è immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,27). Per questo il matrimonio è un grande mistero (Ef 5,32), riflesso della fedeltà del Dio-amore. All'obiezione di Pietro che, se è così, non vale la pena di sposarsi, Gesù risponde: «Vi sono eunuchi nati così dal seno materno, altri che sono stati resi tali dagli uomini e altri che si sono fatti tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Mt 19,10-12). I primi non possono sposarsi; i secondi, per problemi sopraggiunti, non sono in grado di reggere un rapporto di coppia. I terzi, pur in grado di sposarsi, vi rinunciano per una scelta particolare. A questi è possibile un celibato sano e positivo.
In questa luce è da rivedere la disciplina del celibato imposto ai sacerdoti. I vari ministeri nella Chiesa vanno sempre riformati, perché siano adeguati al loro fine, che è servire il sacerdozio, la libertà e la profezia comune del popolo di Dio. I ministri sposati - in particolare la presenza della donna - sono certamente un arricchimento. E non solo per uscire da ambiguità pericolose e ovviare alla scarsità di preti, ma anche per avere una comunità cristiana più adulta e meno clericale.


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