1. Antefatto (ovvero: quando la storia insegna)
“Ci sono casi di abusi sessuali che vengono alla luce ogni giorno contro un gran numero di membri del clero cattolico. Purtroppo non si può più parlare di casi individuali ma di una crisi morale collettiva che forse la storia culturale dell’umanità non ha mai conosciuto in una dimensione così spaventosa e sconcertante. Numerosi sacerdoti e religiosi sono rei confessi. Non c’è dubbio che le migliaia di casi venuti a conoscenza della giustizia rappresentino solo una piccola frazione dell’ammontare autentico, dal momento che molti molestatori sono stati coperti e nascosti dalla gerarchia”.
Un editoriale del New York Times del 2010? No: un discorso del 28 maggio 1937 di Joseph Goebbels (1897-1945), ministro della propaganda del Terzo Reich. La data è importante: il 10 marzo 1937 con l’enciclica Mit brennender Sorge papa Pio XI (1857-1939) condanna l’ideologia nazista. Alla fine dello stesso mese il Ministero della Propaganda guidato da Goebbels lancia la campagna contro gli abusi sessuali dei sacerdoti. 276 religiosi e 49 sacerdoti secolari sono arrestati nel 1937. Gli arresti si susseguono in tutte le diocesi tedesche, in modo da tenere gli scandali sempre sulla prima pagina dei giornali.
Dei 325 sacerdoti e religiosi arrestati dopo l’enciclica solo 21 sono condannati. È pressoché certo che fra questi ci siano degli innocenti calunniati. Quasi tutti finiranno nei campi di sterminio, dove molti moriranno.
2. Le due gambe malate: il “panico morale” e il dramma reale
L’espressione “panico morale” è stata coniata dai sociologi solo negli anni 1970 per identificare un allarme sociale creato ad arte amplificando fatti reali ed esagerandone il numero attraverso statistiche folkloriche, nonché “scoprendo” e presentando come “nuovi” avvenimenti in realtà già noti e risalenti nel tempo. Alla base ci sono eventi reali, ma è il loro numero che è sistematicamente distorto. Anche senza avere a disposizione la sociologia moderna, Goebbels risponde all’enciclica
Mit brennender Sorge nel 1937 con un’operazione da manuale di creazione di un panico morale.
Come sempre nei panici morali, i fatti non sono totalmente inventati. Prima dell’enciclica vi erano stati in Germania alcuni casi di abusi su minori. I casi – pochissimi ma reali – avevano determinato una fermissima reazione dell’episcopato. Il 2 giugno 1936 il vescovo di Münster, il beato Clemens August von Galen (1878-1946) – l’anima della resistenza cattolica al nazismo, beatificato nel 2005 da Benedetto XVI – fa leggere nelle Messe domenicali una dichiarazione dove esprime “il dolore e la tristezza” per gli “abominevoli delitti” che “coprono d’ignominia la nostra Santa Chiesa”. Il 20 agosto 1936 dopo i fatti di Waldbreitbach l’episcopato tedesco pubblica una lettera pastorale collettiva nella quale “condanna severamente” i responsabili e sottolinea la collaborazione della Chiesa con i tribunali dello Stato. Alla fine del 1936 le severe misure prese – a fronte di pochissimi casi, alcuni dei quali dubbi – dai vescovi tedeschi sembrano avere risolto i problemi reali.
3. I numeri
Esistono purtroppo preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più – sarebbero sempre due casi di troppo. Dal momento però che chiedere perdono – per quanto sia nobile e opportuno – non basta, ma occorre evitare che i casi si ripetano, non è indifferente sapere se i casi sono due, duecento o ventimila. E non è neppure irrilevante sapere se il numero di casi è più o meno numeroso tra i sacerdoti e i religiosi cattolici di quanto sia in altre categorie di persone.
Quanti sono i preti pedofili ? I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti.
Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da due a dieci volte più altra tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici. La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila. Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.
Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un altro dato che è assai significativo: secondo il rapporto del John Jay College nell’81% per cento dei casi i sacerdoti accusati di pedofilia sono maschi che abusano di altri maschi.
4. La ricerca delle possibili cause
Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi.
Benedetto XVI fa cenno agli ultimi decenni e alle “gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese”. “Si è verificato – spiega il Papa – un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. C’è stata una “rapida” scristianizzazione della società, e c’è stata contemporaneamente anche all’interno della Chiesa “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo”. “Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso”. “Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali” furono “disattese”. “È in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti” “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
C’è stata una drammatica accelerazione della secolarizzazione – dei comportamenti e delle appartenenze, non delle credenze – negli anni 1960. Quelli che gli inglesi e gli americani chiamano “the Sixties” (“gli anni Sessanta”) e noi, concentrandoci sull’anno emblematico, “il Sessantotto” appare sempre di più come il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cruciali e duraturi sulla religione. C’è stato del resto un Sessantotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1968 è l’anno del dissenso pubblico contro l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, una contestazione che secondo un pregevole e influente studio del filosofo americano recentemente scomparso Ralph McInerny – Vaticano II - Che cosa è andato storto? – rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa Cattolica. Ci si può anche chiedere se sia venuto prima l’uovo o la gallina, cioè se sia stato il Sessantotto nella società a influenzare quello nella Chiesa, o se non sia anche avvenuto il contrario. All’inizio degli anni 1990 un teologo cattolico poteva per esempio scrivere che la “rivoluzione culturale” del 1968 “non fu un fenomeno d’urto abbattutosi dall’esterno contro la Chiesa bensì è stata preparata e innescata dai fermenti postconciliari del cattolicesimo”; lo stesso “processo di formazione del terrorismo italiano dei primi anni ’70”, il cui legame con il 1968 è a sua volta decisivo “rimane incomprensibile se si prescinde dalla crisi e dai fermenti interni al cattolicesimo postconciliare”. Il teologo in questione era il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo libro Svolta dell’Europa?.
5. Benedetto XVI e il rinnovamento morale (oltre che giuridico)
È questo un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie vere della pedofilia.
Nella “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” Benedetto XVI parla ad una Chiesa ferita e disorientata dalle notizie relative ai preti pedofili. Denuncia con voce fortissima i “crimini abnormi”, “la vergogna e disonore”, la violazione della dignità delle vittime, il colpo inferto alla Chiesa “a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”. A nome della Chiesa “esprime apertamente la vergogna e il rimorso”. La stessa cosa ha ripetuto più volte in questi ultimi anni.
Affronta il problema anche dal punto di vista del diritto canonico – ribadendo con forza che è stata la sua “mancata applicazione” da parte talora anche di vescovi, non le sue norme come una certa stampa laicista pretenderebbe, a causare la “vergogna” – e della vita spirituale dei sacerdoti, la cui trascuratezza è alle radici del problema e cui chiede di ritornare attraverso l’adorazione eucaristica, le missioni, la pratica frequente della confessione.
6. La speranza e la fede
Se questi rimedi saranno presi sul serio è possibile che la Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal peggiore di mali, possa avviare per i sacerdoti “una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale”, dimostrando “a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20)”. Peraltro, “nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo”.
Per maggiori informazioni vedi il libro di M.Introvigne, “Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull’attacco a Benedetto XVI. San Paolo”.
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