Quanti sono i cristiani del Medio Oriente? Quante e quali sono le loro Chiese? Per orientarci, il punto di riferimento sono i patriarcati del cristianesimo dei primi secoli, che oltre a Roma e Costantinopoli assegnavano un ruolo di primo piano anche ad Antiochia, Alessandria e Gerusalemme.
I COPTI – Guardando ai numeri di oggi non si può partire che dai cristiani dell’Egitto, gli eredi del patriarcato di Alessandria. E specificamente dalla Chiesa copta ortodossa, guidata dal papa Tawadros II, a cui fa riferimento più del 90 per cento dei cristiani dell’Egitto. La si chiama copta ortodossa, ma va chiarito subito che non ha nulla a che vedere con l’ortodossia figlia dello scisma tra Roma e Costantinopoli.
I GRECO-ORTODOSSI - Sono gli eredi del patriarcato di Gerusalemme, che nell’antichità restò sempre nell’orbita di Costantinopoli. Ma sono anche uno dei diversi filoni nati dalla cattedra di Antiochia, il patriarcato dalla storia più travagliata. Anche per questo motivo i greco-ortodossi in Medio Oriente si trovano tuttora sotto la giurisdizione di due patriarcati tra loro distinti: quello di Gerusalemme – guidato attualmente dal patriarca Teofilo III –, che conta circa 500.000 fedeli ed è la comunità cristiana più folta in Israele, in Palestina e in Giordania; e quello greco-ortodosso di Antiochia, che ha la sua sede a Damasco ed è guidato da pochi mesi dal patriarca Youhanna X Yazigi, fratello di uno dei due vescovi rapiti ad Aleppo. A questo secondo patriarcato si stima facciano riferimento circa 2 milioni di fedeli, comprendendo però, oltre a quelle della Siria, le comunità ortodosse del Libano, della Turchia e dell’Iraq e soprattutto gli emigrati della diaspora, presenti in numeri molto significativi negli Stati Uniti, in America Latina, in Australia e nell’Europa occidentale. Questa diaspora era cominciata già ben prima della tragedia che oggi la Siria sta vivendo, ma certamente la guerra la sta accentuando. Se nella primavera del 2011 si stimava che in Siria i greco-ortodossi fossero oltre 500.000, oggi a questo numero non si possono che affiancare tanti drammatici punti interrogativi. È eloquente un dato fornito dal patriarca melchita Gregorio III Laham, secondo cui su 1,5 milioni di cristiani siriani sono almeno 450.000 quelli che hanno dovuto lasciare le proprie case a causa della guerra.
I MELCHITI - Li abbiamo appena citati accanto ai greco-ortodossi del patriarcato d’Antiochia e non a caso. I melchiti nascono infatti da una scissione interna proprio a quella comunità, avvenuta quando nel 1724 il patriarca di Costantinopoli non riconobbe l’elezione alla cattedra greco-ortodossa di Antiochia di Cirillo VI, ritenuto troppo vicino all’Occidente. Cinque anni dopo questi tornò alla piena comunione con Roma mantenendo il rito bizantino. Come i copti cattolici, dunque, anche i melchiti sono una Chiesa cattolica di rito orientale. Secondo le statistiche dell’Annuario pontificio oggi contano circa 1,6 milioni di fedeli. Di questi però solo 750.000 vivono ancora in Medio Oriente, dunque meno della metà; ed è impressionante constatare come un numero praticamente pari risieda attualmente in America Latina. In Medio Oriente i melchiti sono presenti in diversi paesi: in Siria erano circa 235.000 (ma sul loro numero attuale vale lo stesso discorso fatto per i greco-ortodossi siriani), in Libano quasi 400.000, comunità più piccole sono presenti in Israele, in Palestina, in Giordania. Anche il patriarca melchita ha la sua sede a Damasco.
I SIRI - Quello bizantino non è però l’unico volto del cristianesimo figlio del patriarcato di Antiochia. Anche qui, infatti, un primo scisma si era consumato già ai tempi del concilio diCalcedonia e gli eredi di quella comunità costituiscono tuttora la Chiesa siro-ortodossa. Chiesa dalla grandissima tradizione missionaria nel primo millennio, testimoniata tuttora dal fatto che più di 5 milioni di siro-ortodossi vivono in India, contro il milione che risiede tra il Medio Oriente e il resto della diaspora. Altra caratteristica significativa è il fatto che questa Chiesa ha conservato come sua lingua liturgica l’aramaico, la lingua parlata da Gesù. Dal 1980 la Chiesa sira è guidata dal patriarca Mar Zakka I, che ha la sua sede a Saydnaya nei pressi di Damasco, ma risiede a Beirut. Esiste anche una Chiesa siro-cattolica dalla storia parallela a quella melchita, anche se la loro comunione con Roma risale a un secolo prima. I siro-cattolici in Medio Oriente sono attualmente 140.000 e vivono principalmente in Siria e in Iraq, guidati dal patriarca Ignazio III Younan.
I MARONITI - Sempre nell’alveo della tradizione siriaca vanno inseriti anche i maroniti, la Chiesa cattolica di rito orientale con il maggior numero di fedeli. I maroniti sono il gruppo cristiano maggioritario in Libano. Sono eredi di comunità di rito siriaco che nel 451 aderirono al concilio di Calcedonia. In Libano, secondo i dati dell’ Annuario pontificio , sono poco meno di 1,6 milioni in un paese di 4 milioni di abitanti. E questo fa sì che il paese dei Cedri sia quello con la percentuale più alta di cristiani, intorno al 36 per cento. Anche qui, però, va ricordato che soprattutto negli anni della guerra civile l’emigrazione ha colpito pesantemente. Oggi circa la metà dei 3,5 milioni di maroniti vive lontano dal Medio Oriente, con il gruppo più consistente, oltre 1,3 milioni, in America Latina. La Chiesa maronita è guidata dal patriarca Bechara Rai, che è oggi l’unico patriarca a essere anche cardinale. Lo era anche il patriarca copto cattolico Antonio Naguib, che ha però dovuto rinunciare alla cattedra di Alessandria per gravi ragioni di salute.
I CALDEI - Un ulteriore filone del cristianesimo siriaco è quello della Chiesa assira, che oggi conta 400.000 fedeli tra l’Iraq e la diaspora e ha la sua sede a Chicago, dove vive anche il suo patriarca Mar Dinkha IV. Da essa traggono origine i caldei, il gruppo maggioritario tra i cristiani iracheni. Anche quella caldea è una Chiesa cattolica di rito orientale, in comunione con Roma fin dal 1553. Ed è la comunità che soffre sulla sua pelle tutto il dramma del dopo Saddam Hussein. Prima della guerra i caldei in Iraq erano almeno un milione, oggi non ne restano che t300-400.000, concentrati soprattutto nell’area del Kurdistan iracheno. Un esodo spaventoso che rischia di riprendere dopo che negli ultimi mesi – complice anche la saldatura tra gli scontri settari a Baghdad e la guerra in Siria – il numero degli attentati nel paese è tornato a crescere. L'attuale situazione ha portato il patriarca caldeo Raphael Sakoa utilizzare recentemente toni molto forti contro la fuga dei cristiani, arrivando ad accusare alcuni paesi occidentali di fomentarla attraverso la concessione dei visti di ingresso agli iracheni.
GLI ARMENI - Storicamente rilevante per il Medio Oriente è anche la presenza dei cristiani di tradizione armena. Anche in questo caso si tratta di un’antica Chiesa orientale che non aderì al concilio di Calcedonia del 451. Pur avendo il suo centro spirituale ad Echmiadzin – nell’attuale Armenia – la Chiesa apostolica armena ha due sedi importanti in Medio Oriente: ilCatholicato di Cilicia, che ha giurisdizione sul Libano e sulla Siria ed è guidato dal catholicos Aram I, e il patriarcato armeno di Gerusalemme, sulla cui cattedra siede il patriarca NourhanManougian. La comunità numericamente più consistente è in Libano dove gli armeni sono circa 150.000. Altri 100.000 erano presenti in Siria, soprattutto nell’area di Aleppo e Deir ez-Zor, destinazione finale delle lunghe marce forzate della persecuzione attuata dai Giovani Turchi. Armeni sono anche la grande maggioranza dei cristiani iraniani (80-100.000). Anche in questo caso esiste pure una Chiesa di rito armeno in comunione con Roma: è quella guidata dal patriarca armeno di Cilicia Nerses Bedros XIX, con sede a Beirut. Questa comunità conta nel mondo circa 540.000 fedeli, di cui però meno di 60.000 vivono oggi in Medio Oriente.
I LATINI - In questo quadro così complesso come si colloca la Chiesa di rito latino, che ha il suo fulcro nel patriarcato di Gerusalemme guidato da Fouad Twal? La sua giurisdizione è su quelle comunità di Israele, della Palestina e della Giordania fiorite lungo i secoli intorno alla presenza in Medio Oriente degli ordini religiosi della Chiesa latina, francescani in primis, ma non solo. Si tratta di una comunità piccola: al netto del fenomeno nuovo degli immigrati, la comunità latina conta attualmente in tutta la regione circa 235.000 fedeli, cioè appena il 7 per cento tra i cristiani in comunione con Roma. È il gruppo che assieme ai greco-ortodossi e ai melchiti ha sofferto di più a causa dell’esodo dalla Terra Santa. I latini sono oggi appena 27.500 in Israele, 18.000 in Palestina, 50.000 in Giordania. A livello generale in Palestina il numero dei cristiani a partire dal 2000 si è dimezzato, passando dal 2 all’1 per cento della popolazione. Più complesso il dato su Israele, dove l’ufficio centrale di statistica parla di 158.000 cristiani, stabili intorno al 2 per cento della popolazione; ma si tratta di un numero dai due volti, perché mentre in Galilea la comunità cristiana cresce secondo le normali dinamiche di una popolazione giovane, a Gerusalemme i cristiani sono rimasti appena 6.000 in una città che conta ormai 780.000 abitanti, mentre erano più del doppio nel 1967, quando Israele assunse il controllo dell'intera Gerusalemme e gli abitanti della città erano appena 260.000. Ma il discorso sui latini resta incompleto se non si affronta anche il tema degli immigrati cristiani giunti in questi ultimi anni a centinaia di migliaia in Medio Oriente, spinti dalle nuove rotte del mercato del lavoro globale. Si tratta di filippini, indiani, thailandesi, ma anche romeni o nigeriani. In Israele solo i filippini sono oltre 50.000, cioè praticamente il doppio degli arabi cristiani che frequentano le parrocchie di rito latino. Ancora più macroscopico, poi, diventa questo fenomeno se si allarga lo sguardo alla Penisola Arabica, terra dove i cristiani fino a pochi anni fa praticamente non esistevano. Grazie all'immigrazione, i cristiani sono oggi 1,2 milioni in Arabia Saudita (il 4,4 per cento in rapporto alla popolazione), 950.000 negli Emirati Arabi Uniti (12,6 per cento), 240.000 in Kuwait (8,8 per cento), 168.000 in Qatar (9,6 per cento) 120.000 in Oman (4,3 per cento), 88.000 in Bahrein (7 per cento). Si tratta però di una presenza cristiana strutturalmente straniera, esposta alla provvisorietà e, per quanto riguarda i paesi del Golfo, sottoposta a pesanti restrizioni alla propria vita religiosa. Infine va anche aggiunto che – pur essendo canonicamente sotto la giurisdizione dei vescovi latini dei due vicariati d’Arabia – tra i cristiani di questi paesi vi sono anche molti indiani appartenenti alle Chiese cattoliche siro-malabarese e siro-malankarese.
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