mercoledì 12 dicembre 2012

Famiglia (1)


“Preghiera semplice” della famiglia
Signore, fa’ della nostra famiglia uno strumento della tua pace:
dove prevale l’egoismo, che portiamo amore,
dove domina la violenza,
che portiamo tolleranza,
dove scoppia la vendetta,
che portiamo riconciliazione,
dove serpeggia la discordia,
che portiamo comunione,
dove regna l’idolo del denaro,
che portiamo libertà dalle cose,
dove c’è scoraggiamento, che portiamo fiducia,
dove c’è sofferenza, che portiamo consolazione,
dove c’è solitudine, che portiamo compagnia,
dove c’è tristezza, che portiamo gioia,
dove c’è disperazione, che portiamo speranza.
O Maestro, fa’ che la nostra famiglia non cerchi tanto di accumulare, quanto di donare,
non si accontenti di godere da sola ma sappia condividere.
Perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere,
nel perdonare che nel prevalere,
nel servire che nel dominare.
Così costruiremo insieme una società solidale e fraterna.
Amen

L’icona e modello è la famiglia di Nazareth: famiglia povera, emigrante, vittima di un sistema di potere e di violenza che la costringe a cercare rifugio in Egitto. Famiglia che soprattutto segue la volontà di Dio, un Dio che guida l’agire della storia soltanto con la complicità dell’uomo, un Dio che ci chiede di condividere un sogno di amore e comunione e di impegnarsi per realizzarlo con lui.
- la famiglia è uno STRUMENTO prezioso non solo per realizzare il sogno di Dio, ma per mostrare e condividere la stessa natura di Dio che è Amore trinitario, Amore da condividere, Amore che si apre al mondo, che non può essere racchiuso tra 2 persone, ma che coinvolge sempre un 3°.

 
- Tra le definizioni della FAMIGLIA c’è quella di PICCOLA CHIESA: luogo dove rendere presente Gesù, dove sperimentare e celebrare l’amore reciproco. Quante volte abbiamo evidenziato l’importanza della famiglia per la trasmissione della fede e per la vita di una comunità parrocchiale: se la famiglia inizia e accompagna il figlio sulla strada della fede, quello che è l’impegno del prete e della comunità parrocchiale trova terreno fertile. Viceversa quante volte, quando non c’è la collaborazione della famiglia, nonostante il nostro impegno i ragazzi (e quindi gli adulti di domani) risultano insensibili, quasi impermeabili alla fede (vedi anche il nuovo cammino di Iniziazione Cristiana che parte proprio dal coinvolgimento della famiglia).
- Un’altra definizione che ritengo molto bella è quella che descrive la famiglia come SACRAMENTO dell’amore di Dio, cioè come SEGNO e STRUMENTO dell’amore divino: SEGNO, in quanto può (anzi DEVE) mostrare l’amore di Dio. STRUMENTO in quanto può (anzi DEVE) essere il mezzo più prezioso attraverso cui agisce Dio, attraverso cui si fa presente.
- FAMIGLIA DIVENTA CIO’ CHE SEI: come l’uomo e la donna sono creati a immagine di Dio, ma con molta difficoltà mostrano e vivono ciò che sono, così la FAMIGLIA è chiamata a diventare ciò per cui è stata creata: SEGNO e STRUMENTO dell’amore di Dio.
- Quale forza di testimonianza e di speranza è la FAMIGLIA che mostra l’amore di Dio e per Dio, in cui i coniugi si amano e condividono tale amore con i figli e con le persone con cui entrano in contatto. Una famiglia realizzata nonostante le difficoltà, felice, beata.
- E’ un’UTOPIA? E’ vero che oggi si sottolinea la CRISI della famiglia che sempre più spesso diventa il luogo dei litigi, delle rivalse, delle lotte di potere. Si calcola che la vita media di una famiglia sia di 14 anni e che quest’età, dettata dalle sempre più frequenti e immediate separazioni, sia destinata a diventare sempre più breve. Per non parlare della rinuncia di molti (e sempre più) a sposarsi in Chiesa, a limitarsi spesso alla convivenza. Come poter esprimere in questo contesto quell’amore sponsale che è, per sua natura, eterno e fedele? Come poter fare un patto solenne, davanti a Dio e sancito ufficialmente dalla Chiesa, di amore perpetuo e fedele quando non sappiamo cosa ci riserva il futuro? E’ possibile anche al giorno d’oggi amarsi fin che morte non ci separi?
- E’ vero che l’Istituto familiare è in difficoltà (così come è innegabile che tale crisi trascini i figli e, con loro, coinvolga la società chiamata per il proprio bene a difendere un’istituzione che garantisce alla società stessa di sopravvivere e di evitare problemi sociali sempre più complessi), ma è anche vero che ciò che è “impossibile agli uomini è possibile a Dio”, che la famiglia trovi al proprio interno quella forza (donata da Dio) per sostenerla e attraversare burrasche sempre più dirompenti. In questo senso la famiglia è STRUMENTO dell’amore di Dio: è Dio stesso che l’ha voluta a donargli quegli strumenti per sopravvivere e soprattutto vivere in maniera piena. E’ Dio a garantire l’aiuto. E’ Lui la sorgente che disseta la coppia vittima della routine e della aridità. E’ in Lui che possiamo ritrovare la fonte che ha unito i due: in Lui ritrovare i motivi dell’unione, l’origine dell’innamoramento che deve trasformarsi in amore.
- E San Paolo, quasi riabbassando i toni della nostra discussione, invita concretamente a SOPPORTARCI e a PERDONARCI A VICENDA: l’amore vero è fatto anche (se non soprattutto) da questo: della capacità di sopportarci e di perdonarci. Perché, l’amore tutto COPRE, tutto SPERA, tutto SOPPORTA. E’ una scalata difficile, ma da cui dipende la nostra vita: non possiamo rassegnarci alla mediocrità, non possiamo rinunciare alla lotta, non possiamo arrenderci. FAMIGLIA DIVENTA CIO’ CHE SEI: ne dipende la tua realizzazione e la trasformazione della nostra società, una società troppo spesso priva di Dio (ovvero di amore, di senso) che ha un bisogno urgente di ritrovare i SEGNI e gli STRUMENTI attraverso cui Dio possa mostrarsi e agire, segni e strumenti che ci possano far sperare che amarsi è ancora possibile, restare fedeli è ancora possibile, crescere in un progetto è ancora possibile.
Giuseppe e Maria, nel loro amore pieno di tenerezza e di fatica, ci ricordano che Dio ha scelto di nascere in una famiglia, di sottostare alle dinamiche di coppia e di condividerne le fatiche.


Matrimonio. L'orizzonte condiviso di un amore
di Enzo Bianchi, La Stampa, 25 luglio 2010
In una lettera inviata dal carcere in cui attendeva la morte che il regime nazista gli avrebbe inflitto, il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer scriveva: “La perdita della memoria morale non è forse il motivo dello sfaldarsi di tutti i legami, dell’amore, del matrimonio, dell’amicizia, della fedeltà? Niente si radica, niente mette radici: tutto è a breve termine, tutto ha breve respiro. Ma beni come la giustizia, la verità, la bellezza e in generale tutte le grandi opere richiedono tempo, stabilità, memoria; altrimenti degenerano”. Parole profetiche, che leggono bene il tempo presente, contrassegnato da provvisorietà e instabilità in tutti i rapporti.
I dati forniti dall’Istat riguardanti i matrimoni tra il 1995 e il 2008 registrano un raddoppio del numero di separazioni e divorzi, mentre la durata media del matrimonio scende fino a soli quindici anni. Sono statistiche che ci confermano quanto anche noi verifichiamo nel nostro tessuto quotidiano: nella cerchia di familiari e conoscenti abbiamo quasi tutti coppie separate (…). Ormai, quando riceviamo la notizia di una coppia che si sposa, non ci è più estranea la domanda inconscia “fino a quando durerà?”, così come nell’interrogarci sul futuro delle forme di vita che prevedono impegni o voti di celibato, non vi è più solo la preoccupazione per il numero calante di nuove vocazioni, ma anche quella per la perseveranza di quanti già hanno abbracciato questo itinerario religioso. Anche chi ha assunto impegni, chi ha celebrato l’alleanza con fratelli o sorelle nella vita religiosa contraddice la scelta compiuta – anche se in percentuale minore rispetto al matrimonio – viene meno alla parola data, alla promessa esplicitata e pensa di cambiare vita, anche in età ormai matura, a cinquanta o sessant’anni, esattamente come avviene tra gli sposati. Persone ormai invecchiate e quindi obbligate a contare gli anni che restano loro da vivere, smentiscono un intero itinerario di vita già percorso e si dicono addio, nel sogno di poter trascorrere l'ultima parte della vita – la cui aspettativa si è sempre più allungata – nella libertà, senza dover più “fare i conti” con qualcun altro.
È l'epifania dell'egoismo anzi, dell'egolatria celebrata secondo le proprie possibilità, è il non voler più riconoscere che l'amore esige anche sacrificio, rinunce: se infatti il cammino è condiviso con altri, allora occorre riconoscere l'altro che ci sta accanto nella sua differenza, assumendo che ci siano assieme ai giorni di gioia e di piacere condivisi anche quelli in cui il rapporto si fa difficile, in cui si è chiamati a perdonare l'altro, in cui far uso di sapienza, a volte accettando perfino di restare nel “buio”, attaccati alla promessa fatta, alla parola data. Nessuno nega che la vita comune nel matrimonio o nella convivenza possa diventare un inferno: il problema è discernere come uscire dall'inferno, se fuggendo la relazione o tentandone insieme un riscatto.
D'altronde, conosciamo bene gli esiti di separazioni, divorzi, rotture di fedeltà: sono cammini in cui c'è molta sofferenza e fatica, vicende dove a volte il tradimento e la menzogna appaiono in tutta la loro capacità di fare del male. (…)
Chi nasce ha diritto all'amore dei suoi genitori anzi, a un unico amore: lo hanno generato insieme, insieme lo devono amare.
Certo, con ragione si dice che non si deve restare insieme per convenienza sociale, che non è bene essere ipocriti, che non è sano vivere nella doppiezza di vite sentimentali o sessuali. Ma occorrerebbe anche domandarsi se sovente si è giunti al matrimonio con sufficiente maturità, con la consapevolezza di quello che si celebra. Molti matrimoni, indipendentemente dall'essere celebrati in chiesa o meno, non hanno conosciuto le fasi necessarie a costruire un progetto da realizzare insieme, per dare avvio a una “storia d'amore” e non semplicemente a un'avventura sull'onda delle emozioni di un momento, in preda alla sensazione del “mi piace”, “mi sento di...”. (…) Ma chi oggi insegna o perlomeno aiuta, avverte di questa esigenza le nuove generazioni che si affacciano ad assumere impegni duraturi nel tempo? In questo senso oggi una nuova famiglia nasce più fragile rispetto a solo pochi decenni fa, soprattutto a causa di una carenza di riferimenti saldi: i genitori non hanno trasmesso valori come la capacità di sacrificio, la perseveranza di fronte alle difficoltà, la responsabilità verso le persone cui si è data una parola, la cura costante per il legame affettivo, la consapevolezza del prezzo da pagare per le proprie scelte.
Resto tuttavia convinto che quello che manca maggiormente oggi è una capacità di fede: non fede in Dio, innanzitutto, ma capacità di fare fiducia, di credere nell'essere umano, negli altri, nel domani. (…) Cresciamo solo se troviamo qualcuno di cui fidarci. Oggi c'è una crisi di fede, un crollo della fiducia e così la storia del matrimonio come di ogni vicenda legata a una promessa di fedeltà è fortemente minacciata.
(…)


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