lunedì 10 marzo 2014

COSCIENZA (Dizionario)

Talora abbiamo della coscienza una concezione riduttiva e se ne parla in termini scettici, un po’ deprezzativi, confondendola con il puro soggettivismo: agisco secondo quello che a me sembra giusto, che a me piace o che mi torna utile.
In realtà la coscienza ci fa conoscere quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo. Una legge fondamentale, messa da Dio nei nostri cuori. La coscienza non è ciò che mi viene in mente; è il principio supremo allargato a misura divina (potremmo chiamarlo il principio della solidarietà, il principio del rispetto dell’altro, il principio dell’onore, del dovere, il principio della coerenza). E Dio stesso come amore, come fedeltà, come garante ultimo di ogni verità, che entra nell'intimo dell'uomo e diviene sorgente di azione e di discernimento. Per questo la coscienza è qualcosa di inviolabile, e tuttavia non è qualcosa di fantasioso, di strano, di imprevedibile. E il riconoscimento del grande comandamento dell' amore di Dio e del prossimo, il riconoscimento dei grandi valori - verità, onestà, giustizia, carità - in quanto sono intuiti, compresi e diventano fonte di vita, di giudizio e di azione, in dialogo con Dio e di fronte a Dio.
Scrive il Concilio Vaticano II: “Nella fedeltà alla coscienza, i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale” (Gaudium et spes, 16). La coscienza non soltanto non è fenomeno di dispersione, ma opera l’unità; in nome della stessa coscienza, credenti e non credenti si mettono insieme per cercare come oggi si possono realizzare valori quali il servizio, l'onore, la lealtà, il rispetto del prossimo.
Spesso si interpreta la coscienza semplicemente come la voce che ci ricorda una legge già fatta, che basta applicare. Ci viene invece detto che la vita dell’uomo presenta situazioni inedite, problemi nuovi, per i quali non è sufficiente appellarsi a una legge astratta, bensì occorre cercare, sulla base del principio fondamentale dell’amore di Dio e del prossimo e di tutti i valori che ne derivano, quel modo di agire che meglio promuove la vita, serve l’unità tra i popoli, crea relazioni pacifiche; in una costante armonia e in un costante dialogo e scambio tra tutte le persone di buona volontà.

“La formazione di una coscienza ‘vera’, perché fondata sulla verità, e ‘retta’, perché determinata a seguirne i dettami, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi, è oggi un’impresa difficile e delicata, ma imprescindibile. Ed è un’impresa ostacolata, purtroppo, da diversi fattori. Anzitutto, nell’attuale fase della secolarizzazione chiamata post-moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza, non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità ci si allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione. 
Così la coscienza, che è atto della ragione mirante alla verità delle cose, cessa di essere luce e diventa un semplice sfondo su cui la società dei media getta le immagini e gli impulsi più contraddittori. Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità”.

(Benedetto XVI, 24 febbraio 2007)

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