giovedì 20 giugno 2013

La "regola del dialogo" secondo Carlo Maria Martini

  1. Ogni comunicazione autentica nasce dal silenzio. Infatti ogni parlare umano è dire qualcosa a qualcuno: qualcosa che deve anzitutto nascere dentro. Nascere dentro suppone un autoidentificarsi, un autocomprendersi, un cogliere la propria interiore ricchezza.
  2. La comunicazione ha bisogno di tempo. Non si può comunicare tutto d'un colpo, in fretta e senza grazia. Se Dio ha diffuso una comunicazione tanto importante ed essenziale come quella dell'alleanza nell'arco di un lungo tempo storico, vuol dire che anche la comunicazione ha bisogno di tempi e momenti, è un fatto cumulativo, richiede attenzione all'insieme.
  3. Non bisogna spaventarsi dei momenti di ombra. Luci e ombre sono vicende normali del fatto comunicativo. Chi nel rapporto interpersonale vuole solo e sempre luce, chiarezza, certezza assoluta, dà segno di voler dominare piuttosto che comunicare, cade nella gelosia e si aliena l'altro.
  4. La trasparenza comunicativa raggiungibile quaggiù non è mai assoluta. Il volerla forzare oltre il giusto, oltre la soglia di quello che è il segreto, forse neppure accessibile del tutto a chi lo possiede, fa scadere nella banalità.
  5. La comunicazione coinvolge sempre in qualche modo la persona che comunica. Pur se molti rapporti comunicativi non raggiungono la profondità di una comunicazione in cui chi parla dice qualcosa di sé, implicitamente però ogni comunicare coinvolge la persona che parla, almeno al livello più semplice della verità delle informazioni che sono trasmesse e dell'autenticità dei sentimenti che sono espressi. Dunque, in qualche modo, chi parla dice sempre qualcosa di se, esprimendo la sua onestà di fondo (o disonestà) e la sua apertura (o chiusura) agli altri e al mondo.
  6. L’abitudine ad ascoltare bene gli altri (prima ancora di pensare a che cosa dire loro) renderà sensibili a molte delle sfumature del comunicare tra persone e aiuta anche a cogliere dove stanno i blocchi comunicativi e come si possono superare.
  7. Non c’è autentico comunicare se non c’è l’intenzione di suscitare una risposta. D’altra parte questa intenzione, per essere seria, deve partire dall'attenzione a ciò che l'altro sente, vive o desidera. Molte volte la risposta è svagata o sfocata perché la comunicazione iniziale, di avvio, è stata formulata al di fuori dell'orizzonte e degli interessi di chi ascolta.

    (dal n. 32 della lettera pastorale "Effatà" del 1990) http://sperarepertutti.typepad.com/sperare_per_tutti/

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