Talora abbiamo della coscienza una concezione riduttiva e se ne parla in
termini scettici, un po’ deprezzativi, confondendola con il puro soggettivismo:
agisco secondo quello che a me sembra giusto, che a me piace o che mi torna
utile.
In realtà la coscienza ci fa conoscere quella legge che trova il suo
compimento nell’amore di Dio e del prossimo. Una legge fondamentale, messa da
Dio nei nostri cuori. La coscienza non è ciò che mi viene in mente; è il
principio supremo allargato a misura divina (potremmo chiamarlo il principio
della solidarietà, il principio del rispetto dell’altro, il principio
dell’onore, del dovere, il principio della coerenza). E Dio stesso come amore,
come fedeltà, come garante ultimo di ogni verità, che entra nell'intimo dell'uomo
e diviene sorgente di azione e di discernimento. Per questo la coscienza è
qualcosa di inviolabile, e tuttavia non è qualcosa di fantasioso, di strano, di
imprevedibile. E il riconoscimento del grande comandamento dell' amore di Dio e
del prossimo, il riconoscimento dei grandi valori - verità, onestà, giustizia,
carità - in quanto sono intuiti, compresi e diventano fonte di vita, di
giudizio e di azione, in dialogo con Dio e di fronte a Dio.
Spesso si interpreta la coscienza semplicemente come la voce che ci ricorda
una legge già fatta, che basta applicare. Ci viene invece detto che la vita
dell’uomo presenta situazioni inedite, problemi nuovi, per i quali non è
sufficiente appellarsi a una legge astratta, bensì occorre cercare, sulla base
del principio fondamentale dell’amore di Dio e del prossimo e di tutti i valori
che ne derivano, quel modo di agire che meglio promuove la vita, serve l’unità
tra i popoli, crea relazioni pacifiche; in una costante armonia e in un
costante dialogo e scambio tra tutte le persone di buona volontà.
“La formazione di una coscienza ‘vera’, perché fondata sulla
verità, e ‘retta’, perché determinata a seguirne i dettami, senza
contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi, è oggi un’impresa
difficile e delicata, ma imprescindibile. Ed è un’impresa ostacolata,
purtroppo, da diversi fattori. Anzitutto, nell’attuale fase della
secolarizzazione chiamata post-moderna e segnata da discutibili forme di
tolleranza, non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si
diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità ci si
allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la
coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti
alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione.
Così la coscienza, che è atto della ragione mirante alla verità delle cose, cessa di essere luce e diventa un semplice sfondo su cui la società dei media getta le immagini e gli impulsi più contraddittori. Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità”.
Così la coscienza, che è atto della ragione mirante alla verità delle cose, cessa di essere luce e diventa un semplice sfondo su cui la società dei media getta le immagini e gli impulsi più contraddittori. Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità”.
(Benedetto
XVI, 24 febbraio 2007)
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