Le offerte per le Messe per i defunti
Come mai si devono pagare le Sante Messe per i cari defunti. Da dove viene questa usanza? Qual è il motivo?
Risponde don Gilberto Aranci, docente di Teologia pastorale (Toscana Oggi, 28.4.2009)
L’espressione «pagare la Messa» è impropria anche se comunemente purtroppo è ancora utilizzata dalla gente. Sarebbe più opportuno utilizzare altre espressioni più consone come «dare un’offerta libera per la celebrazione della Messa». In molte chiese, proprio per evitare che si induca nella gente, che chiede di far celebrare la Messa per qualche defunto, a pensare che si tratti di uno scambio commerciale, si sceglie di non accettare direttamente l’offerta ma si invita a porla in una cassetta in fondo di chiesa e si fa in modo che non risulti esserci una tariffa obbligata.
Secondo l’insegnamento della Chiesa la Messa non si «paga» ma si dà un’offerta perché in quella Messa si preghi per la relativa intenzione. La Chiesa ha sempre condannato la «simonia», ossia il commercio dei sacramenti o il pagare con denaro per ottenere vantaggi e beni spirituali, anche se poi purtroppo nella pratica molti cristiani si sono macchiati di questo peccato. Un’altra precisazione da fare in merito riguarda la preoccupazione della Chiesa nel regolare questa pratica attraverso disposizioni, precise e motivate, che tutti i cristiani, fedeli, preti e vescovi, sono tenuti ad osservare. Questa legge parla in primo luogo dell’«offerta data per la celebrazione della Messa». Dichiara molto semplicemente che «è lecito al sacerdote che celebra la Messa, ricevere l’offerta data perché applichi la Messa secondo una determinata intenzione» e raccomanda che «dall’offerta delle Messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l’apparenza di contrattazione o di commercio».
L’offerta dei fedeli per la celebrazione della Messa è quindi libera e strettamente collegata alla loro intenzione per la quale chiedono che si preghi in quella Messa; si tratta quindi di un segno concreto della loro partecipazione attiva alla celebrazione eucaristica e al bene della Chiesa. C’è anche da ricordare che la Messa rimane sempre la Messa di tutta la comunità che la celebra, quindi non è corretto dire «questa era la mia Messa, perché ho dato l’offerta per la mia intenzione». La celebrazione della Messa è sempre l’unico sacrificio di Cristo cui si unisce l’offerta personale di tutti i fedeli che formano l’assemblea presieduta dal sacerdote e nella quale si prega anche per l’intenzione di quel fedele che ha accompagnato questa richiesta con la sua offerta in denaro.
Altra precisazione riguarda la Messa per i defunti. Se è vero che le intenzioni per cui si fanno celebrare le Messe sono quasi sempre per i defunti, occorre ricordare che le intenzioni possono riguardare anche le necessità particolari dei vivi.
Altra precisazione riguarda la Messa per i defunti. Se è vero che le intenzioni per cui si fanno celebrare le Messe sono quasi sempre per i defunti, occorre ricordare che le intenzioni possono riguardare anche le necessità particolari dei vivi.
Pregare per i defunti e far celebrare la Messa per il loro suffragio è un’antichissima tradizione della chiesa. (…) Trovandosi essi in questo stato di purificazione, il purgatorio appunto, «possono essere aiutati dai suffragi della Chiesa e dei singoli cristiani, soprattutto dalla santa Messa».
PREFERISCO PREGARE PER CONTO MIO CHE ANDARE A MESSA (e poi quelli che ci vanno tutte le domeniche non sono mica più buoni!)
Sono alcune obiezioni che mi sento ripetere da chi ha perso (per pigrizia?) l’abitudine ad andare a Messa. Ecco cosa risponde don Tonino Lasconi ad alcune di queste obiezioni:
“Innanzitutto la Messa non è una preghiera, tanto meno un obbligo. E’ l’incontro dei discepoli di Gesù con il loro Signore che, nel segno del pane spezzato per tutti, dà loro la forza di vivere, facendosi pane spezzato per tutti.
Per capire cos’è la Messa devi sentirti parte di una comunità, di un popolo che cerca di vivere secondo la parola di Gesù. Se vuoi scoprire la gioia di partecipare alla Messa, cerca di stringere legami di amicizia, di fraternità, di solidarietà con i componenti della tua comunità parrocchiale. Allora, alla domenica, sarà per te una festa incontrarti con loro per mangiare insieme il pane che dà la forza di vivere come è vissuto Gesù”.
(Fonte: Quando la fede diventa difficile, 2008, Elledici)
E a chi ribatte che chi và regolarmente a Messa non è più buono degli altri solitamente rispondo: forse ci vanno proprio perché sanno di non essere buoni e di aver bisogno di un aiuto speciale per imparare a diventarlo. Perché cristiani non si nasce, si diventa.
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