Per approfondire la figura di Maria presentiamo alcune considerazioni biblico-dogmatiche di Alberto Maggi, fine biblista. In un articolo pubblicato su Zenit, agenzia di stampa cattolica, scrive:
L'inizio e la fine della vita terrena di Maria, pur non avendo nessun riscontro nei vangeli, corrispondono al compimento del progetto che Dio ha sull'umanità. (…). La Chiesa, presentando Maria come modello perfetto di questo itinerario di figliolanza e di somiglianza, ne celebra l'ingresso nell'esistenza terrena con l'Immacolata e quello nella sfera di Dio con l'Assunta. Queste verità, che pur non avendo alcun riferimento nel Nuovo Testamento appartengono al patrimonio di fede del popolo cristiano, sono nate dall'intuito della gente più che da dalla speculazione teologica. Per “Immacolata” la Chiesa intende che quel groviglio di colpe che impedisce la piena comunicazione di vita tra Dio e l'umanità non pesa su Maria. Questa condizione non è statica, data una volta per sempre, bensì dinamica: la creatura è invitata a collaborare attivamente al dono del Creatore, sintonizzando il suo amore sulla stessa lunghezza d'onda di quello di Dio, “che ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi ed immacolati per mezzo della carità” (Ef 1,4).
Maria viene presentata dagli evangelisti come il segno tangibile di quel che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli alla potenza del suo amore e si lasci colmare dal suo Spirito. L’Immacolata è il sigillo dell'ottimismo di Dio sull'umanità, il segno di quanto stimi l'uomo, di come abbia bisogno di ogni persona per portare a compimento la sua creazione ed essere Padre per tutti gli uomini.
L’abisso che separava gli uomini da Dio è stato colmato con l’Immacolata: la creatura può essere intimamente unita al suo Creatore. Questa piena comunione, possibile a tutti gli uomini (Ef 1,4), è frutto di un processo di crescita nella fede che è stato vissuto anche da Maria. L'itinerario di fede di Maria si può racchiudere nell'arco di due grandi cicli: le annunciazioni. Ogni annunciazione è una chiamata da parte di Dio alla pienezza di vita, e nell’esistenza di Maria s’incontrano due importanti chiamate: nella prima il Dio di Israele si rivolge alla ragazza di Nazaret, nella seconda Gesù, il “Dio con noi” , interpella sua madre. La prima annunciazione culminerà nella nascita dell'Uomo-Dio, la seconda in quella della discepola perfetta.
Nella prima annunciazione, Dio, rimasto inascoltato dal sacerdote nel Tempio (Lc 1,20), si rivolge “a quel che il mondo disprezza” (1 Cor 1,28), ad una donna sposata nella malfamata Nazaret (Gv 1,46), e le chiede di diventare la madre di suo Figlio (Lc 1,26-38). Pienamente fiduciosa nel suo Dio, Maria accetta: la proposta che il messaggero divino le ha fatto è la formulazione di profonde esigenze di vita che aveva dentro di sé e che ora può liberare e far crescere.
La seconda chiamata avviene in un clima altamente drammatico: tutto il clan familiare ha deciso di catturare Gesù ritenuto ormai demente (Mc 3,21-35). Il Galileo, presentatosi come l'inviato del Signore, si è comportato infatti come un nemico di Dio, trasgredendo i precetti e comandamenti più sacri (Mc 3,5.22), e mentre le autorità religiose lo bollano come bestemmiatore eretico ed indemoniato (Mt 9,3), per la gente è solo un pazzo a cui lanciare pietre.
La richiesta dei famigliari di Gesù “Tua madre e i tuoi fratelli ti vogliono”, è interrotta dalla fredda risposta del Cristo: “Chi è mia madre?...” Per Gesù suoi intimi sono solo quelli che lo seguono e come lui vivono la volontà del Padre traducendola in un amore incondizionato che si rivolge a tutti, prescindendo da categorie religiose, morali e sessuali (Lc 10,29-37). Maria deve scegliere: o resta con il clan famigliare, che ritiene Gesù un matto, e salva così la sua reputazione, o segue il figlio, conosciuto per essere “un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori” (Mt 11,19). A Nazaret la Vergine s'era fidata dell'invito rivoltole dal suo Signore e da questo suo assenso era nato il Messia di Dio. In questa seconda annunciazione, più sofferta e matura, Maria risponde ancora con un sì all'invito alla pienezza di vita che le viene dall'Uomo-Dio e che la condurrà a una nuova nascita: la sua. Ora sarà la madre che rinascerà dal figlio. (…)
Presso la croce l’evangelista non presenta una madre schiacciata dal dolore, che comunque sta vicina al figlio anche se questo è un criminale, ma la coraggiosa discepola che ha scelto di seguire il maestro a rischio della propria vita, mentre gli apostoli, che avevano giurato di esser pronti a morire per lui (Mc 14,29-31), sono vigliaccamente fuggiti (Mt 26,56). Sul Gòlgota, più che una madre che soffre per il figlio, Giovanni mostra infatti la discepola che soffre con il suo Maestro. (…)
Per Maria l'assunzione è la normale conclusione di un'esistenza straordinaria: fin da Nazaret si è diretta sempre verso scelte di vita, si è fidata della fantasia di quel Dio che trasforma tutte le cose in bene (Rm 8,28), e fa sì che quelle che sembrano pietre, siano invece pane (Mt 7,9); un Dio che sceglie quel che nel mondo è disprezzato per farne oggetto del suo amore (1 Cor 1,27-30;) e fa sì che un'anonima ragazza di uno sperduto villaggio venga “proclamata beata da tutte le generazioni” (Lc 1,48).
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