martedì 29 gennaio 2013

FEDE e CALCIO: gli atleti di Cristo e il libro di Cavani


Libri, Cavani, "Quello che ho nel cuore - Vita, calcio e fede

"Considero un privilegio poter utilizzare la mia popolarità di calciatore per testimoniare della mia fede pubblicamente e con notevole risonanza mediatica".

Edinson Cavani, 24enne bomber del Napoli delle meraviglie, protagonista assoluto di una stagione esaltante e straordinaria per gol e prodezze, non nasconde le ragioni della sua maturazione personale e professionale.

Il mio segreto? Credere in Dio come guida della mia vita. Lui è la mia fede e la mia risorsa". Cavani fa parte da qualche anno del movimento di ispirazione evangelico pentecostale Atleti di Cristo, come Kakà, Nicola Legrottaglie e Felipe Melo, per citare solo alcuni dei calciatori che giocano o hanno giocato nel nostro campionato. Tante voci per un unico messaggio: aprite il cuore e seguite gli insegnamenti di Gesù Cristo, la vostra esistenza cambierà in meglio. L'attaccante uruguaiano lo ripete più volte nelle 86 pagine che danno forma al libro "Quello che ho nel cuore - Vita, calcio e fede",  un'autobiografia che racconta l'uomo prima del giocatore. 

 "Questo libro racconta la vita e il rapporto di uno sportivo con Dio". Lo dice chiaramente nella prefazione Ricardo Leite, meglio noto come Kakà, uno dei primi in Italia a dichiarare pubblicamente la propria adesione al movimento Atleti di Cristo. Per intenderci, quello di Cavani non è un libro che parla di calcio. Non propone statistiche, numeri, formazioni. Punta più in alto, svela un obiettivo più ambizioso. Usa il calcio, l'esperienza del campione per descrivere un'urgenza di comunicazione che accompagna spesso coloro che trovano nella fede le motivazioni necessarie per affrontare il quotidiano con serenità e consapevolezza.

 Cavani, lo conferma lui stesso, è un uomo realizzato. E felice. Non teme il giudizio altrui e fa il possibile per non allontanarsi troppo dalle proprie convinzioni. Anche se guadagna molti soldi e fa un mestiere che tanti gli invidiano. Il suo motto? “Semplicità”. Semplice come una colomba, in tutto, nei rapporti con i compagni di squadra e con gli amici. Anche con i tifosi. Perché “la loro gioia, è la mia”. Insomma, il talento di Salto, cittadina piuttosto lontana da Montevideo, risulta credibile perché profondamente lontano dai comportamenti che potrebbero garantirgli visibilità e riconoscimenti. “Ubriacarsi o andare a donne non può rendere felici. La discoteca? Non mi diverto”. L’amico della porta accanto. Poco marketing e tanta sostanza. E un sogno: diventare forte come Batistuta, il suo idolo da sempre.

(fonte: La Gazzetta dello Sport, 12 aprile 2011 )

Altri atleti di Cristo

Cavani non è certo il primo, né il più importante della lunga lista. Spicca, ovviamente, Ricardo Izecson Leite, meglio noto come Kakà. Campionissimo del San Paolo, del Milan e ora del Real Madrid, punta di diamante da almeno un decennio della Nazionale brasiliana, il potente trequartista carioca ha fatto della fede in Dio un vero e proprio marchio di fabbrica. Fin dalle prime apparizioni nel campionato italiano, nel 2003, non ha perso occasione per ribadire come assoluta e imprescindibile la propria fede. La vita privata non ha fatto che confermare questa sua convinta adesione alla religione cristiana, con le ripetute dichiarazioni di castità prematrimoniale e la ventilata intenzione di intraprendere la missione di pastore evangelico una volta appese le scarpette al chiodo.

E se il “Matador” ha fatto la sua scelta fin da giovanissimo, diverso è il caso di Nicola Legrottaglie. Per anni è rientrato nel clichè del calciatore-immagine, con un look perfetto per le serate al Billionaire  e l’aria di chi non disdegna le tentazioni che la ben stipendiata professione offre. Tutto nella norma, finché s’imbatte in quel di Siena nello sconosciuto ai più Tomàs Guzman, attaccante paraguaiano in forza al Piacenza, con alle spalle una presenza in maglia juventina nell’anno della B. Dopo l’esperienza in Toscana “fratello Nicola” non è più lo stesso, torna in bianconero e abbandona il vecchio stile di vita, in favore di un tono più dimesso. Le prestazioni ne risentono positivamente, il pugliese ritrova pure la Nazionale, scrive libri di successo e frequenta assiduamente una comunità evangelica di Beinasco, periferia meridionale del capoluogo piemontese, anche ora che è passato al Milan.

Molti di loro, non avendo avuto la possibilità di vivere una tradizionale esperienza di educazione religiosa, si ritrovano nell’età adolescenziale sostanzialmente privi di qualunque riferimento in tal genere, e non basta la “semplice” fede cattolica a smuovere in loro l’interesse per quelle che sono le grandi questioni esistenziali che, in un modo o nell’altro, finiscono sempre per incidere in un percorso di conversione. Si rivela dunque necessaria un’esperienza forte, significativa, “traumatica” per sollevare la curiosità, la volontà di approfondire determinate tematiche. Il cristianesimo pentecostale, a volte vera e propria “testa di ponte” tra cattolicesimo e protestantesimo, propone una ritualità ed una liturgia indubbiamente più in linea con questa richiesta di “verità”.

Non si può trascurare, inoltre, l’elemento stabilizzatore che una scelta di questo genere può comportare. In un ambiente milionario come quello del calcio, sempre più capace di “ingurgitare” ragazzini appena patentati e proiettarli in un orizzonte di ricchezza (ma anche di responsabilità e pressioni) spesso insostenibile, non ci si può meravigliare di come questo genere di proselitismo possa prendere (è proprio il caso di dirlo!) piede.

Del resto, che questi atleti siano disposti ad allargare la schiera dei fedeli è sempre stato evidente. Viene in mente il caso di Amarildo, discreto attaccante brasiliano in forza a Cesena e Lazio alla fine degli anni ottanta, celebre più per l’abitudine di distribuire Bibbie agli avversari prima del fischio d’inizio che per le prodezze in area di rigore. Ha chiaramente intenzione di emularlo “fratello Nicola”, che sogna di portare i suoi compagni del Milan ogni domenica mattina alla Chiesa Internazionale Ministero Sabaoth e che s’è mostrato favorevole ad un arrivo dell’incorreggibile Mario Balotelli in rossonero. “Io posso essere lo strumento per portarlo a Dio”, ha sentenziato l’aitante difensore di Gioia del Colle. Be’, visto il carattere a dir poco bizzoso dell’estroverso attaccante del City, la sensazione è che Legrottaglie, si perdoni la battuta, sia proprio intenzionato ad andare incontro al martirio.

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