"Se dicessi che
credo in Dio, direi troppo poco perchè gli voglio bene. E voler bene a uno è
qualcosa di più che credere nella sua esistenza".
don Lorenzo Milani
"Se si trattasse solo di un Dio del quale fosse possibile parlare, anch'io non crederei; ma dato che si tratta di un Dio al quale si può parlare, per questa ragione io credo in lui".
Martin Buber, filosofo ebreo austriaco
don Lorenzo Milani
"Se si trattasse solo di un Dio del quale fosse possibile parlare, anch'io non crederei; ma dato che si tratta di un Dio al quale si può parlare, per questa ragione io credo in lui".
Martin Buber, filosofo ebreo austriaco
DIALOGO SU DIO
“Tu credi in Dio?” domandò repentinamente il giovane agente.
Sejer arricciò le labbra in una smorfia buffa. “Bah…no, immagino di
no. Credo piuttosto a una qualche forza”, rispose con un po’ di titubanza.
Skarre sorrise. “Questo l’ho già sentito altre volte. Questa “forza”
è evidentemente più accettabile. Però trovo strano che finora non si sia riusciti
a darle un nome. Ma si sa, la parola “Dio” ha senza dubbio molte connotazioni.
E dove credi che ci conduca , questa forza?”
“Credi dunque a una forza priva di volontà?”
“Non ho detto nemmeno questo. La definisco semplicemente “forza”; se
sia guidata o no da una volontà, resta una questione aperta.”
“Ma l’idea di una forza senza volontà è abbastanza scoraggiante,
no?”
“Non molli, eh? O stai provando goffamente a fare professione di
fede?”
“Si”, rispose laconicamente il giovane poliziotto.
“Però! Quante cose si vengono a sapere.”
Sejer meditò qualche secondo sull’inattesa confessione del collega e
infine mormorò: “La fede: ecco una cosa che non sono mai riuscito a
comprendere”.
“Come mai?”
“Non capisco esattamente che cosa comporti.”
“Comporta solo una scelta. Si sceglie un criterio con cui affrontare
la vita; scelta, questa, che con il tempo ti sorregge e ti procura gioia. Offre
un punto di riferimento e dà un senso alla vita e alla morte incredibilmente
appagante.”
“Fare una scelta? Hai avuto una rivelazione?”
Dalla bocca di Skarre uscì un riso a singhiozzi, che ricordava la
regione del Sud dalla quale proveniva, le sue scogliere e il suo mare azzurro.
“La gente rende tutto complicato. Invece è semplicissimo: non si deve
cercare di comprendere tutto e a ogni costo. Bisogna innanzitutto sentire; la
comprensione arriva poco per volta.”
Ø Chi
è per te Dio? Elenco di “definizioni”
Ø Le
immagini di Dio (Padre): uomo anziano con la barba bianca? Occhio scrutatore
che tutto e tutti vigila?
E’ l’uomo ad essere stato creato a
immagine di Dio e non Dio (Padre) a dover essere rappresentato a somiglianza
dell’uomo.
Ø D-IO
o IO?
- FEUERBACH,
filosofo tedesco dell’800: Dio è una PROIEZIONE dell’uomo. Una rappresentazione
del suo desiderio di trascendere se stesso.
Risponde Hans Kung, teologo tedesco
contemporaneo: “naturalmente una cosa non esiste solo perché io la desidero. Ma
vale anche il contrario: non è che una cosa necessariamente non esiste, perché
io la desidero.
- NIETZSCHE:
“Dio è morto”[3]: l’agnosticismo/relativismo e
l’indifferenza che regna nella nostra società/cultura[4].
“Il termine "dio" deriva dal latino deus (a sua volta collegato ai termini,
sempre latini, didivus-"splendente" e dies-"giorno") proveniente dal
termine indoeuropeo deiwos che ha il valore di "luminoso,
splendente, brillante, accecante". Tale appellativo si spiega con il fatto
che in origine l'epiteto di "luminoso" indicava l’apparizione degli
dei indoeuropei del cielo che si manifestavano sia con la luce del giorno, sia
con la luce del lampo (come più tardi i romani Iuppiter Lucetius e Iuppiter Fulgurator)”.
Dio, con la maiuscola, è per convenzione l’unico Dio
a cui fanno riferimento gli ebrei (Yhwh-Yahvè-Geova[7]), i cristiani (Padre- Amore) e musulmani (Allah, in
arabo: “divinità”). E’ per tutti l’Onnipotente, il Creatore del cielo e della
terra…
Per gli ebrei è innominabile (primo comandamento) e
non si può farne immagine alcuna[8]. Per i cristiani è il Padre di Gesù Cristo: è lui che
ci mostra il volto del Padre. I musulmani hanno nel Corano una lista di 99 “bei
nomi” di Dio con cui lo invocano (il Misericordioso, il Pietoso, il Sovrano, il
Santo, la Pace…).
Ø Il Dio dei cristiani è dunque colui che
Gesù Cristo, suo Figlio, ci fa conoscere (nello Spirito): una Persona (cioè ha caratteristiche
personali, non una forza generica che, come per la New Age- vedi l’Eywa di
Avatar-, pervade l’universo e tutte le cose create) che è Padre (ma anche Madre[9])
non solo perché creatore, ma perché come (ma immensamente di più) un padre e
una madre ama in maniera gratuita, volta a far crescere l’uomo, a renderlo
libero e realizzato.
Ø Dio è aldilà del tempo e dello spazio (è
eterno e onnipresente), ma
creando per noi il tempo e lo spazio dell’universo (facendo esplodere la sua
energia come la teoria del bing-bang[10])
vi pone dei limiti (quelli che permettono una continua evoluzione) che lui
stesso, per amore, cioè per garantire la libertà dell’uomo, rispetta:
E’
onnipotente nell’amore[11]:
per amore limita la sua onnipotenza (e ci ha creati limitati, non
onnipotenti, perché potessimo sperimentare l’amore nel bisogno/vuoto per
spingerci gli uni verso gli altri). E’ come un padre e una madre che non può
(sempre per amore) collocare il figlio in una campana di vetro per evitargli i
pericoli, ma lo accompagna, sostiene, guida e gli è accanto in maniera
particolare nelle difficoltà e nei confronti del figlio più fragile, malato…
Ø Dio è spirituale, imperscrutabile,
misterioso, indicibile, trascendente… Ma è anche immanente, vicino…incarnato in Gesù
Cristo: Dio si limita (nello spazio e nel tempo), si fa carne umana, s’immerge
nei nostri pensieri e nelle nostre parole, sempre oltrepassandole, mai del
tutto com-prensibile (= non si lascia prendere).
Ø Dio è invisibile[12] (come
la luce del sole senza una mediazione), incorporeo, ma si è reso corpo e visibile nel Figlio
incarnato: è Lui che ci mostra il volto del padre, oggi, attraverso la
mediazione del pane/vino consacrati.
Ø Dio è
parola/Logos/relazione-comunione: nella Bibbia Dio parla attraverso dei
mediatori (= angeli), nei sogni e visioni o anche direttamente: Dio si rende
comprensibile, è una Persona con cui entrare in relazione: parla e ascolta:
invita al dialogo (= preghiera), che chiede di essere accolto (“beati coloro
che di Lui sentono il bisogno e l’attrazione”).
Ø Dio è Trinità d’amore: unica sostanza in 3 persone
talmente unite da formare una sola realtà, ma che vivono talmente nell’amore
reciproco da rispettare le distinzioni gli uni degli altri (> unità nella
distinzione)
[1] Nell’800, alcuni filosofi tedeschi atei, divengono
“maestri del sospetto” nei confronti della religione accusata di essere responsabile
di molti problemi dell’uomo. Negando l’esistenza di Dio e della vita oltre la
morte aprono la via della secolarizzazione: un graduale passaggio da una
società per lo più religiosa a una società che vanta una sua autonomia dalla
concezione sacrale della vita.
[2] Marx, preoccupato della condizione operaia,
sostiene che la religione è la falsa consolazione degli uomini oppressi; per
lui è una fuga dai problemi reali, una realtà pensata e costruita per tenere
tranquille le classi sociali più povere.
[3] Nietzsche sostiene che la religione cristiana e
Dio sono solo un’invenzione degli uomini deboli che temono quelli più forti.
Egli considera la morale cristiana una limitazione dell’uomo forte, uno stile
di vita per schiavi. Egli annuncia la morte di Dio, cioè della morale
cristiana, e l’avvento del superuomo: l’essere libero da ogni morale e capace
di autoaffermazione.
[4] Diverso è il caso di diversi uomini di cultura
che, pur ritenendosi senza fede, sono cercatori che rifiutano di ritenersi atei
o agnostici. Vedi ad esempio Norberto Bobbio che scrive: “Non mi considero né
ateo né agnostico. Come uomo di ragione non di fede, so di essere immerso nel
mistero che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie
religioni interpretano in vari modi”.
Pare inoltre, secondo diversi studi
sociologici, che oggi l’interesse verso Dio e la religiosità (non sempre
coincidente con l’interesse per la Chiesa e per la religione istituita),
contrariamente a quanto si pensava qualche decennio fa, stia decisamente
aumentando.
[5] Per Freud Dio non esiste, è solo un’idealizzazione
del padre naturale. La religione è fonte di nevrosi perché proibisce l’uso
libero della sessualità. Egli dichiara la liberazione dell’uomo da ogni
“inibizione religiosa”: divieti che impedirebbero la libera realizzazione
dell’uomo.
[6] “Padre, Dio, creatore, signore non sono nomi, ma
attributi…La denominazione “Dio” non è un nome” (Giustino)
[7] Dio ha un nome proprio, Yhwh, tetragramma sacro
rivelato a Mosè: “Io sono colui che E’”: nome impronunciabile (formato da sole
consonanti, diverrà Yahvè, o per i Testimoni di Geova, Geova, sostituito da
Signore-Adonai-Kyrios), che indica la sua natura dinamica, la sua presenza
continua, la pienezza dell’essere e il suo rapporto con la storia della
salvezza (“Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”). Dio è il
misericordioso, il pietoso, il fedele. Dio è Verità e Amore.
[12] i pensieri li vedi? L’amore della mamma, l’amore
del papà, lo vedi? Le realtà più profonde della vita, quelle che muovono il
mondo, che danno sapore e colore ai nostri giorni, non si vedono con gli occhi,
ma ci sono, e hanno un nome. C’ è una canzoncina che cantavamo quando da
ragazzo facevo lo scout. Diceva che «le cose trasparenti sono le più
resistenti». I pensieri sono la cosa più importante, eppure non si vedono.
Allora diciamo che Dio è così resistente che è necessariamente trasparente, e
non si può vedere! Perché non posso vedere Dio? http://www.credere.it/numero-3/la-fede-raccontata-ai-ragazzi.html
[13] Perché l’essere umano è homo religiosus? Perché
i popoli da sempre hanno avuto una religione? Perché ogni religione è il
tentativo di dare risposta al mistero della vita nella sua globalità, alla
meraviglia dell’universo che ci circonda e di non venire schiacciati dalla sua
imponderabilità: perché l’uomo, da sempre, si ritrova circondato, assediato, quasi
oppresso, dal mistero della vita, che lo affascina e che insieme lo angoscia,
in un intreccio di meraviglia e di dolore. (Cf. VITO MANCUSO, Io e Dio, 2012,
p.49).
L’uomo percepisce di essere dipendente da qualcosa di
più grande, e questo suo sentimento di dipendenza si eplicita in due diverse e
opposte percezioni: come mysterium tremendum che genera paura e ripulsa, e come
mysterium fascinans che genera fascino e attrazione. (cf, Rudolf Otto, Il
sacro, 1917).
Le religioni nascono dalla contraddizione tra
meraviglia e turbamento che la vita produce sugli esseri umani. In particolare
nascono dallo scacco, dalla crisi, dal disagio, dalla problematicità: quando
gli uomini stanno bene di solito pensano ad altro che ai valori spirituali
(vedi in particolare nella giovinezza) e se arrivano a pensarvi è solo perché
giungono a essere incalzati dal negativo dell’esistenza. (cf Mancuso, p.152).
Qual è il senso della vita? Chi ha creato il mondo?
Chi è all’origine della perfetta sintonizzazione tra le costanti dell’universo
che ha permesso l’origine della vita? Chi governa il mondo facendo procedere la
natura e la storia in modo evolutivo? Dove andiamo? Dopo la nostra morte
finisce tutto? Da dove viene la vita?
Vedi SCIENZA e FEDE: “Figli di Dio o figli del caso?”
____________
Dio mi parla? Come posso ascoltare la
sua voce?
Alcune persone affermano di poter parlare con Dio. Posso parlare con
Dio?
Don Carlo Molari
14 mar 2013 http://www.aleteia.org/it/religione/q&a/dio-mi-parla-come-posso-ascoltare-la-sua-voce-141052
La formula Parola di Dio di
per sé, in senso proprio, indica l’azione o la forza creatrice che alimenta la
storia, “quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli
avvenimenti della vita umana” (Concilio Vaticano II, Nostra Aetate,
n. 2). Per chi crede in Dio infatti, la sua azione sostiene il processo
cosmico, la sua Parola creatrice alimenta continuamente la storia umana.
Ma l’azione di Dio e la sua parola si esprimono sempre ed esclusivamente attraverso strutture create cioè attraverso il pensiero, la sensibilità, il sentimento delle creature coinvolte. Così nei confronti di Dio possiamo percepire solo messaggi interiori filtrati attraverso le nostre strutture cerebrali o possiamo interpretare gli eventi come espressione di quella forza arcana che alimenta i processi cosmici e regge gli eventi della storia umana.
Un modo privilegiato per ascoltare la Parola di Dio è leggere la Sacra Scrittura. Essa è detta parola di Dio solo in senso analogico non proprio, perché raccoglie le tradizioni orali di uomini che hanno raccontato con parole umane e secondo modelli culturali del loro tempo eventi vissuti nella fede in Dio e redatti poi per ispirazione divina.
In ogni caso per cogliere l’azione (la parola) divina in noi o nella storia è necessario raffinare la nostra sensibilità interiore coltivare il silenzio, praticare la preghiera e leggere i segni dei tempi.
Coltivare il silenzio significa imparare a gestire i nostri pensieri e stati d’animo in modo da essere sempre consapevoli di ciò che stiamo vivendo e non subire passivamente tutto ciò che i meccanismi celebrali istintivamente ci impongono.
Praticare la preghiera significa restare nella lunghezza d’onda dell’azione di Dio in noi così da sviluppare pensieri, sentimenti, desideri corrispondenti al bene e alla giustizia, cioè alla volontà divina.
Leggere i segni dei tempi significa cogliere l'azione di Dio in ordine alla venuta del suo Regno espressa nella storia attraverso i suoi testimoni. In questa prospettiva i segni dei tempi sono spesso marginali, scarsamente visibili, non apprezzati anzi spesso ridicolizzati perché non sintonizzati con le mode correnti. Nel senso teologico la formula “segni dei tempi” indica quelle novità di vita che, nel turbine della storia, l'azione di Dio riesce a suscitare, là dove trova persone fedeli pronte ad accoglierla. Sono segni del Bene che si apre strade nella storia attraverso i santi, della Verità che cerca formulazioni nuove, della Giustizia che tenta progetti di fraternità: segni del Regno che viene, ragioni della speranza messianica.
Ma l’azione di Dio e la sua parola si esprimono sempre ed esclusivamente attraverso strutture create cioè attraverso il pensiero, la sensibilità, il sentimento delle creature coinvolte. Così nei confronti di Dio possiamo percepire solo messaggi interiori filtrati attraverso le nostre strutture cerebrali o possiamo interpretare gli eventi come espressione di quella forza arcana che alimenta i processi cosmici e regge gli eventi della storia umana.
Un modo privilegiato per ascoltare la Parola di Dio è leggere la Sacra Scrittura. Essa è detta parola di Dio solo in senso analogico non proprio, perché raccoglie le tradizioni orali di uomini che hanno raccontato con parole umane e secondo modelli culturali del loro tempo eventi vissuti nella fede in Dio e redatti poi per ispirazione divina.
In ogni caso per cogliere l’azione (la parola) divina in noi o nella storia è necessario raffinare la nostra sensibilità interiore coltivare il silenzio, praticare la preghiera e leggere i segni dei tempi.
Coltivare il silenzio significa imparare a gestire i nostri pensieri e stati d’animo in modo da essere sempre consapevoli di ciò che stiamo vivendo e non subire passivamente tutto ciò che i meccanismi celebrali istintivamente ci impongono.
Praticare la preghiera significa restare nella lunghezza d’onda dell’azione di Dio in noi così da sviluppare pensieri, sentimenti, desideri corrispondenti al bene e alla giustizia, cioè alla volontà divina.
Leggere i segni dei tempi significa cogliere l'azione di Dio in ordine alla venuta del suo Regno espressa nella storia attraverso i suoi testimoni. In questa prospettiva i segni dei tempi sono spesso marginali, scarsamente visibili, non apprezzati anzi spesso ridicolizzati perché non sintonizzati con le mode correnti. Nel senso teologico la formula “segni dei tempi” indica quelle novità di vita che, nel turbine della storia, l'azione di Dio riesce a suscitare, là dove trova persone fedeli pronte ad accoglierla. Sono segni del Bene che si apre strade nella storia attraverso i santi, della Verità che cerca formulazioni nuove, della Giustizia che tenta progetti di fraternità: segni del Regno che viene, ragioni della speranza messianica.
Se Dio esiste, dov'è? Dove vive Dio?
Sentiamo dire che Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo. Ma dov'è che ha
stabilito la sua dimora? Si tratta di un luogo spirituale distinto
dall’universo fisico?
14 mar 2013
Le dimensioni
temporali e spaziali sono caratteristiche della nostra attuale condizione di
creature materiali. Per quello che di Dio riusciamo a capire Egli non è
limitato nel tempo né circoscritto nello spazio per cui non si può parlare di
un ‘luogo’ dove Dio risiede. Per noi creature Dio è dove noi possiamo cogliere
la sua azione che si esprime come forza di vita, come rivelazione di verità o
fascio del bene. Lì dove Dio opera esiste per noi. E dove le creature esprimono
la sua azione lì è Dio. Il modo di concepire la presenza di Dio è quindi
collegato alla modalità di interpretare la sua azione.
Ora vi sono vari modi di concepire l’azione di Dio e quindi la sua presenza nella creazione e nella storia. Il primo considera il creatore come colui che avvia il processo, imprime l’impulso per lo sviluppo completo, ma lascia la creatura nella sua autonomia in modo che essa possa gestire il suo divenire fino al compimento, senza dovere mai intervenire. A questo modello si può ricondurre l’opinione dei filosofi e teologi medievali che parlavano dell’impulso divino (impetus lo chiamava Giovanni Buridano 1290-1358), come di una determinata quantità di forza immessa da Dio nella creazione che le consente di procedere nel movimento senza alcun aiuto esterno. Riconducibile a questo quadro è pure l’opinione dello tzimtzum, sviluppata dalla cabala ebraica che suppone il ritrarsi di Dio da un ambito della sua immensità, per lasciare spazio alle creature. Esse, una volta immesse nell’esistenza, procedono in modo autonomo sino alla fine. Dio ritirandosi crea lo spazio per l’esistenza delle creature.
Il secondo modello, più tradizionale, oltre all’azione iniziale di Dio che offre un quadro di azione alle creature e determina le leggi che lo regolano, attribuisce a Dio anche una assidua attenzione al loro divenire, intervenendo con azioni puntuali e gesti circostanziati quando il processo deve superare una soglia entitativa (dall’esistenza inanimata alla vita, dalla vita vegetale alla sensibilità, alla consapevolezza ecc.).
Un terzo modello invece considera la creatura continuamente dipendente dall’azione divina ma in modo fontale, aperto e non deterministico. È il modello della creazione continua. La creatura è sostenuta da una forza arcana, che dal di dentro ne alimenta il divenire, offrendo molte possibilità. Non si tratta di interventi successivi di Dio, ma di un’azione fondante che sostiene il divenire cosmico e dei viventi. La creatura però può accogliere il dono solo a piccoli frammenti successivi, che la strutturano e la conducono al suo compimento.
Ora vi sono vari modi di concepire l’azione di Dio e quindi la sua presenza nella creazione e nella storia. Il primo considera il creatore come colui che avvia il processo, imprime l’impulso per lo sviluppo completo, ma lascia la creatura nella sua autonomia in modo che essa possa gestire il suo divenire fino al compimento, senza dovere mai intervenire. A questo modello si può ricondurre l’opinione dei filosofi e teologi medievali che parlavano dell’impulso divino (impetus lo chiamava Giovanni Buridano 1290-1358), come di una determinata quantità di forza immessa da Dio nella creazione che le consente di procedere nel movimento senza alcun aiuto esterno. Riconducibile a questo quadro è pure l’opinione dello tzimtzum, sviluppata dalla cabala ebraica che suppone il ritrarsi di Dio da un ambito della sua immensità, per lasciare spazio alle creature. Esse, una volta immesse nell’esistenza, procedono in modo autonomo sino alla fine. Dio ritirandosi crea lo spazio per l’esistenza delle creature.
Il secondo modello, più tradizionale, oltre all’azione iniziale di Dio che offre un quadro di azione alle creature e determina le leggi che lo regolano, attribuisce a Dio anche una assidua attenzione al loro divenire, intervenendo con azioni puntuali e gesti circostanziati quando il processo deve superare una soglia entitativa (dall’esistenza inanimata alla vita, dalla vita vegetale alla sensibilità, alla consapevolezza ecc.).
Un terzo modello invece considera la creatura continuamente dipendente dall’azione divina ma in modo fontale, aperto e non deterministico. È il modello della creazione continua. La creatura è sostenuta da una forza arcana, che dal di dentro ne alimenta il divenire, offrendo molte possibilità. Non si tratta di interventi successivi di Dio, ma di un’azione fondante che sostiene il divenire cosmico e dei viventi. La creatura però può accogliere il dono solo a piccoli frammenti successivi, che la strutturano e la conducono al suo compimento.
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