2. Non
nominare il nome di Dio invano -Io rendo onore
3. Ricordati di santificare la festa – Questo giorno è santo
4. Onora il padre e la madre – Io rispetto la mia origine
5. Non uccidere – Io voglio vivere
6. Non commettere adulterio – Io sono fedele
7. Non rubare -Mi basta quello che ho
8. Non testimoniare il falso – Io sono sincero
9. Non desiderare la donna del tuo prossimo – Il mio amore è puro
10. Non desiderare i beni del tuo prossimo – Io sono riconoscente
3. Ricordati di santificare la festa – Questo giorno è santo
4. Onora il padre e la madre – Io rispetto la mia origine
5. Non uccidere – Io voglio vivere
6. Non commettere adulterio – Io sono fedele
7. Non rubare -Mi basta quello che ho
8. Non testimoniare il falso – Io sono sincero
9. Non desiderare la donna del tuo prossimo – Il mio amore è puro
10. Non desiderare i beni del tuo prossimo – Io sono riconoscente
I
Dieci comandamenti: perché annunciare la legge del Sinai oggi?
di don
Fabio Rosini
Biblista, Direttore dell’ufficio
vocazionale della Diocesi di Roma, don Fabio Rosini è diventato famoso per le
sue catechesi sui 10 comandamenti che raccolgono migliaia di giovani e che
richiedono un percorso di un anno.
Ultimamente stanno tornando di moda i
Dieci Comandamenti. Articoli sulla stampa, libri, riflessioni e quant’altro,
danno spazio a questa tematica. Questo è un fenomeno sorprendente se si pensa a
quanto forte sia stato l’impulso, nella storia del pensiero occidentale
recente, a liberarsi di ogni imposizione, di ogni legge. Arriviamo a chiederci
se non sia perfino opportuno rispolverare i Dieci Comandamenti ed usarli come
mezzo di annuncio a riguardo di quel destinatario specifico che sono i giovani.
La storia dell’ultimo secolo è la prima
storia fruita in modo globale. Sappiamo quello che i mezzi di comunicazione
fanno sapere, e siamo sottoposti ad una inondazione di informazioni.
(…) Quindi la gente “sa” di più, i giovani in primis. Ma cosa sanno? Le persone
di questo inizio millennio sanno molto e male. Esiste poi un ulteriore effetto
“forchetta” fra due fenomeni culturali non piccoli. Da una parte il lungo
processo di distruzione della figura paterna-autorevole, iniziato
nell’illuminismo ed arrivato ad oggi. L’antipatia per l’autorità si
sviluppa e cresce, fino agli slogan del 1968 e alla odierna cultura
individualista, anti-paterna, e quindi non-fraterna. Dall’altra parte abbiamo
l’evoluzione della scienza che, ancora letta come “certezza”, ha
avuto nei principi di relatività, di indeterminazione e di indecidibilità un
momento devastante di ristrutturazione ed approfondimento.
Tiriamo le somme: io, giovane di oggi,
so molte cose, assai contraddittorie e ricevute da molte fonti contrapposte.
Sociologicamente non accetto le autorità, non credo nei padri, di qualsiasi
genere. A livello culturale professo un relativismo evanescente, una visione
del mondo a livello gassoso, tutto è vero e tutto è falso, niente è certo. È
chiaro che questa è un’analisi tagliata con l’accetta, una generalizzazione che
richiederebbe mille distinguo.
Quale è il risultato del quadretto
appena disegnato? Una disperata mancanza di certezze. Questa mancanza non è
quasi mai consapevole, è uno spiffero di angoscia nel fondo del cuore delle
persone. Per “essere” io ho bisogno di un appoggio, di una base, di un
fondamento. Se le mie basi esistenziali, le cose certe, necessarie per
assestare in una qualche maniera il mio io, sono per definizione dubitabili,
relative, inaffidabili, come sto io?
La cultura dei talk-show, del dibattito,
dell’esternazione di otto punti di vista contrapposti, della libertà per la
libertà, specie quella di opinione, scrive nelle coscienze in via di
formazione, come quelle giovanili, una confusione molto più devastante di
quanto si pensi. Sarebbe il caso di approfondire, e non è questo il momento,
cosa possa significare un atto di fede per soggetti addestrati in tale
contesto.
E i Dieci Comandamenti? Dopo 200 anni di
devastazioni adoperiamo la vita, il corpo, l’affettività, l’amicizia, il tempo,
come un elettrodomestico sconosciuto, spingiamo i bottoni a caso. La felicità
sembra un incidente fortuito, e l’alchimia della vita pare ineffabile. Pecore
senza pastore, che hanno rifiutato il pastore culturalmente, esistenzialmente,
scientificamente.
La storia, però, è provvidenziale. Tutto
questo non è pura perdizione, ma occasione, questo è un ottimo punto di
partenza. Anche perché la verità non è così lontana ed inarrivabile, è un uomo,
il Figlio Unigenito del Padre. Possiamo rifiutarlo, dimenticarlo, ma ci manca,
senza di Lui non sappiamo che fare; proviamo e sbagliamo, ci sembra all’inizio
di stare meglio e poi scopriamo di vivere al buio. Arriva il benefico momento
in cui siamo ridimensionati, ci siamo fatti male, siamo finalmente delusi dalle
menzogne. E iniziamo ad essere destinatari idonei di una parola, quella di Chi
diceva che sono beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
La vita ha le sue istruzioni per l’uso, ha la sua
filigrana di autenticità. Noi, annunciatori, sappiamo che nella santa volontà
del Padre
c’è la nostra pace, la nostra certezza, e che esiste
un uso buono delle cose. Proprio questo sono i 10 comandamenti: la via della
pace, la via della sapienza. Se è vero che bisogna passare dalla Legge alla
Grazia, è pur vero che l’uomo che non conosce neanche la Legge è un cieco senza
punti di riferimento.
Il buon gioco dell’annuncio dei 10 comandamenti
(soprattutto come radiografia di Cristo, del suo modo di pensare, della sua
obbedienza al Padre e del suo amore per noi) trova la sua forza proprio nel
dolore sordo di questa generazione.
C’è un “ma”. Iddio
ci salvi dai toni clericali. Qui è dove si inceppa questo meccanismo della
Provvidenza. Se il messaggio è la Sapienza del Padre, rivelata al Sinai e
destinata ad ogni persona di ogni epoca, e il destinatario è questa pecora
dolorante del terzo millennio, chi è l’emittente? Un moralizzatore? Un
emettitore di rimandi ai “doveri”? Un espettoratore di richiami ai “valori”? Un
apodittico diffusore di imperativi categorici kantiani? Un paladino dell’etica?
Per amor di Dio, no!
Questi anni hanno visto il
moltiplicarsi, anche in ambito ecclesiale, degli studi sui dieci comandamenti,
e di conseguenza il crescere dell’interesse attorno alle ipotesi pastorali che
trattino il decalogo. Ma il rischio è che ci si metta a suonare con un nuovo
strumento la solita vecchia musica. La gente prima di ascoltare il contenuto di
quello che si dice, ascolta la musica delle parole. E se la musica è noiosa, o,
peggio, esigente, moralista, non ascolta. Molto spesso quando si è
nell’occasione di ascoltare tanti predicatori odierni, si stacca l’audio e si
pensa ai fatti propri.
Per
essere ascoltati bisogna prima ascoltare quello spiffero di angoscia dentro di
noi, saper parlare ai poveri da poveri e non da teoreti. E, magari, parlare da
innamorati. Non perché lo si sappia fare. Perché lo si è. Un progetto pastorale
formulato teoricamente diventa facilmente una sterile operazione di algebra
ecclesiale. Dobbiamo temere un neo-moralismo. Il Cristianesimo non è un’etica.
Il Cristianesimo è una persona, Cristo. I Dieci Comandamenti sono stati
applicati da Dio Padre, in primis, a se stesso, e lo abbiamo visto nel corpo
crocifisso del suo Figlio Unigenito. I Dieci comandamenti sono lo stile di vita
di Dio.
Il decalogo (ovvero le dieci
parole) non è l’unico testo per fondare tutto il sistema della morale cristiana.
Esiste il grande comandamento dell’amore, esiste la cosiddetta regola d’oro che
tutti conosciamo in edizione negativa (non fare agli altri quello che non
vorresti che gli altri facciano a te) e che il vangelo riporta in forma
positiva ("tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi
fatelo a loro: questa infatti è la legge e i profeti" Mt 7,12).
Per
la vita cristiana il discorso della montagna (Mt 5-7) è tanto importante quanto
i dieci comandamenti. Così pure il discorso di Gesù sul giudizio universale, in
cui egli si identifica con i poveri e indica nell’amore per essi il criterio di
giudizio (Mt 25,31-46).
I
dieci comandamenti costituiscono un testo importantissimo per tutta l’umanità.
Nella Bibbia il testo ci viene presentato due volte - e con notevoli differenze
- in Es 20,1-17 e Dt 5,1-22. È una specie di programma per aiutare il popolo di
Dio a non perdere nuovamente la libertà dopo la liberazione dalla schiavitù
dell’Egitto e a non ricadere in nuove forme di asservimento. Il Dio liberatore
chiama i liberati a collaborare alla salvaguardia della loro libertà: non basta
accogliere la libertà come un dono; bisogna custodirla con vigilanza e
costanza.
I
dieci comandamenti costituiscono la parte fondamentale di tutta la legge: sono
la base della vita degli uomini tra di loro e della vita del singolo e della
comunità davanti a Dio.
Dio
è libero e vuole che l’uomo, fatto a sua immagine, partecipi a questa libertà:
in questo l’uomo trova il proprio sviluppo e la pienezza di vita per sé e per
gli altri. Egli non guarda con diffidenza alla libertà dell’uomo e non si
preoccupa di imporre nuove catene con una fitta rete di leggi.
Il
decalogo comincia con una frase d’importanza decisiva per la comprensione di
tutto il testo: Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal
paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù(Es 20,1; Dt 5,6). Le singole
direttive che seguono sono una conseguenza dell’azione liberatrice di Dio.
In
altre parole, Dio dice al suo popolo: Io ti ho liberato dalla schiavitù; ora ti
do dieci regole per restare libero e non ricadere in schiavitù: ti do i Dieci
Comandamenti, ti do le dieci leggi della libertà. Se hai realmente capito che
cosa ho fatto per te guidandoti alla libertà, non andrai più dietro ad altri
dèi, né calpesterai i diritti del tuo prossimo.
I
credenti, dunque, non devono solo rispettare il diritto, la libertà e lo
sviluppo degli altri, ma ricercarli attivamente. Il Decalogo, quale documento
della libertà donata e resa possibile da Dio, invita a cooperare con la storia
della liberazione che Dio ha messo in moto in questo nostro mondo con l’esodo
d’Israele dall’Egitto e con l’esodo di Gesù dalla potenza della morte e del
peccato attraverso la sua morte e la sua risurrezione.
I
dieci comandamenti sono altrettante direttive preziose e liberanti. Sono
istruzioni per un giusto comportamento con il mondo, con se stessi, con il
prossimo e con Dio.
Il
decalogo è il libretto di istruzione per l’uso relativo al
comportamento in questo mondo. Bisogna leggerlo e attenersi a quanto dice se
non vogliamo rovinare o distruggere noi stessi, gli altri e l’ambiente in cui
viviamo.
Prima
di prendere in considerazione i singoli comandamenti, facciamo (per la terza
volta!) una forte sottolineatura al preambolo dei comandamenti. Ambedue le
redazioni bibliche del decalogo cominciano ricordando che il Signore è il Dio
salvatore del suo popolo: Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto
uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù (Es 20,2; Dt
5,6). Solo nel contesto del ricordo della salvezza, della liberazione
dall’Egitto, i singoli comandamenti acquistano il loro vero senso di direttive
per la vita. Essi servono a illustrare in maniera esemplare una precisa verità:
gli uomini che si sono lasciati salvare dal Signore, sono chiamati a non
perdere di nuovo il dono della libertà, ma a incrementarlo per diventare sempre
più liberi come il loro Dio.
Nella
misura in cui gli uomini osservano i comandamenti di Dio essi diventano
immagine di Dio.
I
10 comandamenti del dio denaro
1
Non avrai altro dio all'infuori di me. Io sono il denaro dio tuo, amami più di
te stesso.
2 Non nominare il nome di dio invano: non serve nominare il denaro, devi accaparrartene il più possibile in modo concreto.
3 Ricordati di santificare le feste, passandoti meravigliosi weekend di piacere o almeno sballandoti in discoteca.
4 Onora il padre e la madre e fatti mantenere da loro sino a 50 anni.
5 Non ammazzare, se non nei modi previsti dalle leggi. In caso di errore, ricorri ad un buon avvocato e chiedi subito la perizia psichiatrica.
6 Non fornicare in luoghi ove tu possa essere visto ed appellati comunque sempre alla legge sulla privacy. Previeni sempre le malattie da contagio con mezzi idonei.
7 Non rubare. Tira a ricoprire cariche politiche, il resto viene da sè.
8 Non dire falsa testimonianza. Se non sei prima sicuro di non essere scoperto.
9 Non desiderare la donna d'altri. E' un'inutile perdita di tempo, trombala direttamente.
10 Non desiderare la roba d'altri. Devi perciò fare in modo di avere sempre molta più roba tu e gli altri potrai mandarli tranquillamente affanculo con le loro miserie..
2 Non nominare il nome di dio invano: non serve nominare il denaro, devi accaparrartene il più possibile in modo concreto.
3 Ricordati di santificare le feste, passandoti meravigliosi weekend di piacere o almeno sballandoti in discoteca.
4 Onora il padre e la madre e fatti mantenere da loro sino a 50 anni.
5 Non ammazzare, se non nei modi previsti dalle leggi. In caso di errore, ricorri ad un buon avvocato e chiedi subito la perizia psichiatrica.
6 Non fornicare in luoghi ove tu possa essere visto ed appellati comunque sempre alla legge sulla privacy. Previeni sempre le malattie da contagio con mezzi idonei.
7 Non rubare. Tira a ricoprire cariche politiche, il resto viene da sè.
8 Non dire falsa testimonianza. Se non sei prima sicuro di non essere scoperto.
9 Non desiderare la donna d'altri. E' un'inutile perdita di tempo, trombala direttamente.
10 Non desiderare la roba d'altri. Devi perciò fare in modo di avere sempre molta più roba tu e gli altri potrai mandarli tranquillamente affanculo con le loro miserie..
LA RISPOSTA:
"ll denaro puo' comprare un letto ma non il
sonno,
un bel libro ma non l'intelligenza,
le medicine ma non la salute,
una casa ma non la dimora,
il piacere ma non l'amore,
il crocifisso ma non la fede,
gli amici ma non l'amicizia,
il sangue ma non la vita,
il cimitero lussuoso ma non il cielo…
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