mercoledì 12 settembre 2012

ESAME DI COSCIENZA

Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore”(Mt.22,37)
Riconosco veramente Dio come l’unico Signore della mia vita?
Mi intrattengo con lui nella preghiera soprattutto al mattino e alla sera e anche nelle varie circostanze della giornata? Vivo alla presenza di Dio cercando di trasformare ogni momento di lavoro, studio, tempo libero, divertimento…in una lode gioiosa a Lui?
Santifico il giorno del Signore, la domenica, con la partecipazione alla S.Messa?
Mi impegno a vivere secondo la Parola di Dio? La conosco? Cosa faccio per approfondire la mia formazione cristiana: la conoscenza della Sacra Scrittura, del Magistero della Chiesa?
“Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt.22,39)

Coltivo nella mia vita un grande amore verso tutti?
So dare stima alle persone senza cedere alla tentazione di sminuire l’altro/a ? Ho l’abitudine di seminare discordie, critiche?
Rispetto e obbedisco ai genitori?
Mi interesso delle grandi sofferenze del mondo: le guerre, le ingiustizie, la fame, lo sfruttamento dei poveri, l’analfabetismo…? Mi interesso per i gravi problemi del disarmo, della violenza, delle terribili forme di schiavitù: camorra, usura, pedofilia, prostituzione ?
Mi interesso dei problemi sociali, politici della mia città? E dei problemi dell’ambiente: inquinamento, droga, alcol, fumo…? Uso con equilibrio l’automobile, il motorino, la televisione, la musica, il telefono e ho precauzioni per non inquinare l’ambiente?
Rispetto le cose degli altri? Mi preoccupo di pagare ogni forma di debito, comprese le tasse? Reco danno ai beni pubblici?
Mi prendo cura di chi soffre, degli ammalati, degli anziani, delle persone sole?
“Beati i puri di cuore” (Mt.5,8).
Sono legato a superstizione, magie, credo all’oroscopo, frequento maghi o chiromanti…o sedute spiritiche?
Il mio cuore è libero dall’idolatria del denaro, della carriera, del successo, dell’apparire?
Come spendo il mio tempo? Come vivo la scuola? E’ l’opportunità donatami per formarmi come uomo o donna del domani che dovranno assumersi delle responsabilità per il bene di tutti: mi preparo con serietà al mio domani? Con i compagni come mi comporto, sono umile, accogliente, solidale? So condividere le mie ricchezze per aiutare chi è meno capace o sono egoista pensando solo al mio successo?
“Non sapete che siete tempio di Dio ?”(1Cor.6,19).
C’è in me l’idolatria del sesso? Come vivo la castità?
Ho rispetto del mio corpo e di quello degli altri/e?
Mi do alla pornografia, agli spettacoli immorali, violenti…?
Ho rispetto del mondo affettivo degli altri/e o mi prendo facilmente gioco dei loro sentimenti?
“I primi cristiani erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli…e nelle preghiere(Atti2,42)
Partecipo alle riunioni della mia comunità parrocchiale, agli incontri formativi?
Amo la Chiesa, ne seguo il cammino e mi considero parte viva, attiva e responsabile di essa ? So vedere in me i doni che Dio mi fa e so metterli a frutto con senso di responsabilità per il bene della chiesa e dell’umanità?
Le mie parole sono rispettose di Dio degli altri? Ho bestemmiato, sono stato duro e violento nei modi di fare, nei pensieri, nelle parole?
So testimoniare il Vangelo con la parola e la vita? So trasmettere agli altri il dono della fede che ho gratuitamente ricevuto o mi vergogno di Cristo?
Esame di coscienza (2)
“Preparate la strada del Signore, raddrizzate ogni suo sentiero”
1. AMARE DIO SOPRA OGNI COSA
Amare Dio significa CERCARLO per conoscerlo meglio, godere della sua presenza con la PREGHIERA, CELEBRARLO assieme ai fratelli con i quali condivido il cammino di fede.
- Ho fede in Dio? Quanto conta per me Dio nelle scelte che faccio, in ciò che vivo?
- Prego? In che modo (meccanicamente, per ricercare solo un mio beneficio oppure come dialogo con una persona viva)?
- Vado a Messa? Come la vivo, come la preparo?
- Rispetto Dio (il suo Nome: lo bestemmio?, la sua volontà: la cerco e la rispetto?)?
AMARE IL PROSSIMO COME SE STESSI
Amare gli altri come Dio ci ha amati, rispettare l’altro come fratello, come Figlio di Dio vuol dire non sfruttare l’altro, non umiliarlo, ma amarlo (“Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”) in modo unico, attivo e creativo.
- La famiglia: la rispetto? Sono in dialogo, aiuto chi ha bisogno? La amo concretamente?
- Gli amici, i compagni di classe (e ogni persona che mi è accanto): li rispetto? Dico bugie? Li umilio? Li tradisco?
- Cerco il bene comune, cioè non rubo, sono onesto, non danneggio le cose di tutti, so accontentarmi di ciò che possiedo, aiuto chi è più bisognoso?
- Ho perdonato chi mi ha fatto del male, ho nei confronti di qualcuno odio e rancore, sono aggressivo con parole e azioni, uso “brutte” parole?
2. COME SE STESSI
Il rispetto e l’amore per gli altri parte dal rispetto e dall’amore che abbiamo per noi stessi: per il nostro corpo, la nostra sessualità, il nostro equilibrio.
- Sono stato puro nel corpo e nella mente (“l’occhio è lo specchio dell’anima”: ciò che vedo può danneggiarmi)?
- Ho fatto uso di sostanze nocive (fumo, alcool...)?
- Ho abusato della TV, della play station, del computer (...), togliendo tempo allo studio, agli amici, alla famiglia?

 

Il sacramento della riconciliazione

Di Claudio Dalla Costa, 24/10/2010
Il sacramento della confessione, o riconciliazione, oggi è fortemente in crisi perché, come insegnava papa Pio XII, “il più grande peccato dei tempi moderni e di non credere più nel peccato”.
Dov’è finito il peccato? Si è perso il senso del peccato perché si è affievolito il senso di Dio. Si sente dire che confessarsi non è di moda, confessarsi da un uomo sembra ormai cosa inaudita, salvo andare poi in certe trasmissioni a chiedere perdono, davanti a una telecamera, con milioni di spettatori, quando si è offeso qualcuno. Ma poi a che prò dover chiedere perdono? Non si è mica ammazzato nessuno! Ci riteniamo tutti innocenti, o, per meglio dire, abbiamo uno specchio che rimpicciolisce i nostri peccati e che ingrandisce quelli del prossimo. Sarebbe tutto più facile se, anziché dover confessare i nostri errori, potessimo confessare quelli degli altri, sapremmo certamente trovarne di tutti i tipi e qualità.
Già S. Francesco di Sales diceva: “È cosa naturale cercare di nascondere i propri difetti: ma, se è così, perché godere allora che siano manifestati i difetti altrui?”. Tanta gente dice di intendersela direttamente con Dio senza aver necessità di passare attraverso la mediazione di un uomo, ignorando che il Signore vuole salvarci attraverso la mediazione umana.
È un dato di fatto che più si vive lontano da Dio e meno si sente il desiderio di chiedere perdono; quante volte sentiamo la gente che dice: “che male c’è?”, “non ho fatto niente di cui accusarmi” e l’elenco delle giustificazioni potrebbe continuare. Viceversa, se si è vicini a Dio, e in questo caso l’esempio dei santi è sotto gli occhi di tutti, si sente il bisogno di purificarsi continuamente perché ci si sente schiacciati dalle nostre miserie che in qualche modo ci allontanano dal Signore. (…)
Se un male aggredisce il nostro organismo andiamo dal dottore e cerchiamo di curarci. Lo stesso discorso vale per la vita spirituale: quando è malata dobbiamo fare il possibile per curarla. Il sacramento della penitenza è la clinica delle anime.
L’allergia al confessionale
Siamo tutti un po’ infastiditi dalla confessione, e tanto più dalla confessione frequente. Ci capita come quel tale che, dopo aver dormito in un’osteria, aveva chiesto al mattino, al suo domestico gli stivali, e se li era visti portare ancora coperti di polvere. “Come mai non gli avete puliti?” aveva chiesto. “Ho pensato che era inutile – aveva risposto il domestico – tanto dopo pochi chilometri di viaggio, si impolverano di nuovo!”. “Giusto, ma ora va a preparare i cavalli per la partenza”. Poco dopo i cavalli scalpitavano fuori dalla scuderia e il padrone era in pieno assetto da viaggio. “Ma non possiamo partire senza colazione” osservò il servo. “È inutile – rispose il padrone - tanto, dopo pochi chilometri di viaggio, avresti fame di nuovo!”
Il mestiere di Dio
Il peccato non è solo un atto contro Dio, il disordine causato dai suoi effetti si ripercuote a livello della comunità umana. “Un’anima che si innalza, innalza il mondo” (Elisabeth Leseur), la stessa cosa è vera al contrario, per cui ogni anima che si degrada nuoce alla comunione dei santi per questa misteriosa solidarietà che esiste tra tutte le membra della famiglia umana. Nel sacramento della riconciliazione, attraverso la mediazione del sacerdote, veniamo riconciliati con Dio e con tutta la comunità precedentemente ferita dal nostro peccato.
San Leopoldo Mandiæ
La storia della Chiesa è ricca di tanti santi confessori: pensiamo al curato d’Ars, S. Giovanni Bosco, padre Pio da Pietrelcina, padre Felice Cappello. Vorrei, qui, tratteggiare brevemente alcuni aspetti di colui che viene anche indicato come il confessore della misericordia: S. Leopoldo Mandiæ. Nato in Dalmazia nel 1866, morì a Padova nel 1942, e per quasi tutta la vita esercitò il suo ministero di confessore a Padova. Frate cappuccino, incarnava la bontà e la tenerezza di Dio, i fedeli accorrevano da tutta Italia per confessarsi da lui. Era piccolo di statura (m. 1,38), balbuziente, non ci ha lasciato nessuna predica, era capace di rimanere nella celletta confessionale dalle 12 alle 15 ore al giorno e tutto questo per 40 anni. Sono famose alcune sue frasi che meritano di essere ricordate: “La misericordia di Dio è superiore ad ogni aspettativa”, “Dio preferisce il difetto che porta all’umiliazione piuttosto che la correttezza orgogliosa”.
Criticato perché troppo sbrigativo, buono e largo di manica nell’assolvere, rispondeva: “Ci ha dato l’esempio Gesù, non siamo stati noi a morire per le anime, ma ha sparso Lui il Suo sangue divino. Perché dovremmo noi umiliare maggiormente le anime che vengono a prostrarsi ai nostri piedi? Non sono già abbastanza umiliate? Ha forse Gesù umiliato il pubblicano, l’adultera, la Maddalena?”.
Le confessioni di solito erano corte e raccomandava ai preti: “Nel confessionale non dobbiamo dare sfoggio di cultura, non dobbiamo parlare di cose superiori alle capacità delle singole anime. Noi dobbiamo scomparire, limitarci ad aiutare questo divino intervento nelle misteriose vie della salvezza e santificazione”.
Era magnanimo anche nelle penitenze, ordinariamente dava da recitare tre gloria al Padre e tre ave Maria, salvo poi passare lui tante notti in preghiera per ricordare al Signore coloro che si erano confessati nella giornata. Ad un prete, che voleva far mettere il cilicio ad una ragazza sua penitente, rispose: “Lei padre lo usa il cilicio?”. Questi rispose di no ed egli ribattendo: “E allora? Caro padre, abituiamo i penitenti ad ubbidire ai comandamenti di Dio e al loro dovere. Ce n’è abbastanza, ce n’è abbastanza! E i grilli via!”.
Certamente, un certo aspetto della crisi del sacramento della penitenza è dovuto alla fatica di incontrare preti accoglienti, calorosi, capaci di orientare il fedele a superare la fredda ripetizione dei peccati, per far risaltare la conversione e la gioia del ritorno tra le braccia del Padre misericordioso. Tutto, infatti, ruota intorno alla misericordia di Dio. È importante capire che non deve essere per prima cosa la paura per la nostra salvezza a farci accostare a questo sacramento, ma il dolore per aver ferito Qualcuno che ci ama in modo infinito e sempre ci attende al di là di ogni nostra speranza e aspettativa.
Il veleno nella scodella della madre
Sentiamo questo episodio accaduto a San Luigi Orione, dopo essere diventato prete da pochi mesi. “Da Tortona venni mandato a Castelnuovo Scrivia, circa otto chilometri di strada, per predicare la novena dell’Immacolata. Avevo parlato, quella sera, della confessione a una chiesa gremita di gente e non so perché ma sta di fatto che a un certo punto uscii con questa espressione: “Se anche qualcuno avesse messo il veleno nella scodella di sua madre e l’avesse così fatta morire, se è veramente pentito e se ne confessa, Dio, nella sua infinita misericordia, è disposto a perdonargli il suo peccato”.
Finita la predica incomincio le confessioni e tutti volevano confessarsi da me perché avevo la manica larga e poi perché tanti amano confessarsi da un forestiero perché al loro parroco che li conosce non vanno a dire certi peccati. Finito di confessare, verso mezzanotte, sotto la neve, torno a Tortona a piedi. Fuori dal paese c’era un uomo con il mantello che mi aspettava, ero sorpreso, anche impaurito, decido di superarlo e salutarlo. Lui mi ferma e mi chiede se sono io il predicatore di questa sera e se credo davvero a quello che ho detto specialmente in riferimento al veleno nella scodella della madre. Rispondo di sì, anche se non ricordavo di aver detto quelle parole; il tale mi disse: “Sono quell’uomo che ha messo il veleno nella scodella di mia madre tanti anni fa perché c’era discordia tra lei e mia moglie”.
 Da allora non aveva più avuto pace ed era ormai anziano, si confessò e si gettò piangente al mio collo. Anch’io piansi e lo baciai in fronte e le nostre lacrime si confondevano. “Poi mi accompagnò quasi fino a Tortona e poi sparì tra le cascine; non avevo mai provato una gioia così grande nella mia vita e ripetevo quanto è grande la misericordia di Dio”. Davanti a don Orione quest’uomo ha trovato una fiducia che lo ha restituito a se stesso, la sua vita può finalmente ricominciare, nuovi orizzonti si schiudono davanti a sé. Tutti e due adesso sono in grado di proclamare le meraviglie di Dio “perché tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc. 15,32).

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