D 31
marzo: Angelus di Pasqua con benedizione “urbi et orbi”
Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è
più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può
trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel
nostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!
Cari fratelli e sorelle, Cristo è
morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della
Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene,
deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella
nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve
attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca
l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere
custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia
di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa
inaridite (cfr Ez 37,1-14).
Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da
Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e
diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio
possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e
la pace.
E così domandiamo a Gesù risorto,
che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in
perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui
imploriamo pace per il mondo intero.
La novità spesso ci fa paura, anche la novità che Dio ci porta,
la novità che Dio ci chiede. Siamo come gli Apostoli del Vangelo: spesso
preferiamo tenere le nostre sicurezze, fermarci ad una tomba, al pensiero verso
un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi
personaggi del passato.
Siamo spesso stanchi, delusi,
tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo
la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa
cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui.
Così la novità di Dio si presenta
davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul
peccato, sul male, sulla morte, su tutto ciò che opprime la vita e le dà un
volto meno umano.
Fare memoria di quello che Dio ha
fatto e fa per me, per noi, fare memoria del cammino percorso; e questo
spalanca il cuore alla speranza per il futuro. Impariamo a fare memoria di
quello che Dio ha fatto nella nostra vita!
… chiediamo
che il Signore ci renda partecipi della sua Risurrezione: ci apra alla sua
novità che trasforma, alle sorprese di Dio, tanto belle; ci renda uomini e
donne capaci di fare memoria di ciò che Egli opera nella nostra storia
personale e in quella del mondo; ci renda capaci di sentirlo come il Vivente,
vivo ed operante in mezzo a noi; ci insegni, cari fratelli e sorelle, ogni
giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo. Amen.
Questo Volto sfigurato assomiglia a
tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro
dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli… Eppure il Volto
della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una
sovrana maestà. E’ come se lasciasse trasparire un’energia contenuta ma
potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza
dell’amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto.
In questa notte deve rimanere una sola parola, che è la
Croce stessa. La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del
mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio.
In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo:
una Parola che è amore, misericordia, perdono. E’ anche giudizio: Dio ci
giudica amandoci. Ricordiamo questo: Dio
ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono
condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama
e salva.
Cari fratelli, la parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi. I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la Croce, come Gesù.
Cari fratelli, la parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi. I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la Croce, come Gesù.
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Messa nella cena del
Signore (Casal del Marmo)
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Messa crismale: Sacerdoti: Unti per ungere gli altri, con un olio che si sparge nella periferia.
Odoranti di pecore.
L’olio
prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona,
ma si sparge e raggiunge “le periferie”. Il Signore lo dirà chiaramente: la sua
unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono
tristi e soli. L’unzione, cari fratelli, non è per profumare noi stessi e tanto
meno perché la conserviamo in un’ampolla, perché l’olio diventerebbe rancido …
e il cuore amaro.
Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia.
Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia.
Il
sacerdote che esce poco da sé, che unge poco si perde il meglio del nostro
popolo, quello che è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore
presbiterale. Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a
poco un intermediario, un gestore.
Da
qui deriva precisamente l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere
tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità
oppure di novità, invece di essere pastori con “l’odore delle pecore” - questo
io vi chiedo: siate pastori con “l’odore
delle pecore”, che si senta quello -; invece di essere pastori in mezzo al
proprio gregge e pescatori di uomini.
Dio non ha aspettato che
andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza
misure. Dio è così: Lui fa sempre il primo passo, Lui si muove verso di noi.
…vivere la Settimana Santa seguendo Gesù
vuol dire imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per
andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri
fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono
dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di
aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e
ricco di amore!
Vivere
la Settimana
Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, nella logica della Croce,
che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore
e del dono di sé che porta vita. E’ entrare nella logica del Vangelo. Seguire,
accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere
la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi
che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è
uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi
per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza.
D 24
marzo
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Angelus
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Messa delle Palme: gioia, croce
e giovani
Mia
nonna diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche.
V 22 marzo: udienza al corpo diplomatico: Lottare contro la povertà sia materiale, sia
spirituale; edificare la pace e costruire ponti.
Ma
c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni, che
riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È la “dittatura del
relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la
convivenza tra gli uomini. E così giungo ad una seconda ragione del mio nome.
Francesco d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera
pace senza verità! Non vi può essere
pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare
sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene
degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su
questa terra.
Uno dei titoli del Vescovo di
Roma è Pontefice, cioè colui che costruisce ponti, con Dio e tra gli uomini.
Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli
uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un
concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare!
In
quest’opera è fondamentale anche il ruolo della religione. Non si possono, infatti, costruire
ponti tra gli uomini, dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si
possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri.
M 20 marzo: udienza ai
rappresentanti delle Chiese e religioni
…dobbiamo tenere viva nel mondo la sete
dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad
una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che
consuma: è questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo.
Sappiamo
quanta violenza abbia prodotto nella storia recente il tentativo di eliminare
Dio e il divino dall’orizzonte dell’umanità, e avvertiamo il valore di testimoniare
nelle nostre società l’originaria apertura alla trascendenza che è insita nel
cuore dell’uomo.
Come
vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa?
Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo
progetto, non tanto al proprio.
Custodiamo Cristo nella nostra
vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!
Ma
per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Custodire vuol dire
allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì
che escono le intenzioni buone e cattive.
Non dobbiamo avere timore della
bontà, della tenerezza!
…il
vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve
entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce.
Custodire il creato, ogni uomo ed
ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza,
è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della
speranza!
D 17 marzo
-
Angelus: Dio non si stanca mai di perdonarci
…il volto di Dio è quello di un padre
misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di
Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci
comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui
con il cuore contrito.
Un
po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto.
Ricordo,
appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima
e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare, a
quella Messa. E quasi alla fine della Messa mi sono alzato, perché dovevo
amministrare una cresima. E’ venuta da me una donna anziana, umile, molto
umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi
si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto.
“Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma
forse il Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto:
sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il
mondo non esisterebbe”.
…il problema è che noi ci
stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si
stanca di perdonare.
S 16 marzo: udienza ai rappresentanti dei
media: la chiesa, umana e spirituale. Perché
Francesco
Cristo è il centro, non il
Successore di Pietro: Cristo. Cristo
è il centro. Cristo è il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza
di Lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d’essere. Come
ha ripetuto più volte Benedetto XVI, Cristo
è presente e guida la sua Chiesa.
Alcuni
non sapevano perché il Vescovo di Roma
ha voluto chiamarsi Francesco.
…“Non
dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri.
Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho
pensato alle guerre. E Francesco è l’uomo della pace.
Francesco
d’Assisi. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e
custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una
relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace,
l’uomo povero … Ah, come vorrei una
Chiesa povera e per i poveri!
V 15 marzo: udienza ai cardinali: non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento. I
compiti dell’anziano.
Non cediamo mai al pessimismo, a
quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento: abbiamo la ferma
certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il
coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di
evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra.
Cari
Fratelli, forza! La metà di noi siamo in età avanzata: la vecchiaia è – mi piace dirlo così – la sede della sapienza della vita. I vecchi hanno la sapienza di
avere camminato nella vita. Doniamo questa sapienza ai giovani: come il buon
vino, che con gli anni diventa più buono, doniamo ai giovani la sapienza della
vita…(La vecchiaia) è il tempo della tranquillità e della preghiera.
Voi
sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i
miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo … ma
siamo qui … Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il
suo Vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro
Vescovo emerito, Benedetto
XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la
Madonna lo custodisca.
E
adesso, incominciamo questo cammino:
Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che
presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di
fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per
tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza.
E
adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi
chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del
popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo.
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