di Luisa Barbieri
Hikikomori, sindrome che isola i ragazzi dal mondo reale. Arriva in Italia l’anoressia sociale che ha sconvolto il Giappone
Hikikomori, si traduce, “stare in disparte”. Isolarsi, insomma. È un fenomeno in evoluzione ormai radicato nel contesto sociale nipponico, fenomeno in espansione. Si è allargato negli Stati Uniti e in Europa.
Secondo una stima del Ministero della sanità giapponese il 20% degli adolescenti maschi sarebbero Hikikomori, anche le ragazze sono coinvolte seppure in percentuale inferiore. Numeri importanti: 1milione di adolescenti e giovani adulti che si ritirano dalla vita pubblica tagliando ogni coinvolgimento sociale. Scuola, sport, divertimenti: familiari ed amici improvvisamente estranei al loro mondo chiuso.
Ragazzi e ragazze che non parlano, non rispondono, rifiutano la vicinanza di altre persone, si chiudono alla realtà che li circonda sottraendosi ad ogni contatto fisico. I familiari diventano guardiani di una prigionia volontaria. La vita fuori non li interessa. Non passeggiano nelle strade, si negano la “porzione di cielo” che fa respirare l’adolescenza, abbandonano la scuola allontanandosi sempre più dalla concretezza della normalità per rinchiudersi in una esistenza virtuale. E internet diventa lo strumento per raccontarsi, trovare soluzioni, cercare nuovi amici. Gli amici che non possono toccare non li spaventano. Diventano feticci con lo stessa vitalità rattrappita: con loro trovano la sintonia. Cercano rifugio in un universo nel quale “non si corrono rischi” soprattutto in ambito relazionale. Le modificazioni del tono dell’umore, le alterazione del vissuto temporale, la cognitività completamente orientata all’utilizzo compulsivo del mezzo contribuiscono a definire e ad aggravare il disagio.
Sintomi:
1. bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano Internet;
3. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell’uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici sintomi astinenziali;
4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi prolungati rispetto all’intenzione iniziale;
5. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l’uso di Internet;
6. dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
7. continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza
Mondo virtuale che ricorda il mondo del tossicodipendente che ha un proprio linguaggio, uno specifico abbigliamento, atteggiamenti e comportamenti lontani da quel mondo reale nel quale dovrebbe, ma non può vivere.
La rete internet favorisce l’insediarsi di intensi e piacevoli sentimenti di fuga. La fuga di chi non riesce a confrontarsi con la realtà. Ecco che si illude di superare in maniera accettabile i problemi difficoltosi della vita sociale con l’effetto illusorio e transitorio del virtuale, effetto appagante del “trip” da stupefacente.
Ragazzi connessi
di Maria Novella De Luca, La Repubblica 21.1.10
Telefonini, computer, tv. Gli adolescenti passano fino a 12 ore al giorno immersi nella realtà virtuale. Con molti rischi. E qualche opportunità
Se tuo figlio è sveglio è sicuramente online da qualche parte. Se invece dorme sarà pronto a saltare su alla prima vibrazione, al primo lampeggiare dell´iPhone. Più che connessi, ubiqui, più che tecnologici, insonni, più che digitali, mutanti. Adolescenti senza fili in un mondo dove ogni mattina si può impostare la propria colonna sonora, infilare gli auricolari dell´iPod, e camminare così, mescolando le realtà, i messaggi e i codici. È il New York Times a lanciare l´ultimo allarme sui teenager che vivono in "iperconnessione", in più luoghi insieme e mai davvero in un posto fisico. Con delle "protesi" tecnologiche incollate alla mano, cordone ombelicale con gli altri, famiglia compresa.
«Sempre più adolescenti occupano ogni attimo del loro tempo da svegli utilizzando smart-phone, computer, televisione e ogni altro tipo di gadget elettronico». Ragazzini dagli 8 ai 18 anni che passano sette ore al giorno a comunicare attraverso la Rete. Senza contare il tempo "mobile" della connessione continua, le conversazioni al cellulare, gli Sms che partono a razzo ogni pochi minuti, la capacità multitasking di compiere tutto questo magari ascoltando musica. Facendo la somma ecco che la realtà virtuale "occupa" almeno 12 ore al giorno della vita dei giovanissimi. La notte, poi, serve per scaricare film, video, immagazzinare musica... Difficile tornare indietro. Cambiano le latitudini ma l´attuale Generazione X si muove così in ogni angolo del Globo, Italia compresa. La diffusione sempre più massiccia della banda larga, l´Adsl ormai presente in moltissime case, i pacchetti sempre più scontati per ricaricare i cellulari, che gestiscono ormai un traffico monumentale di scambio di testi, le connessioni wi-fi, le applicazioni da scaricare dal Web su ogni tipo di supporto mobile, rendono l´essere connessi giorno e notte una dimensione di massa. Racconta Francesco, 14 anni: «Lo smart-phone accompagna la mia giornata, anzi la mia vita. È il mio tutto portatile. Scrivo, mando mail, ricevo video... E la notte resto su YouTube fino a che non mi addormento". In Italia «nel 2000 soltanto il 37% dei giovanissimi aveva in casa un personale computer, nella grande maggioranza senza collegamento ad Internet. Oggi il 97% ha un computer a casa e si collega tutti i giorni». In qualunque momento. A parte, forse, durante le ore di scuola, quando i prof riescono a far rispettare il black-out dei cellulari, che spesso però restano accesi con la vibrazione... A farne le spese, com´è noto, il sonno dei giovanissimi, sempre più disturbato, sempre più scarso. Inutile però "condannare", meglio capire. E infatti a giudicare dalle ultime ricerche sia la psicologia sia la sociologia sembrano aver cambiato punto di vista. Far convivere. Come spiega lo psicologo Matteo Lancini nel libro "Sempre in contatto. Relazioni virtuali in adolescenza", dove appunto l´intelligenza e le emozioni multitasking sono lette come una nuova grammatica dei sentimenti e del sapere. «(…) Una grande preoccupazione dei genitori è che se figli passano troppo tempo davanti al computer si isolino, perdano legami e amicizie. In realtà è dimostrato che gli "iperconnessi" sono proprio i ragazzini più estroversi, e anzi, a giudicare dagli Iq, i quozienti di intelligenza di questa generazione risultano addirittura maggiori di quelle precedenti. In un certo senso si potrebbe dire che i teenager di questi anni hanno scoperto il dono dell´ubiquità: hanno il corpo in un posto e la mente dappertutto. Certo se questo diventa senso di onnipotenza, allora è pericoloso. Altrimenti è una moltiplicazione di abilità». Di certo il cambiamento è epocale e polverizza ogni tipo di comprensione fin qui acquisita. (…) Chat e messenger sono utilizzati in Italia da oltre il 75% degli adolescenti, e circa l´80% è «abituale frequentatore di YouTube, mentre il 41% ha un suo blog». Senza contare il fenomeno Facebook, dove già il 53% della popolazione 11-18 anni ha la propria scheda. (…) Annamaria Roncoroni, neuropsicologa, afferma (…) «La vera sfida è la concentrazione. Gli adolescenti di oggi, ma anche bambini, sono bombardati di informazioni, e spesso non le sanno selezionare. Sono stretti tra due fuochi. Da una parte la scuola, ancora troppo legata al concetto di nozione. Dall´altra Internet, Wikipedia, Google, la possibilità di accedere in tempo reale alle informazioni. Due mondi che non comunicano e restano in superficie. In mezzo vince chi riesce a sviluppare la capacità di ragionare. E in questo il multitasking non aiuta. Si possono sì utilizzare due "canali" diversi in contemporanea, quello uditivo e quello visivo, come leggere un libro ed ascoltare della musica. Lo sbaglio è utilizzare due "canali" uguali insieme». Studiare e mandare messaggi, per esempio. «Il rischio è quando la tecnologia smette di essere uno strumento e diventa un interfaccia della realtà non più un mezzo ma un fine, dove i ragazzi utilizzano degli alias, si inventano delle personalità per vivere vite virtuali in cui finiscono con l´identificarsi.
Oppure buttare delle ore utilizzando strumenti potenti come il computer soltanto per giocare. Anche se è meglio il Pc della Playstation o della Wii». (…) Insonni, obesi, soli. On line "H24", come dicono loro. "Young lovers", precoci nel sesso e nell´amore, perché troppo acerbamente esposti a contenuti riservati agli adulti. Gli adolescenti "iperconnessi" suscitano ogni forma di paura nei "grandi". (…) «Non c´è da meravigliarsi che i ragazzi siano sempre connessi, molti di loro sono i nativi digitali, sono arrivati in un mondo in cui molti mezzi tecnologici già esistevano, se ne sono impadroniti con facilità, si sono quasi avventati verso alcuni strumenti, sviluppando un´abilità maggiore degli adulti...». Il professor Gustavo Pietropolli Charmet, specializzato in psichiatria, è un grande osservatore degli adolescenti, dei loro percorsi, dei loro codici, e da psicoterapeuta non teme l´uso che i ragazzi fanno della tecnologia. «Si realizza così l´utopia di essere in tutte le piazze, di essere in contatto continuo con i coetanei senza dover contrattare con i genitori modi e tempi della socializzazione, senza dover discutere quanto e dove stare con i loro amici. I ragazzi in questo modo entrano in contatto con una cultura generazionale molto più che in passato, partecipano ad una globalizzazione dei riti, hanno la sensazione di poter comunicare ad una platea enorme di coetanei, senza la sudditanza dai genitori».
Ma parliamo di un mondo virtuale, non fisico, che può essere illusorio...
«Se stiamo a sentire la loro testimonianza l´amicizia reale e virtuale si equivalgono, anzi, i ragazzi nell´amicizia virtuale hanno una sensazione di maggiore profondità, di più spudoratezza: non c´è di mezzo il corpo, si abbassa la frontiera del pudore e ci si può confrontare con aspetti importanti della vita».
E tutto questo non presenta alcun rischio?
«Per gli adulti sorge un problema educativo: se un ragazzo passa molto tempo in questa connessione virtuale, cosa accade? Per molti educatori questa comunicazione virtuale è una comunicazione spuria, artificiale. Io non condivido del tutto questa impressione, come psicoanalista ne vedo molti vantaggi».
Quali sono?
«Abbatte la solitudine, facilita i contatti, favorisce lo scambio e la comunicazione scritta, anche se nel loro modo sincopato, ci sono ragazzi per cui queste protesi aiutano a costituire un´area intermedia, senza corpo, senza avere accesso allo scontro fisico c´è la possibilità di supportare una rappresentazione positiva di sé. C´è soprattutto la possibilità di abbattere la solitudine che è la bestia nera dell´adolescenza».
Esiste però in molti casi il problema della dipendenza, dell´isolamento informatico.
«Sì, questo è il rischio. La dipendenza dalla televisione, per esempio, è micidiale, perché propaga spesso messaggi negativi, una sub cultura. Riguardo alla fruizione di chat e di tutte queste forme di socialità non se ne conoscono ancora bene gli effetti a distanza, non ci sono gli strumenti per valutare».
Professore, ma non rimane il dubbio che in questo modo i ragazzi perdano qualcosa, che dovrebbero anche staccare la spina e scendere in strada?
«Anche a me rimane il dubbio che se socializzassero all´antica imparerebbero di più, crescerebbero più in fretta, ma le censure non servono, sono inefficaci».
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