sabato 10 maggio 2014

DIALOGO EBREI-CRISTIANI (dizionario)

DIALOGO EBREI-CRISTIANI (17 gennaio) e giornata della memoria della Shoah (27 gennaio)
 
Altro tema dettato dalle ricorrenze del mese di gennaio: il 17 si celebra la giornata del dialogo tra ebrei e cristiani, mentre il 27 si ricorda la tragedia della Shoah.
E’, quello tra ebrei e cristiani, un dialogo quasi unilaterale, voluto e organizzato dai cristiani, non soltanto per mitigate il senso di colpa rispetto un antigiudaismo ben radicato nel cristianesimo, ma soprattutto per la consapevolezza di avere con loro un legame fondamentale. Sia gli ebrei che i cristiani credono nello stesso Dio, con la differenza che i cristiani considerano Gesù come figlio di Dio, mandato da Dio Padre sulla terra. Gli ebrei, invece, attendono ancora il Messia che salvi il popolo di Israele. Entrambi tuttavia considerano la Bibbia come il testo sacro.
Gesù e gli apostoli erano ebrei osservanti anche se apparivano come una setta detestabile all’interno dell’ebraismo e questo diede motivo alle prime persecuzioni anticristiane. Le parti si invertiranno presto con i cristiani ormai dimentichi del loro passato e preda di pregiudizi antigiudaici.

Scrive Enzo Bianchi:
dopo lo «scisma» tra ebrei e cristiani alla fine del I secolo e fino all’ora del Concilio Vaticano II, noi abbiamo pregato inoculando nelle nostre preghiere sovente disprezzo e a volte vero e proprio odio nei confronti degli ebrei. Basterebbe ricordare che il Venerdì Santo pregavamo «per i perfidi giudei» e per loro non ci inginocchiavamo, ma addirittura facevamo baccano con le raganelle, strumento sinistro in uso solo nei giorni santi. Poi venne la fine del disprezzo, soprattutto grazie a Giovanni XXIII, che tolse dalla liturgia l’aggettivo «perfidi» e chiese che si pregasse solo «per i giudei». Da allora è stato fatto un cammino impensabile”.
(E. Bianchi, Cristiani ed ebrei fratelli divisi, La Stampa, 17.1.09)

In un altro articolo lo stesso autore ci ricorda che: “Se vi è stato nei secoli un antigiudaismo cristiano teologico e pratico che, pur distinto dall’antisemitismo, di fatto ha finito per favorire il silenzio, l’indifferenza e la passività della quasi totalità dei cristiani e delle Chiese nell’ora dellashoah, dobbiamo anche ricordare l’inatteso mutamento del rapporto tra Chiesa cattolica ed ebrei sopraggiunto con Giovanni XXIII (…) 
Sarà la dichiarazione conciliare Nostra aetate: autentica svolta storica e teologica, avvenuta con l’autorevolezza massima per la Chiesa cattolica, quella di un concilio. Così recita quel documento: “quanto è stato commesso durante la passione (di Cristo) non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti… La Chiesa inoltre deplora gli odii, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque” (NA 4, 28). (…) Trascorsero poi quasi vent’anni dal Concilio senza novità significative, durante i quali tuttavia la svolta fu confermata e mai smentita, finché Giovanni Paolo II, testimone diretto della barbarie antisemita, il 17 novembre 1980 a Magonza pronuncia una formula inedita, anzi contraddittoria a diciannove secoli di esegesi e teologia cristiana, in cui gli ebrei sono definiti «il popolo di Dio dell’antica alleanza che non è mai stata revocata » e in cui si afferma che «ebrei e cristiani, quali figli di Abramo, sono chiamati a essere benedizione per il mondo». Si può notare la novità e l’audacia rispetto a tutto il magistero ecclesiastico precedente: il popolo di Dio comprende sia Israele che la Chiesa (popolo di Dio dell’antica e della nuova alleanza): la teologia della 'sostituzione' è così abbandonata per sempre. Sigillo alla confessione delle colpe dei cristiani nei confronti di Israele sarà la liturgia penitenziale officiata da Giovanni Paolo II e dai cardinali della curia romana in occasione del Giubileo del 2000, in cui verrà proclamato con forza: «Noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli e, chiedendoti perdono, vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza». Dalla prece ' pro perfidis judaeis' alla richiesta del perdono; dal disprezzo e dall’odio al gesto di Giovanni Paolo II che infila un biglietto, contenente la richiesta a Dio di perdono, tra le fessure del Muro del pianto, quasi a scolpire nella pietra questa invocazione. E gesti di portata analoga sono proseguiti con Benedetto XVI: si pensi al pellegrinaggio ad Auschwitz o alla visita alla sinagoga di Roma. Il Giorno della memoria ci ricorda allora che non siamo immuni dalla tentazione di ridestare quella logica di inimicizia che crea il nemico, o quella pretesa di possedere la verità contro l’altro o senza l’altro. Nessun cristiano però potrà più invocare l’ignoranza a propria scusante: ciascuno è e sarà responsabile in prima persona di una conferma o di una contraddizione a questa svolta”.
Enzo Bianchi, Ebrei e cristiani: e pace fu, Avvenire, 26.1.11
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GLOSSARIO
SHOAH: Il termine è ebraico e significa “catastrofe”, “distruzione” e fa riferimento all’olocausto ovvero al genocidio perpetrato dalla Germania nazista nei confronti di circa 5 o 6 milioni di ebrei europei sterminati nei campi di concentramento.
NOSTRA AETATAE: dichiarazione del Concilio Vaticano II



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