Morte nella vita- vita nella morte
Da G.Greshake (Vivere nel mondo)
La nostra vita corre inevitabilmente verso la morte. Non c'è cosa per noi più certa e sicura. Eppure oggi questa verità viene in ampia misura rimossa. Si cerca di tenere più che si la morte lontano dalla vita, di farla dimenticare, di passarvi sopra, di mitigare la sua provocazione. (p.183)Colui che crede in Cristo e che percorre la sua via, è in linea di principio liberato da una morte che è - come conseguenza del peccato - solo priva di senso e assurda. E perciò il credente, che come Cristo e con Cristo ha concepito la propria vita come dono di Dio e come compito da lui affidato, non cercherà, di fronte alla morte biologica, di aggrapparsi spasmodicamente e disperatamente all'esistenza, ma abbandonerà la propria vita con un ultimo atto di fiducia, per riaverla di nuovo e in maniera definitiva da Dio. Perciò il rapporto cristiano con la morte è in ultima analisi e propriamente caratterizzato dalla speranza. (p.200)
Se mi ami non piangere!Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli al confronto.
Mi è rimasto l’affetto per te:
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Sono felice di averti incontrato nel tempo,
anche se tutto era allora così fugace e limitato.
Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,
è gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,
nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più, se veramente mi ami!
Padre G. Perico – Sant’Agostino
Mortese tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli al confronto.
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Sono felice di averti incontrato nel tempo,
anche se tutto era allora così fugace e limitato.
Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,
è gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,
nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più, se veramente mi ami!
Da Cathopedia
La morte è la conclusione definitiva della vita terrena: con essa terminano in maniera definitiva tutti i processi vitali. La morte va concepita come la fine di un processo piuttosto lungo di estinzione. Con la morte comincia la vita ultraterrena, la cui situazione beata o infelice è determinata dalle scelte libere della persona.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta il mistero della morte nella trattazione dell'articolo del Credo sulla risurrezione della carne, ai nn. 1005-1014. La morte, vissuta con Cristo è la via per risorgere con lui; è un "essere sciolto" (Fil 1,23): l'anima viene separata dal corpo, con il quale sarà riunito il giorno della risurrezione dei morti(n. 1005).
Se la morte è naturale, per la fede essa è salario del peccato (Rm 6,23); per coloro che muoiono nella grazia di Cristo essa non è il sommo "enigma della condizione umana", ma "una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua risurrezione".
La morte segna il termine della vita terrena. Ciò comporta un'urgenza per la vita dell'uomo, che ha un tempo limitato per realizzare la propria esistenza (n. 1007).
La morte è stata trasformata da Cristo. Gesù, il Figlio di Dio, ha voluto subito la morte, propria della condizione umana e ne ha fatto "un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L'obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione" (n. 1009).
In forza di ciò si può affermare che, grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. Vengono citati due passi di San Paolo: "per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Fil 1,21); "certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui" (2Tim 2,11).
Mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente "morto con Cristo", per vivere di una vita nuova; e per chi muore nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma il "morire con Cristo" e compie così l'incorporazione dell'uomo a Cristo nel suo atto redentore (n. 1010).
Il cristiano può arrivare a provare nei riguardi della morte un desiderio simile a quello di San Paolo: "il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo" (Fil 1,23); e può trasformare la propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull'esempio di Cristo.
La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell'uomo, ed insieme è quindi la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Non c'è reincarnazione dopo la morte (n. 1013).
La Chiesa incoraggia i fedeli a prepararsi all'ora della propria morte, e a chiedere di essere liberati dalla morte improvvisa; quotidianamente poi fa loro chiedere alla Madre di Dio di intercedere per essi "nell'ora della nostra morte" (Ave Maria) e ad affidarsi a san Giuseppe, patrono della buona morte (n. 1014).
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