Il 15 febbraio corrono 450 anni dalla nascita di Galileo Galilei (Pisa, 1564 – Arcetri (FI), 1642). Galileo è stato uno dei più importanti iniziatori del metodo scientifico, cioè di quel modo di fare scienza che, unendo teoria e verifica sperimentale, costituisce “la scienza” quale oggi è conosciuta e praticata in tutto il mondo. Tuttavia, il suo nome, è soprattutto legato alla vicenda che lo vide contrapposto alla Chiesa cattolica e il “caso Galileo” è diventato — come “il Medioevo”, “le Crociate”, “l’Inquisizione” – il simbolo della lotta fra una Chiesa “oscurantista” e “retrograda” e una scienza “luminosa” e “moderna”. Qui di seguito viene proposto un breve vademecum, una piccola guida da tenere sempre a portata di mente ogni volta che siamo chiamati a riflettere e a rispondere sulla vicenda che da troppi secoli avvelena i rapporti tra scienza e fede.
Il sole al centro e la terra attorno: vero, ma “non sembra”. Il punto di vista eliocentrico, sostenuto con passione da Galileo, è antico quanto quello tolemaico ed è sempre stato presente ai dotti e agli studiosi: qui è il Sole il “centro del mondo”, e tutti gli astri gli ruotano attorno, compresa la Terra. Dunque, ciò che caratterizza la dottrina eliocentrica non è tanto il fatto che gli astri si muovano – lo fanno anche nel sistema tolemaico –, ma che il Sole sia fisso e che anche la Terra sia dotata di un proprio movimento. Tuttavia, il sistema eliocentrico non ebbe fortuna. Uno dei motivi principali fu che esso urtava contro l’evidenza immediata dei fenomeni astronomici. Le difficoltà che esso presenta sono di due ordini: fisico e teologico-scritturale. Fra queste ultime, la più nota è quella che riguarda l’intimazione di Giosuè durante la battaglia contro gli Amorrei: «Sole, fermati in Gàbaon …» [Gs 10, 12-13]. Che senso avrebbe ordinare al Sole di fermarsi se già è fermo?
La Chiesa non si oppone a che il sistema eliocentrico sia insegnato, studiato e discusso: in assenza di prove evidenti, pretende solo che sia proposto come “ipotesi matematica”. Il dibattito sull’eliocentrismo è, dunque, libero e, di fatto, lo sarà nel corso di tutto il Medioevo. Quando Copernico, nella prima metà del 1500, rilancia l’eliocentrismo, le implicazioni della teoria sono note e dibattute da tempo, ma, intanto, è venuta meno l’unità spirituale del mondo cristiano, un fattore tutt’altro che trascurabile.
La Chiesa era disposta a cambiare idea sul movimento della terra. Non è vero che la Chiesa fosse irremovibile “di principio” sulla dottrina del moto terrestre, dottrina che, fra l’altro, non aveva neppure lo statuto di dogma. La sua storia, il suo magistero e la sua predicazione testimoniano, al contrario, la disponibilità a mutare giudizio persino nell’interpretazione delle Scritture Sacre, qualora l’evidenza dei fatti lo rendesse necessario. Questa posizione si trova già in S. Agostino (354 – 430) e, sempre la stessa, in San Roberto Bellarmino (1542 – 1621), amico e difensore di Galileo, al quale pazientemente, il cardinale ricordava che in assenza di un experimentum crucis – di una prova decisiva – non è possibile pretendere, come Galileo pretendeva, un rovesciamento nell’interpretazione dei testi sacri. Contrariamente alla vulgata, in questa storia è la Chiesa ad avere assunto un atteggiamento “scientifico”.
Galileo non disponeva delle “prove” del movimento della terra. Galileo aveva ragione? Dopo le osservazioni astronomiche del 1609-1610, compiute con il cannocchiale – il nuovo strumento ottico che non inventò, ma che perfezionò notevolmente – egli intuisce, correttamente, che le cose, in cielo, non vanno secondo l’astronomia tolemaica. Si fa sostenitore dell’ipotesi copernicana e si mette alla ricerca delle “prove” che dimostrino il moto terrestre: quello di rotazione (o diurno) e quello di rivoluzione (o annuale). Ne troverà tre, ma nessuna risulta conclusiva: lo capiscono gli studiosi del tempo e, forse, lo capisce anche Galileo che, tuttavia, meno correttamente, e trasportato dal suo temperamento irruente e volitivo, irride gli avversari tacciandoli di “ignoranza” e arroventando il clima. Come riprova della difficoltà di dimostrare i moti della Terra, si tenga sempre presente che: il moto di rivoluzione terrestre fu dimostrato solo nel 1837, mentre quello di rotazione fu provato nel 1852, cioè, rispettivamente, 195 e 210 anni dopo la morte di Galileo.
Galileo subì un processo equo e non fu torturato. Il processo che Galileo subì dal 12 aprile al 22 giugno 1633 fu una cosa diversa dal racconto che ne fa la vulgata galileiana, quello di Galileo “martire della scienza”. Si tratta, come ha scritto (il card.) Walter Brandmüller, di una «[…] favola, messa in circolazione già nella letteratura del secolo XVIII, che affonda le sue radici in tempi precedenti». I fatti dicono diversamente. Galileo non subì il carcere, neppure durante il processo. Nei giorni che trascorse a Roma, infatti, fu ospitato sia nell’abitazione di uno dei più alti ufficiali dell’Inquisizione – il “Fiscale” –, dove il suo servitore poteva assisterlo, che nella residenza dell’ambasciatore fiorentino, presso Trinità dei Monti. Anche la tortura che Galileo avrebbe subito è un’invenzione: si trattò di una territio verbalis, ossia di una minaccia orale che non poteva avere seguito perché questa crudele procedura non veniva applicata alle persone oltre i sessant’anni: insomma, la minaccia era una formalità processuale. La sentenza, infine, dispose che Galileo dovesse risiedere in domicilio forzato presso la propria abitazione, cioè nella sua villetta ‘il Gioiello’ in Arcetri, con l’obbligo della recita per tre anni, una volta alla settimana, dei sette Salmi penitenziali.
La rivoluzione scientifica del XVII secolo è debitrice della scienza medievale. Non è vero che la scienza moderna nasca all’improvviso, fra XVI e XVII secolo, dopo la “notte” del Medioevo. La scienza nasce, sì, in Europa e in quel periodo, ma non all’improvviso. Come ogni nascita, è stata preparata da una gestazione e, all’inizio, da un incontro. La gestazione fu il lento, ma costante, lavoro intellettuale – sempre incoraggiato e protetto dalla Chiesa – con cui, dall’XI secolo in poi, una nuova disciplina, la “teologia naturale”, tendeva a distinguersi dalla teologia simpliciter, per diventare “filosofia naturale” e, infine, scienza fisica, con un oggetto proprio: il mondo naturale con le sue leggi razionalmente comprensibili. Il luogo in cui avvenne questo passaggio fondamentale per la civiltà, le vere fucine del sapere scientifico, furono le università medievali, istituzioni – come sostiene lo storico della scienza Edward Grant – «[…] diverse da tutto quanto il mondo avesse mai conosciuto: nulla nell’Islam, in Cina, in India o nelle antiche civiltà sudamericane era paragonabile all’università medievale. È in questa così importante istituzione, e nelle sue inconsuete attività, che vanno ricercati i fondamenti della scienza moderna».
La rivoluzione scientifica del XVII secolo è debitrice della scienza medievale. Non è vero che la scienza moderna nasca all’improvviso, fra XVI e XVII secolo, dopo la “notte” del Medioevo. La scienza nasce, sì, in Europa e in quel periodo, ma non all’improvviso. Come ogni nascita, è stata preparata da una gestazione e, all’inizio, da un incontro. La gestazione fu il lento, ma costante, lavoro intellettuale – sempre incoraggiato e protetto dalla Chiesa – con cui, dall’XI secolo in poi, una nuova disciplina, la “teologia naturale”, tendeva a distinguersi dalla teologia simpliciter, per diventare “filosofia naturale” e, infine, scienza fisica, con un oggetto proprio: il mondo naturale con le sue leggi razionalmente comprensibili. Il luogo in cui avvenne questo passaggio fondamentale per la civiltà, le vere fucine del sapere scientifico, furono le università medievali, istituzioni – come sostiene lo storico della scienza Edward Grant – «[…] diverse da tutto quanto il mondo avesse mai conosciuto: nulla nell’Islam, in Cina, in India o nelle antiche civiltà sudamericane era paragonabile all’università medievale. È in questa così importante istituzione, e nelle sue inconsuete attività, che vanno ricercati i fondamenti della scienza moderna».
La visione cristiana del cosmo è il presupposto della scienza. Da ultimo, occorre chiedersi: esiste un rapporto fra nascita della scienza e religione? Chi “sbaglia” religione, “sbaglia” scienza? Il cristianesimo ha diffuso un racconto della creazione del mondo diverso da tutti quelli delle antiche religioni. Il primo capitolo del libro della Genesi insiste fortemente sul fatto che il mondo uscito dalle mani di Dio è “buono” ed è stato creato in modo ordinato e soggetto a regole immutabili. Inoltre, il creato è distinto da Dio stesso, a differenza di tante credenze pagane, per questo dette panteistiche, che divinizzavano la natura o parti di essa. L’idea che la natura sia essa stessa creata e governata da leggi stabili e comprensibili è la condizione necessaria perché la naturale curiosità dell’uomo possa evolvere nella scienza. Non è un caso, quindi, che la scienza abbia visto la luce proprio nell’Europa cristiana.
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